Cosa è un giardino? Anarchia
Un architetto paesaggista, un castello e un mito: l'orto giardino diverso e...anarchico
di PAOLO PEJRONE - A di anarchia. Il giardino è, innanzitutto, un segno di libertà.
Quando nasce è ordinato e preciso ma, col tempo, può crescere anarchico e libero, come una conversazione, come un dialogo.
Da sempre, nel giardino, l’uomo cerca di organizzare la natura in qualche maniera, di darle una forma, di metterla in ordine. E la natura provvede a fargli capire la differenza tra controllo e cura. Non è domabile e, soprattutto, non vuole essere domata: la natura vuole essere protetta e aiutata. Il giardino è anarchia e mutamento e, soprattutto quando cresce, diventa un luogo di aggregazione e coabitazione: è uno spazio libero in cui piante libere possono vivere e, soprattutto, sopravvivere.
Un esempio è la musica di Bach: le sue composizioni hanno alcuni schemi forti, continuativi e intelligenti ma, insieme, pieni di fantasia. Sembra una contraddizione, ma è nell'ordine che c'è la fantasia.
Il questo senso non mi sento un anarchico, forse anche per la mia storia professionale e personale. Sono per una libertà sincera, sono continuamente alla ricerca della forza per dire ciò che penso. Spesso è stato difficile, quando ho incontrato delle bugie sul mio cammino.
Ma ho reagito e, ancora oggi, continuo a reagire.
E di effimero
Il giardino è, per natura, effimero, sospeso: la sua esistenza è sempre in bilico.
Il suo equilibrio è fatto di identità che si accavallano, che si mischiano, che si toccano.
È grandi alberi ma anche arbusti, è semplici erbacee e delicati fiori.
Effimero, a volte, è il contrasto tra una quercia, che sembra non avere bisogno di nulla e che attorno a sé crea un vuoto, fermo, lunghissimo e la pianta del tabacco che vive pochi mesi e che in quei pochi mesi ha la necessità di essere piacevole e bella, che dichiara ogni anno, insieme, il suo crescere e il suo scomparire.
Il giardino vive di tempi diversi, di crescite e di fioriture che si sopiscono, di aggregazione e non di spiriti solitari, si compone di esigenze ed equilibrio.
La bellezza, in giardino, è effimera, ed è il frutto di poche, piccole, a volte brevissime ed entusiastiche emozioni.
D di diversità
La diversità è quotidiana in giardino. Per capire la diversità cerco sempre di indagare e comprendere il senso profondo dell’origine.
Nel mio giardino ci sono piante che provengono da tutta Europa, dal Messico, dalla Cina, dal Sudafrica. Si passa dal Cile al Perù, alla Grecia. Questo continuo e tenace esperimento di convivenza dinamica è, prima di tutto, un messaggio di vita. In giardino riusciamo a costruire un sistema complesso e eterogeneo, in giardino regna l’armonia della diversità: è una metafora forte ma estremamente semplice.
Insieme alla diversità, nascono nuove tradizioni e un nuovo tempo, fatto di piante vecchie e giovani, robuste e delicate, grandi e piccole:
i nostri occhi familiarizzano con forme nuove e nuovi colori, il nostro lavoro cresce nella possibilità.
La diversità impone due D molto importanti.
La D di diritti, alla vita, alla crescita: il diritto alla generazione e alla moltiplicazione.
La D di doveri, quelli che abbiamo nei confronti del mondo che costruiamo e curiamo: il dovere della compartecipazione, il dovere della convivenza. Un giardino non è una terra di scontro, un giardino non è una siepe a tre metri dal confine: il giardino è un tenace e continuo sconfinamento spirituale.
È un dono, con la D maiuscola.
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