Al voto - Il caso dello scudo crociato
DC il partito che c'è e non c'è
Le elezioni sono alle porte. La corsa per nomi, simboli, e firme, è stata accompagnata dal solito spettacolino su candidati e alleanze. Ora si celebra il rito della campagna elettorale.
Per altre aree politiche il problema nasce invece dai simboli e dagli sfregi ancora vivi sulla pelle. E' il caso della Democrazia Cristiana alle prese con l'eterna questione del simbolo dello scudo crociato. Di chi è effettivamente?
Lo abbiamo chiesto all'Avv. Luigi Rapisarda, referente nazionale Giustizia del partito.
D: Avvocato, intanto la domanda cruciale: ma di chi è questo scudo cruciato?
R.: Della DC e nient'atro che della DC.
D: Quali sono stati i più recenti pronunciamenti nel merito?
R: Il Tribunale civile di Roma, Giudice Goggi, il 4 luglio scorso, ha sentenziato sulla piena validità dell’Assemblea dell’Ergife del febbraio 2017, che sanciva la ripresa dell’azione politica della Democrazia Cristiana.
D : Ma il sibolo a chi è in mano oggi?
R: Al momento in uso all’Udc a seguito di una singolare normativa che riconoscerebbe una tutela preminente a chi ne ha fatto uso in competizioni elettorali precedenti, a prescindere da qualsiasi rivendicazione dell’originario titolare.
D: Dunque è in mano prima a Casini e ora a Cesa?
R: Sì. Ma quel simbolo è purtroppo passato di mano sotto le insegne di nuovi partiti che non si sono mai dichiarati (non avevano le condizioni giuridiche per farlo), ne’ sono stati mai riconosciuti continuatori della DC, ma anche sul falso presupposto che la DC si era sciolta. E questo non è mai avvenuto.
D: Mi pare siate finiti anche in Corte di Cassazione...
R: Sì. Chiamata a rispondere sulla titolarità e l'uso del simbolo, la Corte ha sancito con definitiva chiarezza e a sezioni unite (sentenza n. 25999 del 2010) che la DC non si è mai sciolta, quindi piena e legittima titolarità e uso del simbolo sono in capo alla Democrazia Cristiana.
D: La recente sentenza dunque cosa sancisce?
R: Da conformità e validità, dopo tre gradi di giudizio, che “ la DC non si è mai sciolta” e riconosce la assoluta conformità allo Statuto dell’Assemblea del 26 febbraio 2017.
D: E chi è oggi la DC?
R: Dal 2010 si sono avviati diversi tentativi di rimetterla in campo.Il problema non è stato facile perché c’era da superare difficoltà procedurali, a partire dalla ricostruzione degli elenchi degli iscritti, unici titolati a ridare, con una assemblea, la giusta ripartenza alla ricostruzione del partito.La DC allo stato ha un segretario amministrativo Carmagnola, e un segretario politico nazionale Renato Grassi. Loro hanno tutto il diritto di rivendicare l’uso del simbolo. La DC ne è dunque proprietaria, perchè non ha mai dismesso volontariamente se stessa, non ci sono cioè decisioni interne riconducibili alla volontà del partito di sciogliersi o trasferire titolarità o semplice uso, del suo simbolo a partiti che nessun titolo hanno per rivendicare alcun legittimo titolo di rappresentanza della DC. Sono cioè 'altro'.
D: Ora che si profilano elezioni che cosa farete?
R: Ora per risolvere la questione c’è solo una strada: un’azione giudiziaria di rivendicazione del simbolo, con una concomitante procedura di urgenza per interdire l’uso del simbolo al partito che fino ad oggi se ne è fregiato senza averne mai avuto la legittima titolarità. Cioè l'UDC di prima di Casini e ora di Cesa.
D: Su cosa baserete il vostro ricorso?
R.: Sul semplice ragionamento che un partito che non si è mai sciolto e che nel corso di questi lunghi anni non solo non ha mai deliberato conformemente al proprio statuto di cedere il proprio simbolo ad altri,e che ha invece dimostrato la chiara volontà di riorganizzarsi e tornare in campo, non può accettare il paradosso di vedersi rappresentata da altri e dunque deve ripresentarsi con quel logo che da sempre, sin dalle sue origini, ne ha caratterizzato la propria vita politica
D.: Insomma Casini e Cesa non possono ritenersi eredi naturali dello scudo crociato...
R.: No, nè loro nè possono farlo altre formazioni politiche, pure se affini alla propria area politica di riferimento. Allo stato delle cose l’uso del simbolo da parte dell’Udc, appare in contrasto con il legittimo titolo di appartenenza, originario e mai validamente trasferito a chicchessia. In sostanza il Tribunale di Roma, consente la giusta e fondata rivendicazione della piena tutela del simbolo alla DC che esprime essenza e l’identità politica del partito a coloro i quali uscirono dall'Assemblea dell'Ergife.
D: Dunque uno scudo crociato usurpato?
R: In qualche modo sì, questa singolare ed arbitraria scissione crea al partito, che si accinge a scendere in campo in questa prossima competizione elettorale un grosso danno di immagine perché impedisce al partito di accreditare visibilmente quella linea di continuità, che anche attraverso il simbolo, ne esprime l’identità con quell’esperienza cinquantennale, e 50 anni di storia.
Autore: Corona Perer
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