Antonio Canal detto il Canaletto
Palazzo Ducale fino al 21 luglio espone la sua opera più iconica
Antonio Canal detto Canaletto (Venezia, 1697-1768) ebbe un esordio fu dirompente. Rispetto ai suoi predecessori, il salto qualitativo venne subito avvertito dai contemporanei e il successo strepitoso delle sue vedute gli procurò importanti commissioni.
Palazzo Ducale a Venezia dal 27 marzo (e fino al 21 luglio) espone la sua opera più iconica: il capolavoro di Canaletto Il molo verso Riva degli Schiavoni con la colonna di San Marco. Vedere a Venezia il Canaletto è una sorta di “ritorno a casa” dell’opera che raffigura, in tutta la sua maestosa armonia Palazzo Ducale. Questo grazie ad un prestito eccellente dalla Pinacoteca del Castello Sforzesco di Milano.
L'esposizione è il terzo capitolo di Ospiti a Palazzo, nella Quadreria di Palazzo Ducale. E' indubbiamente tra le opere più celebri del Canaletto, riconducibili all’apice della sua maturità artistica. Il molo verso Riva degli Schiavoni con la colonna di San Marco (1735-1740) è un dipinto in cui la prospettiva dell’impianto spaziale, la resa precisa delle architetture e la qualità della luce cristallina, che evoca in lontananza il pulviscolo atmosferico, riassumono al meglio la sua straordinaria produzione, dove ogni elemento della narrazione concorre alla resa dello spazio, alla vastità della visione, alla celebrazione di Venezia come città che sorge dalle acque, suscitando stupore e meraviglia.
L'opera presenta uno degli scorci più amati e massima espressione della bellezza di Venezia, che da sempre ha affascinato i viaggiatori stranieri. Nel Settecento diventa immagine e "oggetto del desiderio" in tutta Europa grazie alla diffusione di un nuovo genero pittorico, il vedutismo.
L'opera figura tra i grandi esempi di opere pittoriche volte a esaltare il ruolo di Venezia e dei suoi protagonisti nella storia e nella cultura europea. La si potrà vedere fino al 21 luglio, nella rinnovata Quadreria.
Il Canaletto veniva da una famiglia di artisti. Il padre e il fratello erano pittori di scenografie, con loro Antonio collaborò agli allestimenti scenici nei teatri veneziani; ciò gli consentì di studiare la prospettiva e i suoi ‘trucchi’ ottici, fondamentali per la successiva carriera. Nel 1719 decise di abbandonare il teatro per dedicarsi alla pittura di vedute.
Agli inizi del 1730 entra in sodalizio con il banchiere, mercante e collezionista di altissimo lignaggio Joseph Smith, dal 1744 console britannico a Venezia. Un sodalizio destinato a lanciare Canaletto definitivamente nel panorama artistico internazionale. Smith teneva esposte nel suo palazzo ai Santi Apostoli dodici vedute del Canal Grande eseguite dal pittore, vero e proprio campionario per gli ospiti e potenziali acquirenti che frequentavano la sua casa.
L'opera dice Venezia e i Veneziani e va guardata nei suoi infiniti dettagli. Come ricorda Francesca Tasso, Direttrice Area Musei del Castello, Musei Archeologici e Storici del Castello Sforzesco di Milano, sin dal Settecento Canaletto, attraverso le sue brulicanti vedute piene di luce e di vita, ha promosso l'immagine della città di Venezia in tutta Europa, contribuendo alla sua popolarità internazionale.
Non è quindi un caso che i due grandi dipinti conservati nel Castello Sforzesco, “Il Molo verso la Riva degli Schiavoni con la colonna di San Marco” e “Il Molo verso la Zecca con la colonna di San Teodoro” (chiusura trionfale del percorso della Pinacoteca), siano tra le opere più amate e fotografate dal pubblico. Il prestito e l'esposizione a Palazzo Ducale di Venezia della seconda veduta - dominata dalla mole del fastoso edificio in cui viene ospitata - saranno pertanto da considerarsi non solo un'occasione eccezionale per ammirare un capolavoro di Canaletto, ma anche testimonianza del saldo legame tra Milano e Venezia e i rispettivi musei, reso possibile dalla valorizzazione del proprio patrimonio culturale.
L’esposizione a Palazzo Ducale di un dipinto iconico di Canaletto quale la Veduta del Bacino di San Marco con Palazzo Ducale, è anche un esempio di buone relazioni istituzionali stabilite tra Fondazione Musei Civici di Venezia e il Castello Sforzesco di Milano
''Oltre a configurarsi come uno degli scorci più fortunati della produzione di Canaletto, l’opera, con la sua storia, testimonia di quel legame della città con la comunità inglese, che soprattutto nel Settecento accorreva in gran numero a Venezia. Vedute che si qualificano come souvenir di lusso realizzati soprattutto per i giovani aristocratici che, concluso il proprio Grand Tour, prima di lasciare Venezia desideravano conservarne memoria visiva. Il dipinto delle collezioni pubbliche milanesi è infatti parte di una coppia raffigurante le vedute opposte del Bacino di san Marco acquistata da Thomas Osborne (1713-1789), quarto duca di Leeds'' afferma Chiara Squarcina, Direttrice Scientifica di Fondazione Musei Civici di Venezia.
All'interno della Quadreria l'opera si confronta con gli altri massimi esponenti della pittura veneziana del Settecento: Giambattista Tiepolo con la sua opera Nettuno offre a Venezia i doni del mare (1757-1758). Appositamente realizzata da Tiepolo per Palazzo Ducale, rappresenta il mito di Venezia come regina del mare, un'immagine che la classe dirigente voleva perpetuare.
I due artisti, pressoché coetanei, non potrebbero essere più differenti nella loro poetica. Se Canaletto (Venezia 1697 – 1768) si specializza nell’arte della veduta, nella resa precisa, lenticolare, della realtà circostante, eleggendo la città di Venezia a sua musa ispiratrice, Giambattista Tiepolo (Venezia 1696 – Madrid 1770) origina visioni d’incanto con scene popolate da divinità classiche, personaggi mitologici e allegorie. Affascinati inizialmente dall’aspro contrasto di luce e ombra, nel crescere degli anni la tensione chiaroscurale si apre, in entrambi, a una luminosità tersa, a uno stile più controllato e nitido.
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