Ode al cappero (...ma che sia di Pantelleria!)
Una Igp dal gusto unico - di Corona Perer
Il fiore è bellissimo, il frutto buonissimo. Si propagano ovunque i capperi: li trovi in strada, su una roccia, sporgenti da un muro a secco. Col suo sapore di vulcano, di mare e di terra il cappero di Pantelleria è un prodotto unico.
ll Cappero di Pantelleria è una IGP. Il suo nome è "Capparis spinosa" un arbusto tipico della flora mediterranea che ha la caratteristica di crescere sui vecchi muri, nelle fessure delle rocce e nelle pietraie, soprattutto delle zone di mare: ha una parte basale e legnosa costituita dal tronco, e le parti superiori costituite da rami di consistenza erbacea.
Ha un altezza che varia dai 30 ai 50 cm e foglie verde scuro, carnose e di forma ovale con fiori molto appariscenti i cui tenui colori bianco e rosa presentano delicati riflessi violacei.
Il frutto è composto da una bacca. E' tra la fine di Maggio e i primi di Settembre, che il cappero inizia la fioritura ed è allora che si pratica la raccolta dei bottoni fiorali (boccioli), non ancora schiusi e diventati fiore, che debbono essere raccolti il prima possibile, non appena germogliano: essi sono piccoli, duri e verdi, e hanno un sapore molto forte.
I capperi un tempo erano la principale occupazione per molti panteschi, basti pensare che negli anni '60 qui sull'isola se ne producevano almeno 12.000 quintali, mentre oggi non si superano i 1000. Oggi non ci sono più tante persone disposte a raccoglierli. Ed anche la coltivazione richiede attenzioni costanti. I contadini ritornano sulle stesse piante ogni 8-10 giorni, secondo l’andamento climatico, e naturalmente provvedono a raccogliere i capperi presenti sulle piante, con un lavoro faticosissimo, sia per la posizione china sia per il caldo torrido dell’estate.
Giuseppe Giglio e Gianmatteo Bonomo titolari della Bonomo & Giglio azienda che dal 1949 assumerebbero subito se ci fosse gente disposta a tornare alla terra. Mentre invece pare che siano solo i rumeni a rendersi disponibili. La manodopera comincia così a parlare una lingua diversa dal dialetto pantesco. E pensare che la bellezza di questa pianta è che a lei ci pensa solo madre natura: nessuna irrigazione, perchpè basta la rugiada della notte. Eccettuato un po' di concime e alcuni trattamenti che lo difendano da una piccola mosca che può forarlo e mangiarsi il futuro cappero, altro non serve. Ogni otto giorni servono semmai solo le mani per la raccolta che va da maggio ad agosto inoltrato.
I capperi di Pantelleria vengono conservati sotto sale, per essere utilizzati in mille modi nelle preparazioni di primi piatti, secondi, salse e condimenti. In cucina non sono necessari particolari accorgimenti: si prendono nella quantità da utilizzare e si lavano con acqua corrente, togliendo il sale di conserva, oppure, se si desiderano un po’ meno salati, si lasciano in una ciotola con acqua per il tempo che si ritiene sufficiente per il proprio gusto, dopo di ché sono pronti per l’uso.
Per conservare i capperi, qualora siano stati acquistati in una confezione a sacchetto, basta travasarli con il sale di conserva in un barattolo di vetro e richiuderli con la capsula a vite, in modo che non perdano l’umidità, essiccandosi.
Così conservati i capperi di Pantelleria possono durare anche degli anni mantenendo sempre le loro ottime caratteristiche organolettiche.
Un consiglio: meglio diffidare dei capperi in aceto o in salamoia acetata in quanto il conservante ideale e migliore per il cappero è il sale in quanto non altera le qualità del cappero.
Ma la ricchezza di Pantelleria risiede anche nello Zibibbo. Le vigne che ricoprono la piana di Monastero o che si estendono nelle alture di Mueggen, o nella Piana di Ghirlanda a perdita d'occhio e che conferiscono al territorio un delicato ricamo verde, danno origine ai rinomati "Passito" e "Moscato" di uva zibibbo. E lo Zibibbo (in grappolo) da sapore dolce e mielato a tavola nel fine pasto. Oppure può accompagnare i formaggi con i quali si sposa a meraviglia nella deliziosa gelatina d'uva prodotte dai Bonomo&Giglio nel laboratorio di Kazzen. Non solo capperi, dunque.
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Autore: Corona Perer
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