Ahmadreza Djalali è vivo
Escluso da uno scambio di detenuti e impiccagione sempre imminente
16 giugno 2024 - Seguiamo questo caso dal 2017. Periodicamente cala il silenzio: Ahmadreza Djalali condannato a morte nel 2017, è stato escluso dallo scambio di detenuti tra la Svezia e l'Iran. "Decisione vergognosa" dichiara Amnesty International Italia.
Il ricercatore irano-svedese in Medicina dei disastri che ha vissuto anche in Italia e precisamente a Novara dove ha collaborato con le università italiane, è medico e docente con doppia cittadinanza (svedese e iraniana). Per anni ha insegnato presso l'Università del Piemonte Orientale di Novara. Arrestato nel 2016 e condannato a morte l'anno dopo per "spionaggio", è stato escluso dallo scambio di detenuti portato a termine sabato 15 giugno tra Svezia e Iran.
A Teheran è tornato Hamid Nouri, condannato in via definitiva all'ergastolo in Svezia per il ruolo avuto nel massacro delle carceri iraniane del 1988, in cui furono sommariamente uccisi migliaia di detenuti politici. In cambio, sono rientrati in Svezia il funzionario dell'Unione europea Johan Floderus, che rischiava l'ergastolo o la pena di morte per "spionaggio", e Saeed Azizi, condannato a cinque anni per "collusione contro la sicurezza nazionale" e gravemente malato.
"La Svezia, come in passato altri stati europei, ha accettato che suoi cittadini venissero trattati come ostaggi dall'Iran. Pare evidente che Floderus e Azizi fossero stati arrestati dalle autorità iraniane proprio per essere usati come pedine di scambio al fine di ottenere il ritorno a casa del massacratore di prigionieri Hamid Nouri, che ieri appena atterrato a Teheran ha usato parole sprezzanti e intrise di impunità, rendendo chiaro che la giustizia è stata la grande sconfitta in questa vicenda" dichiara Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia:
"Ma, una volta accettata la cinica strategia dello scambio di detenuti, è vergognoso che il governo svedese abbia lasciato indietro il suo cittadino Ahmadreza Djalali, arrestato ormai otto anni fa e da sette con un cappio al collo: un'immagine che, da metaforica, rischia di diventare reale perché ormai l'Iran ha ottenuto ciò che voleva e Djalali non serve neanche più per negoziare contropartite".
"Il capo della politica estera dell'Unione europea Borrell ieri ha dichiarato che proseguiranno gli sforzi per ottenere la scarcerazione degli altri cittadini con doppia nazionalità che si trovano ancora nelle carceri iraniane. Speriamo non siano parole di circostanza. In nome del fatto che Djalali ha trascorso anni in Italia, contribuendo anche all'avanzamento della ricerca scientifica nel nostro paese, è importante che si muovano anche le istituzioni italiane".
16 giugno 2024
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CHE NE E' STATO DI AHMADREZA?
22 dicembre 2023 - Seguiamo questo caso dal 2017. Se ne è parlato un po' nel dicembre scorso 2020 e poi è calato di nuovo il silenzio su Ahmadreza Djalali, ricercatore irano-svedese in Medicina dei disastri che ha vissuto anche in Italia e precisamente a Novara dove ha collaborato con le università italiane.
Ora in Iran è in corso una spaventosa ondata di esecuzioni, almeno 115 solo nel mese di novembre. Amnesty International dichiara c'è il “Forte pericolo che lo scienziato Ahmadreza Djalali venga impiccato per rappresaglia”
“Le autorità iraniane stanno minacciando di eseguire la condanna a morte di Djalali per rappresaglia, dopo che le loro richieste d’invertire il corso della giustizia in Svezia sono rimaste inevase. Questo crudele gioco con la vita di Djalali, subito dopo che un tribunale svedese aveva confermato in appello la condanna all’ergastolo dell’ex dirigente delle prigioni Hamid Nouri per il ruolo avuto nel massacro delle carceri del 1988, aumenta le preoccupazioni che le autorità iraniane stiano tenendo in ostaggio Djalali per indurre la Svezia a uno scambio di prigionieri“, ha dichiarato Diana Eltahawy, vicedirettrice di Amnesty International per il Medio Oriente e l’Africa del Nord.
“Gli stati della comunità internazionale, compresa la Svezia, devono immediatamente chiedere alle autorità iraniane di annullare qualsiasi proposito di mettere a morte Djalali”, ha aggiunto Eltahawy.
“Le autorità iraniane devono scarcerare Djalali, porre fine al loro agghiacciante assalto al diritto alla vita e avviare una moratoria sulle esecuzioni. Infine, devono essere sottoposte a indagini per il reato di presa di ostaggi”, ha concluso Eltahawy.
Il 20 dicembre, un giorno dopo la sentenza svedese, gli organi d’informazione statali iraniani hanno diffuso un video di propaganda contenente la “confessione” forzata di Djalali, nella quale egli dichiara di essere una spia israeliana. Djalali ha sempre negato queste accuse, sostenendo di essere stato costretto a “confessare” sotto tortura.
Il video di propaganda contiene anche la “confessione” forzata di Habib Chaab, a sua volta svedese-iraniano, messo a morte in segreto nel maggio di quest’anno. Questa circostanza alimenta ulteriormente le già forti preoccupazioni che Djalali possa essere presto impiccato.
Il 22 dicembre, secondo quanto riferito dai familiari di Djalali, un funzionario del potere giudiziario ha visitato il detenuto informandolo che il verdetto di colpevolezza e la condanna a morte erano stati “confermati” e che sarebbero stati “attuati presto”.
Oltraggiosamente, il funzionario ha affermato che la Svezia sta tenendo in carcere Hamid Nouri affinché l’Iran rimetta in libertà Djalali. Queste dichiarazioni implausibili - Djalali è in carcere dal 2016, cioè da oltre due anni prima dell’arresto di Nouri - sono state riprese dagli organi d’informazione statali iraniani più volte negli ultimi giorni.
Djalali è stato condannato a morte nell’ottobre 2017 per il reato di “corruzione sulla terra”, al termine di un processo profondamente iniquo celebrato dalla sezione 15 del Tribunale rivoluzionario di Teheran.
Giova ricordare che tre anni fa, il 24 novembre 2020 lo scienziato iraniano con passaporto svedese Ahmadreza Djalali aveva telefonato dal carcere per l’ultima volta a sua moglie Vida: le aveva detto addio perché gli avevano comunicato che sarebbe stato trasferito in isolamento nel braccio della morte e poi impiccato il giorno dopo.
Da allora l’esecuzione di Djalali – arrestato in Iran nell’aprile 2016 e condannato a morte per l’inesistente accusa di spionaggio in favore di Israele – è stata sospesa e rimandata più volte. Il rischio di esecuzione resta elevato.
Il 2 marzo 2021 di fronte all’ambasciata dell’Iran che si trova a Roma in via Nomentana, Amnesty chiedeva che Djalali fosse prosciolto da ogni accusa e rilasciato per riabbracciare la sua famiglia
"La comunità internazionale, compresa l'Italia, non può restare in silenzio di fronte alla situazione di Ahmadreza Djalali e deve chiedere alle autorità iraniane di annullare la sua condanna a morte e garantire al detenuto, nel frattempo, il rispetto della sua integrità fisica e della sua salute, assistenza medica e legale adeguata e comunicazioni regolari con la sua famiglia e i suoi avvocati", ha dichiarato Amnesty International Italia.
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Famigliari in angoscia
9 febbraio 2021 - La pressione della pubblica opinione internazionale (che deve proseguire!) aveva sortito un timido risultato a dicembre 2020: l'esecuzione dello scienziato Ahmadreza Djalali accusato di essere una spia, dopo un sommario processo, era stata rinviata di qualche giorno. Ma siamo a febbraio e la famiglia non sa più nulla da mesi e non può entrare in contatto. Lo stesso accade all'avvocato che lo sta seguendo in Iran, paese la cui severità inquieta: 27 esecuzioni in 31 giorni, è il numero delle esecuzioni per impiccagione nelle carceri iraniane.
L'appello della famiglia dello scienziato che ha vissuto a Novara, va al Governo italiano perchè faccia sentire la sua voce presso la diplomazia iraniana. Anche il Presidente del consiglio UE David Sassoli ha fatto sentire la voce dell'UE, chiedendo un gesto di clemenza umanitari.
Serve non allentare la mobilitazione della pubblica opinione internazionale. Esiste una PETIZIONE ONLINE che ha già ricevuto più di 175.000 firme CLICCA QUI
Ahmadreza Djalali è stato condannato a morte nell'ottobre 2017, dopo un processo clamorosamente iniquo celebrato dalla Sezione 15 del Tribunale rivoluzionario di Teheran, per "corruzione in Terra".
Il tribunale si è basato essenzialmente su "confessioni" estorte con la tortura quando Djajali, arrestato nell'aprile 2016, era detenuto in isolamento senza avere accesso a un avvocato. Durante gli interrogatori, lo hanno minacciato di morte e lo hanno terrorizzato dicendogli che avrebbero ucciso i figli residenti in Svezia e la madre che vive in Iran.
In una lettera trapelata dalla prigione di Evin nell'agosto 2017, Djalali ha denunciato che era stato arrestato solo perché aveva rifiutato di utilizzare le sue relazioni accademiche con le istituzioni europee per fare la spia in favore dell'Iran.
Il 17 dicembre 2017, una tv di stato iraniano ha mandato in onda una "confessione" di Djalali con una voce in sottofondo che lo presentava come una "spia". Per due volte, dal dicembre 2017, i suoi avvocati hanno invano chiesto una revisione giudiziaria del processo.
Al contrario, il 9 dicembre 2018 hanno appreso che la prima sezione della Corte suprema aveva approvato la condanna a morte senza neanche consentire di presentare una memoria difensiva.
Nel novembre 2017 il Gruppo di lavoro delle Nazioni Unite sulle detenzioni arbitrarie ha chiesto la scarcerazione di Djalali in quanto era stato arrestato senza mandato di cattura, era stato ufficialmente incriminato dopo 10 mesi dall'arresto ed era stato "concretamente privato dell'esercizio di contestare la legalità della sua detenzione".
9 febbraio 2021
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