La cura c'è, l'impegno per la banca del Plasma no
Il plasma iperimmune lo dice ora anche una ricerca USA salva nel COVID19
Chi aveva interesse a sotterare una cura che a detta del dirigente dell'azienda ospedaliera Luciano Fior...funzionava (e funziona) ?
Ccon la seconda ondata della pandemia abbiamo capito che poco o nulla era stato fatto per costituire la Banca del Plasma di cui c'era un disperato bisogno.
La cura col plasma ha salvato vite, è citata in importanti studi scientifici, ma chiedeva uno sforzo organizzativo. Che non c'è stato.
Stefano De Donno medico pneumologo del Carlo Poma di Mantova che l'aveva messa a punto, venne sottoposto ad una abnorme pressione mediatica per la sperimentazione del protocollo implementato insieme ai colleghi del San Matteo di Pavia a base di plasma estratto dai pazienti guariti dal virus (plasma iperimmune).
Nei social lui ci era andato per spirito divulgativo e per un confronto che si augurava fosse sereno e professionale, per il bene di tutti. Così non è stato e sulla sua strada ha trovato anche la supponenza di virologi o esperti mediticamente molto ben ''supportati'' (Burioni su tutti).
De Donno non ebbe la meglio. Fu rimosso dall'attenzione mediatica. Ingiustamente. E protestò.
"Non sono disponibile in questo momento a risse televisive, a zuffe mediatiche, con questo o quel collega, atteso che essendo tutti noi medici lavoriamo per una causa unica che è la lotta al Coronavirus" disse De Donno, che era del tutto scomparso dalle cronache.
E alla fine è morto, in circostanze poco chiare. E mentre un'inchiesta resta aperta, sono stati i centri di ricerca statunitensi a dargli ragione.
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