La poesia di ''Silvia'' di Renzo Zenobi
di Antonio Fiabane*
Non è mia, ma avrei voluto scriverla: ''Silvia'' di Renzo Zenobi. Quando diciamo "la poesia", pensiamo a tante cose, soprattutto a una sorta di stile. Credo, e lo credo fermamente da autore, che la cosidetta "poesia" — ed ha ragione Arminio, la poesia è anche un mucchietto di neve in un mondo con il sale in mano — non possa che uscir fuori ben lontana da uno stile, via dal senso e dalle parole ben scelte che pensiamo ci rendano leggeri, e invece ci trafiggono come farfalle.
In questa canzone, la poetica di Zenobi è così forte da superare gli scogli di una voce spigolosa, di un arrangiamento che suona vecchiotto, del mezzo secolo passato.
Eppure, certe frasi sbalzan fuori lo stesso, attraversano quello che chiamiamo gusto, attualità, convenienza: quel finale, così teneramente sessuale, e vivo, e vero, rende a una parte di noi la poesia tutta intera.
Ed evviva.
Silvia
(Renzo Zenobi - 1975)
Tutto su un tramonto viola acceso
con il tè sopra Firenze,
nuovi giorni prometteva aprile;
cerchi di limone alle colline,
il tuo glicine sognava,
nodi di mare sulle nostre dita.
Silvia ti ricordi la commedia
recitata ad un sorriso,
la mia voce si accordava lenta.
E Beato Angelico negli occhi
e tuo padre nel cervello,
essenza di ambra
consolava il mio mantello.
Il fuoco di quercia triste
mi guardava con occhi saggi,
da domani un'altra storia
e un'altra faccia
tra i suoi legni,
ed ancora un Giorgione
sopra il letto non ha
svegliato i sogni.
Piove piano sopra terra scura
e un cipresso maschio e canne
si corteggiano con suoni di foglie.
Dolce latte aumenta la coscienza
soffia via la mente adulta
da un cappa sale sopra il fumo.
Silvia ti ricordi la paura
tanta gente dietro i vetri
e nessuno ti gettava un fiore.
E la rabbia ormai non ha più voce
lascia il posto a indifferenza
suona forte se non torna
la pazienza.
Che strano, con il mattino
le montagne sono di sabbia
e non sapere dove volare
non vuol dire
sei senza amore…
ed ancora il mio nome
puoi usarlo
per un ventaglio al sole.
Stanco di lottare contro il bianco
il tuo glicine si è arreso
e sulle palme adesso è già l'inverno;
la licenza è quasi terminata,
la stazione e il mio maglione,
la domenica è già consumata.
Silvia benedetta la tua mano
calda al vento in tramontana fresca
per le fronti di fatica.
La Toscana ha vinto, ha già rubato
i tuoi occhi ai suoi colori
e cavalchi
ad una caccia fra le monete
nella mia tasca.
*ANTONIO FIABANE, cantautore. A metà degli anni ottanta in Milano comincia Con Shel Shapiro un progetto discografico incentrato sulle proprie canzoni: passato alla produzione di Roberto Soffici, tale progetto approderà alla Polygram diretta da Bruno Tibaldi. Il disco non verrà mai pubblicato, ma sarà Tibaldi stesso qualche anno dopo a credere in una sua canzone, “L’astronauta”, portata al successo da Federico Stragà. Per lo stesso artista Fiabane compone con lo scrittore Marco Franzoso buona parte di “Click here” (Sony-Studio Lead 2001). In tempi più recenti, la sua firma compare nei dischi di Caterina Cropelli e dei Bastard Sons of Dioniso.
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