A.R.Penck, il pittore che spaventava la Stasi
Retrospettiva omaggio al Museo d’arte di Mendrisio
Quando, nel 1980, dopo l’ennesimo contrasto con le autorità, decise di emigrare all’Ovest dalla natia Dresda, A.R. Penck era già considerato uno dei protagonisti della scena pittorica mondiale. Aveva suscitato grande interesse a New York. Era ammirato per la sua vigorosa pittura monumentale, capace di delineare la complessità del mondo con la spontaneità e l’immediatezza di un graffitista. Solo in patria qualcuno lo guardava storto: quel qualcuno era un apparato, ovvero la Stasi.
Ralf Winkler, in arte A.R. Penck, era nato a Dresda il 5 ottobre del 1939. Essere artista significava per lui discutere di individuo e società. Ha 30 quando il regime comunista comincia a perseguitarlo, prima con il sequestro delle opere poi con il negargli l'accesso all’Accademia delle Arti della Ddr. Controllato dai servizi segreti della Germania Est, gli resero la vita impossibile. Penck se ne andrà nel 1980 dal suo paese.
Insieme ad altri pittori e compagni - Baselitz, Lüpertz, Polke, Richter, Immendorff e Kiefer - ha saputo esprimere le contraddizioni della Germania post-nazista e del conflitto Est-Ovest mediante un linguaggio originalissimo. Dallo scorso 24 ottobre il Museo d’arte di Mendrisio gli dedica una grande retrospettiva (fino al 13 febbraio 2022). Penck è certamente tra i più importanti artisti tedeschi della seconda metà del Novecento.
Grazie alla sua celeberrima figura stilizzata, che lo porta a fama internazionale, Penck ha saputo trasformare il campo figurativo in un megafono attraverso il quale diffondere le proprie convinzioni teoriche ed estetiche. La sua pittura monumentale si riallaccia sia al genere storico, specchio degli eventi contemporanei, sia alla pittura simbolica, a cui dà voce attraverso un intero bestiario di figure totemiche o animali arcaici. Fino alla sua produzione della maturità, A.R. Penck persegue l’idea di un’immagine visionaria capace di rappresentare in un’unica prospettiva la coralità del mondo.
Curata da Simone Soldini, Ulf Jensen e Barbara Paltenghi Malacrida, la retrospettiva di Mendrisio presenta oltre 40 dipinti di grande formato, 20 sculture in bronzo, cartone e feltro, oltre una cinquantina di opere su carta e libri d’artista - intende ripercorrere le principali tappe del suo percorso creativo: dagli esordi nella Germania dell’Est con opere di chiara ispirazione socialista, agli anni in cui essendo osteggiato, raramente riesce ad esporre nell’allora DDR. È solo all’inizio degli anni Settanta che Penck riesce a partecipare a mostre in Svizzera, Paesi Bassi e Canada, riscuotendo ampi consensi. Nel 1972 espone a Documenta 5 di Kassel chiamato da Szeemann; all’inizio degli anni Ottanta è tra i protagonisti delle rassegne New Spirit in painting (Londra) e Zeitgeist (Berlino).
Nel 1984 è stato celebrato con una personale alla Biennale di Venezia; nel 1988 la Neue Nationalgalerie di Berlino lo consacra definitivamente con una grande retrospettiva. Le fondamenta della sua pittura monumentale risalgono alla fine degli anni Sessanta, con la nascita del progetto Standart. Come una sorta di monumentale avatar, Standart simboleggia l’autocoscienza dell’artista, con cui Penck porta avanti il suo progetto solitario, in linea con le idee del Bauhaus: la trasformazione della società moderna secondo criteri estetici.
Penck figura inoltre tra i protagonisti della scultura dell’ultimo trentennio. Una sua grande opera in bronzo è collocata nel chiostro del Museo.
Una mostra importante e imperdibile.
Autore: Corona Perer
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