''Cibo Mediterraneo'' di Carmel Cassar
In libreria dal 26 agosto un saggio sulle culture gastronomiche millenarie
''Cibo Mediterraneo'' di Carmel Cassar, edito da Graphe.it, è un viaggio millenario attraverso le culture alimentari del Mediterraneo, dalle zuppe sumeriche all'haute cuisine francese.
Andare a scoprire come gli antichi e chi ci ha preceduto si alimentava, significa anche capire qualcosa dell'economia dei popoli e delle loro tradizioni che si traducevano in cucina in ricette pensate per utilizzare ciò che c'era disponibile.
La cultura alimentare del Mare Nostrum viene ripercorsa dalla preistoria a oggi, con una straordinaria cura filologica e storica, consegnando una miniera di informazioni interessanti e ricette “replicabili”: dalle istruzioni per una zuppa sumera di oltre 4000 anni fa, alle frittelle greche dell’epoca bizantina, passando per dolcetti ottomani e gli opulenti stufati dell’Italia rinascimentale, fino alla haute cuisine francese.
Il lettore trova radunate le ricette amate da bizantini, romani, arabi e ottomani. Può se vuole cimentarsi (prima magari sarà opportuno informarsi su dosi e misure, ad esempio cosa è un'oncia).
Volete ad esempio copiare un'autentica ricetta medievale per arricchire le pietanze? Ecco la miscela di 'spezie fini' per tutti i cibi che non doveva mancare nella dispensa medievale: "...Prendere un'oncia di pepe, una di cannella, una di zenzero, mezza oncia di chiodi di garofano e un quarto di zafferano.''
foto: Deposiphotos
Il libro dedicato agli storici dell’alimentazione, agli studiosi di storia del cibo e del Mediterraneo e agli appassionati di ricette e cucina, esamina i ''modi'' alimentari mediterranei analizzando tendenze e anche gli sviluppi storici.
Per opere come questa, decisiva - come sempre - è la traduzione affidata a Carla Del Zotto.
L'autore è infatti maltese. Professore ordinario di storia culturale e direttore dell’Istituto di Studi Maltesi, Carmel Cassar ha contribuito allo sviluppo di una sezione etnografica presso i Musei pubblici maltesi (Heritage Malta). Già responsabile del Palazzo dell’Inquisizione a Vittoriosa, ha favorito la nascita dell'interesse nella ricerca storica del cibo mediterraneo e maltese, e ne parla proprio in questo saggio edito per la prima volta in lingua italiana.
il prof. Carmel Cassar
Il saggio conferma la centralità del cibo, che sarà sempre una questione fondamentale perché è al centro dell’attività umana. Abbiamo chiesto al prof. Cassar di spiegarci come ha individuato le fonti e la mole di lavoro intrapreso per dare alle stampe questo libro che - dal punto di vista storico -offre straordinarie schede sui popoli dell'antichità classica, i loro usi e costumi.
Prof. Cassar, quali sono le fonti più antiche da lei consultate?
Le fonti più antiche che ho consultato provengono dal Mediterraneo antico, in particolare dall'antico Levante, Mesopotamia, Egitto, Grecia e Impero Romano. Queste fonti offrono uno spaccato della dieta e delle abitudini alimentari delle civiltà dell'epoca.
Ci parli ad esempio delle fonti sumere...
Si tratta di 'Tavole sumere' scritte in caratteri cuneiformi su argilla, che documentano aspetti come amministrazione, religione, commercio e alimentazione. Registrano, per esempio, la distribuzione di razioni alimentari e la produzione agricola, permettendoci di comprendere quali fossero gli alimenti di base nella dieta sumera.
E le fonti greche?
Essenzialmente i poemi epici di Omero (Iliade e Odissea) descrivono banchetti e cibi, come carne arrostita, vino e pane, tipici della Grecia micenea. Erodoto descrive le abitudini alimentari di vari popoli, come Egizi e Persiani. Ippocrate discute di dieta e salute, evidenziando il ruolo degli alimenti nella prevenzione delle malattie. Archestrato di Gela scrisse Hedypatheia, una delle prime opere culinarie note, e Ateneo di Naucrati compose il Deipnosophistae (I sofisti a banchetto), opera enciclopedica sui banchetti.
Veniamo ai Romani: sicuramente Plinio il Vecchio...
Certamente: nella Naturalis Historia, egli raccoglie informazioni su alimenti, spezie e piante coltivate. Catone il Censore, in De Agri Cultura, include ricette e metodi di conservazione del cibo. Apicio, con il suo De Re Coquinaria, offre una delle più antiche raccolte di ricette romane, comprendendo piatti di carne, pesce, verdure e dessert. Queste fonti sono cruciali per comprendere la dieta mediterranea nell'antichità, influenzando quella moderna.
Le ricette così come riferite erano già codificate come ricetta come la intendiamo noi oggi o sono ricostruzioni narrative?
Le ricette antiche non erano codificate come lo sono oggi, ma erano principalmente descrizioni narrative o consigli pratici. Le ricette moderne, con liste precise di ingredienti, quantità e passaggi dettagliati, sono un concetto relativamente recente. Le fonti antiche invece fornivano indicazioni spesso sommarie, con molti dettagli dati per scontati, rivolgendosi a un pubblico già esperto di cucina.
Ma esistevano anche ricettari?
No. Le ricette erano spesso inserite in testi più ampi che trattavano di agricoltura, medicina o poesia. Per esempio, Hedypatheia di Archestrato di Gela è un poema che descrive cibi raffinati in modo poetico e non tecnico. Le quantità degli ingredienti non erano specificate, con indicazioni generiche come “aggiungi quanto basta” o “secondo il gusto”. Questo riflette una tradizione culinaria basata sull’esperienza del cuoco.
Rispetto al lingaggio odierno, come le ha trovate espresse?
I metodi di preparazione erano descritti in modo sommario, ad esempio con frasi come “cuoci fino a quando è pronto”, senza specificare tempi o temperature, implicando una conoscenza preesistente del cuoco. In molte culture, la trasmissione orale delle ricette era comune, e quelle scritte servivano come promemoria piuttosto che come istruzioni complete.
Alcune ricette, come quelle di Ippocrate o Catone, avevano uno scopo medico o agricolo, non culinario. Il De Re Coquinaria di Apicio è una delle poche eccezioni, con una struttura più sistematica che si avvicina alle ricette moderne, pur mancando spesso di dettagli precisi.
Quale alimento è comune alle culture più antiche?
Il pane. E' un alimento fondamentale per molte delle antiche culture mediterranee, come gli Egizi, i Greci e i Romani. Simbolo di abbondanza e spiritualità, il pane ha rappresentato un elemento centrale non solo nell'alimentazione, ma anche nell'identità culturale di molte civiltà. Gli Egizi furono pionieri nella panificazione, utilizzando grano e orzo. Introdussero il lievito per rendere il pane più soffice, e spesso arricchivano la ricetta con miele e frutta secca.
I Greci consumavano diversi tipi di pane, come l’artos, riservato ai ricchi, e la maza, una focaccia d’orzo per le classi meno abbienti. Il pane era spesso accompagnato da olive, formaggio e vino.
Venendo a noi, che ruolo aveva il pane tra i Romani?
I Romani ereditarono le tradizioni greche, ma svilupparono ulteriormente l’arte della panificazione. A Roma, il pane era così importante che esistevano panetterie pubbliche, e la produzione di pane era controllata dallo stato. Introducendo il forno a legna, i Romani furono in grado di produrre pane in quantità maggiori e di diverse qualità.
E nelle culture arabe?
In quelle culture il pane ha sempre rappresentato un simbolo di ospitalità e generosità. Offrire pane agli ospiti è un segno di accoglienza, e condividerlo è un gesto di amicizia. Il pane ha anche significati religiosi, come nel caso dell'Islam, dove viene considerato un dono di Dio.
Era un cibo basico come oggi o denotava la ricchezza della mensa?
Storicamente, la disponibilità di pane era strettamente legata alla stabilità sociale. La mancanza di pane ha spesso portato a tensioni politiche e sociali, con conseguenze importanti sulle società antiche.
Ci sono altri alimenti che ritiene utile specificare?
Non bisogna trascurare l'importanza di altri due alimenti fondamentali della cultura mediterranea: l'olio d'oliva e il formaggio.
L’olio d’oliva ha avuto un ruolo centrale non solo nell'alimentazione, ma anche nella medicina, nella religione e nell'economia. Era una delle principali fonti di grassi nella dieta mediterranea antica, utilizzato per cucinare, condire i cibi e conservare alimenti. Inoltre, l'olio d'oliva veniva impiegato per trattamenti curativi, tra cui terapie per la pelle, massaggi e trattamenti di bellezza. Il suo significato non si limitava all'ambito pratico: l'olivo e il suo olio avevano anche un valore religioso e simbolico. Il commercio dell’olio d’oliva, che si estendeva lungo le rotte del Mediterraneo, costituiva una parte significativa dell’economia di molte regioni.
Veniamo al formaggio: cosa rappresentava?
Il formaggio, nella cultura mediterranea, è molto più di un semplice alimento: è un simbolo di tradizione, identità e comunità. Ha accompagnato la vita quotidiana, le celebrazioni e i riti delle popolazioni mediterranee per millenni, e continua a occupare un posto d'onore nelle cucine e sulle tavole di questa regione.
Che ruolo ha avuto nella gastronomia dell'antichità?
Il formaggio è stato un alimento essenziale grazie alla sua capacità di conservazione e al suo valore nutrizionale. La tradizione casearia ha attraversato millenni, sviluppandosi in risposta alle condizioni climatiche della regione. La stagionatura del formaggio, una tecnica perfezionata nel corso dei secoli, ha permesso la produzione di formaggi con caratteristiche uniche, che variano in base alla regione, al tipo di latte e al clima. Oggi, molti formaggi mediterranei sono tutelati da denominazioni di origine protetta (DOP), garantendo così la qualità e l’autenticità di questi prodotti.
Quali sono gli alimenti che incarnano il Mediterraneo?
L’olio d’oliva e il formaggio rimangono pilastri della dieta mediterranea, apprezzati sia per i loro benefici sulla salute che per il loro sapore autentico. Questi due prodotti incarnano l'essenza di una cucina che privilegia la qualità, la semplicità e il legame con la tradizione.
(cperer - agosto 2024)
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''Cibo Mediterraneo'' di Carmel Cassar
Graphe.it edizioni - Pagine 212,
15,90 euro
Nelle migliori librerie dal 26 agosto.
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