Benedetto XVI un rivoluzionario incompreso
di Tommaso Stenico*
* teologo e catecheta - Benedetto XVI un rivoluzionario incompreso. La figura di Benedetto XVI passerà alla storia sotto molti punti di vista. Ma soprattutto passerà per la sua bontà, la sua semplicità, la sua umiltà.
Joseph Ratzinger è stato eletto papa il 19 aprile 2005, con il nome di Benedetto XVI. Aveva 78 anni. Nacque il 16 aprile 1927 in un piccolo paese della Baviera chiamato Marktl, vicino al fiume Inn, che lì segna il confine tra Germania e Austria. L'11 febbraio 2013 ha sorpreso il mondo con l'annuncio della sua rinuncia alla Sede di Pietro, che sarebbe diventata vacante il 28 dello stesso mese.
Il pontificato di Benedetto XVI è stato relativamente breve: 7 anni e nove mesi. Ma Ratzinger aveva lavorato per molti anni e a stretto contatto con san Giovanni Paolo II, che nel novembre 1981 lo aveva nominato Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. opera del papa... Quindi potremmo dire che la teologia di Joseph Ratzinger ha ispirato il governo della Chiesa per 31 anni.
Quando fu nominato arcivescovo di Monaco di Baviera da San Paolo VI nel marzo 1977, Joseph Ratzinger era già un noto e rispettato teologo. Non aveva ancora 50 anni. Ma aveva già avuto una carriera teologica molto importante. La sua vocazione originaria era la teologia.
Le cronache sulla morte del Papa emerito Benedetto XVI mi hanno sorpreso non poco. Ore di riflessioni, commenti, racconti di aneddoti. Quando era in vita e soprattutto quando governava la Chiesa da Pontefice Romano non molti hanno condiviso il suo Magistero e il suo governo.
Certamente è stato difficoltoso per lui succedere a Giovanni Paolo II che al momento della morte tutti hanno chiesto che fosse riconosciuto “Santo subito”. Ma certe etichette sono state severe e assolutamente ingiuste. Gli è stato dato dell’intransigente e del conservatore; di uno che scosse la storia della Chiesa dimettendosi da Papa. Ricordo che il Diario de Argentina definì senza pudore Joseph Ratzinger, il pastore tedesco.
Un ecclesiastico coltissimo, stagionato nelle più complicate dispute teologiche, ma incapace di relazionarsi serenamente con la gente comune è l'immagine di Benedetto XVI proiettata da Anthony Hopkins nel film "I due papi" dove si contrappone l’impegno culturale di Papa Benedetto alla spontaneità e all'umanità di Papa Francesco.
Per esperienza diretta posso affermare che Benedetto XVI è stato un vero signore, riservato, ma assolutamente rispettoso dell’altro. Incontrando il suo interlocutore puntava dritto i suoi occhi azzurri negli occhi dell’altro come se in quel momento fosse interessato solo alla persona che aveva di fronte, ed era capace di ascolto vero.
La grandezza del pensiero e della persona del cardinale Ratzinger contrastava con la sua riservatezza e umiltà. Ho potuto constatare più volte e di persona, che il cardinale Ratzinger era rispettoso di ogni interlocutore che incontrava sul suo cammino; come se in quel momento fosse interessato solo alla persona che aveva di fronte.
Benedetto XVI può, a ragione, essere considerato uno dei grandi Padri della Chiesa. Le sue opere di teologia, che sempre fondano nella Sacra Scrittura, lo stanno a testimoniare. La sintesi più riuscita di questo lavoro teologico e pastorale si trova nell'opera Gesù di Nazareth, pubblicata da Ratzinger tra il 2007 e il 2012, già papa, ma come testo personale. Contiene il lavoro di una vita.
Benedetto XVI ha svelato in quest'opera qualcosa di decisivo per la Chiesa. Il grande teologo Ratzinger ha mostrato qui, in un mirabile esercizio di teologia, che il Gesù in cui la Chiesa crede come il Cristo, il Figlio del Dio vivente, è il Gesù della storia, e viceversa.
Nel linguaggio più tecnico della teologia: Ratzinger ha mostrato che una buona teologia dogmatica non può essere fatta al di fuori di una buona esegesi storico-critica e, viceversa: che una buona esegesi deve tenere conto dei principi ermeneutici richiesti dal proprio oggetto: il Cristo della fede della Chiesa. Non sarà facile trovare un'altra opera in cui questa integrazione di esegesi e teologia abbia tanto successo.
Sono certo che sulla teologia di Joseph Ratzinger si tornerà nei prossimi anni e si scoprirà agevolmente che lungi dall’essere un conservatore egli è stato un uomo fedele alla tradizione (tradere!). Egli era convinto che prima di scartare o superare l’antico si sarebbe dovuto prendere il meglio dell’antico per incarnarlo nell’oggi con novità di ardore, novità di metodi, novità di espressione.
Le sue opere riempiono i 25 spessi volumi delle Gesammelte Schrifftene. Il teologo Joseph Ratzinger, Papa Benedetto XVI, è riuscito ad esprimere con grande forza argomentativa e, al tempo stesso, con grande unzione spirituale ciò che costituisce il cuore della fede cristiana e la missione della Chiesa. Vale a dire: che, in Gesù Cristo, Dio stesso si è reso visibile e ha mostrato agli uomini il suo Amore salvifico. E questa rivelazione di Dio non è un semplice fatto del passato, ma una forza divina di oggi, per il futuro, accessibile nella Chiesa dei santi, abilitati come testimoni della risurrezione dallo Spirito Santo.
Sia sufficiente fare riferimento alle sue encicliche Deus caritas est, Spe Salvi e Caritas in veritate tre meraviglie della dottrina cristiana. E che dire della Esortazione Verbum Domini, un'esortazione scritta dopo il Sinodo sulla Parola di Dio, che è un testo di grande valore teologico e di grande levatura.
Un tema centrale negli studi di Joseph Ratzingher è stato quello della “dittatura del relativismo”. Nell’omelia che, il 18 aprile 2005, il Cardinale Joseph Ratzinger fece durante la Missa pro eligendo Romano Pontifice espresse una chiara descrizione della situazione dottrinale presente nella Chiesa. Egli richiamò l’attenzione sul problema del relativismo e, riferendosi alla Lettera di Paolo agli Efesini (Ef 4,11-16), fece notare che «avere una fede chiara, secondo il Credo della Chiesa, viene spesso etichettato come fondamentalismo. Mentre il relativismo, cioè il lasciarsi trasportare “qua e là da qualsiasi vento di dottrina”, appare come l’unico atteggiamento all’altezza dei tempi odierni».
Il rovescio della medaglia di questa «fede chiara» porta a uno stato in cui «si va costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie». (papa Ratzinger)
Un tema che mi piace porre in evidenza è quello dell’amore di Papa Benedetto per la Liturgia. Nel suo volume Introduzione allo spirito della liturgia (Edizioni San Paolo, 2014) Papa Benedetto ha cercato di aiutare i fedeli, resi insicuri da decenni di sperimentazioni postconciliari, a guardare all'importanza della liturgia. sottolineando come la celebrazione liturgica realizzasse «contemporaneamente un'epifania del Signore e un'epifania della Chiesa, due dimensioni che si coniugano in unità nell'assemblea liturgica, ove il Cristo attualizza il Mistero pasquale di morte e di risurrezione e il popolo dei battezzati attinge più abbondantemente alle fonti della salvezza. Nell'azione liturgica della Chiesa sussiste la presenza attiva di Cristo: ciò che ha compiuto nel suo passaggio in mezzo agli uomini, Egli continua a renderlo operante attraverso la sua personale azione sacramentale, il cui centro è costituito dall'Eucaristia».
La sua passione è sempre stata la ricerca della verità, che è indissolubilmente legata alla fede. Scelse come motto episcopale Cooperatores veritatis. Il suo convincimento fu: senza verità e senza fede, il mondo è destinato a crollare, a smarrirsi. Nessuno come Benedetto XVI ha colto l'urgenza di promuovere un’antropologia cristiana poiché essa è l'unica che comprenda fino in fondo cosa significhi la dignità dell'essere umano e il suo valore intrinseco, e lo ha fatto sempre in una prospettiva di dialogo tra ragione e rivelazione.
Il suo Magistero fu altissimo e la storia dovrà scoprirne la portata e le coraggiose anticipazioni. Non temo di essere smentito se oso definire quello di papa Benedetto un magistrale magistero!
La notizia delle dimissioni di Benedetto XVI l'11 febbraio 2013 - giorno della memoria della Vergine Maria, Nostra Signora di Lourdes - ha colto tutti di sorpresa segnando per sempre la storia della Chiesa, con un gesto di coraggio e umiltà. Benedetto XVI, stava uscendo in punta di piedi dalle luci della cronaca. La sua rinuncia è stata un gesto davvero profetico. Ha cambiato il papato come nessun altro pontefice aveva fatto prima.
Nel suo testamento spirituale ha chiesto, in modo chiaro e preciso, di rimanere saldi nella fede e di non lasciarsi confondere. Ha assicurato che Gesù Cristo è veramente la via, la verità e la vita e che la Chiesa, con tutte le sue insufficienze, è veramente il Suo corpo. Ha chiesto umilmente di pregare per lui, così che il Signore, nonostante tutti i suoi peccati e le insufficienze, lo possa accogliere nelle dimore eterne.
Ed è tornato alla casa del Padre con sulle labbra la più splendida professione di fede e di amore: «Signore, ti amo!».
Mons. Tommaso Stenico
è teologo e catecheta
Saggista e scrittore, è anche
giornalista e direttore
del quotidiano IL POPOLO
Di seguito il testamento spirituale del Papa emerito Benedetto XVI, diffuso il 31 dicembre 2022, giorno della sua morte dalla Sala Stampa della Santa Sede.
''Il mio testamento spirituale''
Benedictus XVI
Se in quest’ora tarda della mia vita guardo indietro ai decenni che ho percorso, per prima cosa vedo quante ragioni abbia per ringraziare. Ringrazio prima di ogni altro Dio stesso, il dispensatore di ogni buon dono, che mi ha donato la vita e mi ha guidato attraverso vari momenti di confusione; rialzandomi sempre ogni volta che incominciavo a scivolare e donandomi sempre di nuovo la luce del suo volto. Retrospettivamente vedo e capisco che anche i tratti bui e faticosi di questo cammino sono stati per la mia salvezza e che proprio in essi Egli mi ha guidato bene.
Ringrazio i miei genitori, che mi hanno donato la vita in un tempo difficile e che, a costo di grandi sacrifici, con il loro amore mi hanno preparato una magnifica dimora che, come chiara luce, illumina tutti i miei giorni fino a oggi.
La lucida fede di mio padre ha insegnato a noi figli a credere, e come segnavia è stata sempre salda in mezzo a tutte le mie acquisizioni scientifiche; la profonda devozione e la grande bontà di mia madre rappresentano un’eredità per la quale non potrò mai ringraziare abbastanza. Mia sorella mi ha assistito per decenni disinteressatamente e con affettuosa premura; mio fratello, con la lucidità dei suoi giudizi, la sua vigorosa risolutezza e la serenità del cuore, mi ha sempre spianato il cammino; senza questo suo continuo precedermi e accompagnarmi non avrei potuto trovare la via giusta.
Di cuore ringrazio Dio per i tanti amici, uomini e donne, che Egli mi ha sempre posto a fianco; per i collaboratori in tutte le tappe del mio cammino; per i maestri e gli allievi che Egli mi ha dato. Tutti li affido grato alla Sua bontà. E voglio ringraziare il Signore per la mia bella patria nelle Prealpi bavaresi, nella quale sempre ho visto trasparire lo splendore del Creatore stesso.
Ringrazio la gente della mia patria perché in loro ho potuto sempre di nuovo sperimentare la bellezza della fede. Prego affinché la nostra terra resti una terra di fede e vi prego, cari compatrioti: non lasciatevi distogliere dalla fede. E finalmente ringrazio Dio per tutto il bello che ho potuto sperimentare in tutte le tappe del mio cammino, specialmente però a Roma e in Italia che è diventata la mia seconda patria.
A tutti quelli a cui abbia in qualche modo fatto torto, chiedo di cuore perdono.
Quello che prima ho detto ai miei compatrioti, lo dico ora a tutti quelli che nella Chiesa sono stati affidati al mio servizio: rimanete saldi nella fede! Non lasciatevi confondere! Spesso sembra che la scienza — le scienze naturali da un lato e la ricerca storica (in particolare l’esegesi della Sacra Scrittura) dall’altro — siano in grado di offrire risultati inconfutabili in contrasto con la fede cattolica. Ho vissuto le trasformazioni delle scienze naturali sin da tempi lontani e ho potuto constatare come, al contrario, siano svanite apparenti certezze contro la fede, dimostrandosi essere non scienza, ma interpretazioni filosofiche solo apparentemente spettanti alla scienza; così come, d’altronde, è nel dialogo con le scienze naturali che anche la fede ha imparato a comprendere meglio il limite della portata delle sue affermazioni, e dunque la sua specificità.
Sono ormai sessant’anni che accompagno il cammino della Teologia, in particolare delle Scienze bibliche, e con il susseguirsi delle diverse generazioni ho visto crollare tesi che sembravano incrollabili, dimostrandosi essere semplici ipotesi: la generazione liberale (Harnack, Jülicher ecc.), la generazione esistenzialista (Bultmann ecc.), la generazione marxista. Ho visto e vedo come dal groviglio delle ipotesi sia emersa ed emerga nuovamente la ragionevolezza della fede. Gesù Cristo è veramente la via, la verità e la vita — e la Chiesa, con tutte le sue insufficienze, è veramente il Suo corpo.
Infine, chiedo umilmente: pregate per me, così che il Signore, nonostante tutti i miei peccati e insufficienze, mi accolga nelle dimore eterne. A tutti quelli che mi sono affidati, giorno per giorno va di cuore la mia preghiera.
Benedictus PP XVI
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