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Cres - Olio Mosaico, antico e autenticamente bio

L'unico frantoio di Cherso è di proprietà della Cooperativa agricola Cres

(copertina: foto di Gregorylee by Depositphotos) - L’unico frantoio di Cherso è di proprietà della Cooperativa agricola Cres. L'Olio MOSAICO di Cres è antico e autenticamente bio. Ha un must in più: è prodotto corale perchè viene della  fatica di molte famiglie associate alla cooperativa che sono riuscite, assieme alla pecora chersina, a salvaguardare i vecchi oliveti piantati sulla pietra dai loro antenati. Ecco perchè si chiama ''Mosaico'': le tessere di cui è composto sono le famiglie chersine.

Questo olio è molto antico: arrivava sulle tavole dei Dogi di Venezia. La coltivazione avviene come cent’anni fa. Il suolo non si lavora, l’unico intervento dell’uomo è la potatura, la maggior parte delle piante sono vecchie più di cento anni, i nuovi olivi oggi si piantano per scopi decorativi. Si può perciò dire che gli olivicoltori chersini producono l’olio dei loro avi.

Una storia che affonda le radici con l’arrivo degli slavi e la diffusione del cristianesimo nelle odierne isole del Quarnaro. L’olivicoltura fu rinnovata dai monaci benedettini, l’ordine religioso che per primo apparve su questa sponda dell’Adriatico.

La Serenissima alla fine del XV secolo, spediva enormi quantità d’olio d’oliva in tutt’Europa e il mercato dell’olio spinse i veneziani a piantare oliveti sulla costa orientale dell’Adriatico oltre che in Italia.

L’olivicoltura dell’isola di Cherso ricevette quindi un forte impulso. In realtà l’olivo era probabilmente arrivato sull’isola di Cherso nell’antichità. Nelle navi affondate nelle vicinanze dell’isola sono state ritrovate delle anfore che servivano per lo stoccaggio e il trasporto dell’olio, il che indica un vivo commercio dell’olio in quell’epoca. Ciò è testimoniato anche dalla ricca collezione d’anfore del museo di Cherso.

I primi documenti scritti sulla coltivazione dell’olivo sull’isola di Cherso risalgono al 1504, quando nei Libri dell’ consiglo della città di Cherso fu verbalizzato che Petrisso de Petris ottenne dal comune la possibilita di innestare alberi d’olivo selvatico, che allora cresceva sull’isola, con varietà addomesticate. Altre fonti rivelano che nel XVII secolo a Cherso si producevano 50 tonnellate d’olio, metà delle quali destinate all’esportazione. Durante il dominio veneziano, Cherso pagava parte dei suoi tributi in olio d’oliva.

Un'importante fonte sulla produzione è datata 1771 quando il cronista di viaggi veneziano Alberto Fortis, dopo aver visitato l'isola afferma che si producevano 23 tonnellate d’olio. Un vero orgoglio perchè al tempo l’olio d’oliva di Cherso era il prodotto più importante e il migliore dell’intera Repubblica di Venezia.

Il declino arriva nel XIX secolo: l’olivo lascia il posto alla vite. Poi arriva la guerra, il numero degli abitanti di Cherso si dimezza e gran parte degli olivi viene circondata dalle erbacce. La soluzione naturale fu data dalla pecora chersina. Gli oliveti furono quindi recintati e al loro interno entrarono centinaia di pecore. La pecora (Creska janjetina) è diventata, così, assieme alla pietra e agli olivi più vecchi, il simbolo dell’olivicoltura di Cres.

olivi e pecore a Cres, convivenza strategica (foto. C.Perer)


I più vecchi e grandi oliveti dell’isola sono posti sulle lievi pendici che circondano il porto di Cherso e sulle scarpate del suo ampio golfo. L’olivicoltura è quasi esclusivamente presente sulla parte occidentale dell’isola, climaticamente più favorevole. La natura del terreno (prevalentemente pendente) e la carenza di superfici arabili ha portato alla costruzione di centinaia di chilometri di muri a secco, i cui nomi sono noti soltanto agli abitanti dell’isola. E i Chersini amano dire che la loro rete di muri a secco è “l’ottava meraviglia del mondo”.

L’olivicoltura rappresenta l’unica alternativa alla produzione agricola, che, assieme all’affitto degli appartamenti ai turisti, rappresenta la principale fonte di reddito supplementare per la maggior parte delle famiglie.

La fioritura delle olive inizia nella seconda metà di maggio (solo il 5% dei fiori presenti su un olivo, diventa drupa). Tutto dipende dal clima e dall’alternanza di produzione: l'olivo produce un anno di più e l'altro di meno. E poi dall'umidità: non c'è irrigazione. I suoli di Cherso sono poco profondi e hanno una piccola capacita d’accumulo d’umidità. Dopo un mese dal fiore le olive hanno già raggiunto la grandezza di un pisello. A metà agosto il nocciolo della drupa diventa duro; poi il frutto riprende una crescita più intensa, accompagnata da un graduale accumulo dell’olio. In questo periodo, e fino alla fine di settembre, gli olivicoltori spesso guardano il cielo in attesa di piogge abbondanti. Nel caso che le piogge ritardino ed appaiano soltanto alla fine di settembre o in ottobre, la drupa dell’olivo può visibilmente crescere, accumulando però soltanto acqua, mentre la percentuale di olio rimane molto bassa.

''I vecchi olivicoltori raccoglievano i primi frutti soltanto a metà novembre, quando tutte le olive erano completamente nere. Oggi i primi frutti si raccolgono già nella seconda metà d’ottobre, quando quasi un terzo delle olive è ancora completamente verde. Da tali olive si ottengono oli di qualità superiore, ricchi di polifenoli che danno loro un gusto ed un aroma forti e marcanti'' spiegano alla Cooperativa.

Le varietà si chiamano plominka, che matura per prima ed è di qualità eccellente e simjaca (autoctona), che rappresenta il 95 % del numero totale degli olivi presenti sull’isola.

L’albero di plominka è più grande dell’albero di simjaca, e i suoi rami sono lunghi e sottili. L’olio di plominka è di qualità eccellente. Questa varietà si coltiva soltanto sull’isola di Cherso, dove rappresenta il 10% delle piante, ma si trova anche sull’isola di Veglia (Krk). L’albero di simjaca è invece  più basso e i rami sono corti, grossi, eretti e forti. È resistente alla siccità ed alle basse temperature, il che spiegherebbe la sua forte presenza tra le pietre di Cres.

La raccolta è l’operazione che richiede maggior manodopera. Dato che quasi ogni famiglia ha almeno un paio d’olivi, la raccolta rimane ancora un lavoro di famiglia.

Le olive che cadono sulla rete si puliscono dalle foglie e dai ramoscelli secchi e si mettono in cassette o sacchi. Una volta le olive si portavano a casa sugli asini o sulle spalle. Fino alla metà degli anni ‘90 le olive si stoccavano in botti che certi olivicoltori riempivano anche con l’acqua del mare, per impedire la fermentazione delle olive. Soltanto dopo aver raccolto una certa quantità d’olive, le portavano al frantoio. Oggi, la maggior parte degli olivicoltori porta le olive direttamente al frantoio, dove vanno lavorate entro 24 ore. La lavorazione in tempi brevi è una delle condizioni più importanti per l’ottenimento di un olio d’eccellenza.

L’olio dopo la premitura a freddo entra nei recipienti è conservato in atmosfera d’azoto ad una temperatura compresa tra i 14 ed i 18 oC, il che consente di preservare a lungo le sue caratteristiche e la qualità iniziale.

La qualità dell’olio extra vergine d’oliva MOSAICO si controlla due volte: prima del travaso nei recipienti di stoccaggio e prima che l’olio sia immesso in commercio con la denominazione di origine protetta “Cherso”: l’olio, infatti, può essere immesso sul mercato soltanto dopo l’autorizzazione di un ente di certificazione. Arriva sulle tavole più prestigiose come quelle del Ristorate BAVA del prestigioso Hotel Bellevue di Lussino, un lussuoso 5 stelle che mette grande attenzione alla cucina e alla qualità dei prodotti.
Può spaventare (rispetto agli oli italiani) il prezzo: euro 17,00 mezzolitro e euro 32,00 un litro, ma è solo conoscendo la natura di questo prodotto che se ne comprendono le ragioni! E si compra solo a Cres alla Cooperativa.

 

L’olio extra vergine d’oliva MOSAICO è caratterizzato da un elevato contenuto di polifenoli - sostanze antiossidanti che gli conferiscono un gusto amaro e piccante e un aroma fruttato. Tra gli antiossidanti presenti troviamo anche i tocoferoli o la vitamina E, che, assieme ai polifenoli, ha un ruolo importante nella difesa dell’organismo dai radicali liberi.

L’effetto salutare della dieta mediterranea, della quale l’olio d’oliva rappresenta uno degli alimenti principali è ormai universalmente noto fin dagli anni ’60. E' stata dimostrata la sua efficacia nella prevenzione delle malattie cardiovascolari e della comparsa di certi tumori, in particolare del cancro della mammella e della prostata.

 

info:
Cooperativa agricola Cres
poljoprivredna.zadruga.cres1@ri.t-com.hr

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L'OLIVO NELLA ANTICHITA'
Una storia lunga che ha accompagnato il cammino dell'Uomo

L'olivo è amico dell’uomo fin dagli albori delle prime civiltà mediterranee.
La storia dell’olivo parte dalla Siria e della Palestina, da dove 6000 anni fa è partito per un viaggio lungo il Mediterraneo in compagnia dei fenici, dei cartaginesi, dei greci e dei romani.
L’olivo è centrale in tutte le civiltà mediterranee. Da sempre è stato considerato un simbolo di vittoria, onore, fertilità e pace. Ai condottieri trionfanti, come anche ai vincitori dei Giochi olimpici, veniva posta sul capo una corona di olivo.

L’olivo veniva usato per diversi scopi: il tronco ed i rami come legna da ardere, le foglie come foraggio per gli animali, il frutto come prodotto alimentare, e poi l’olio per i riti di purificazione, come unguento per ungere il corpo, ma anche come alimento o come combustibile per le lampade.

Nell’antica Grecia l’olio d’oliva, mescolato ad altre essenze, era insostituibile nella produzione di preparati cosmetici. Si calcola che ogni cittadino greco, che frequentava regolarmente il ginnasio, consumava in media 55 litri d’olio d’oliva l’anno.
Anche le legioni romane consumavano enormi quantità d’olio, giornalmente quasi mezzo kilo per legionario. I romani furono perciò costretti ad estendere la coltivazione dell’olivo ai loro confini settentrionali, portandola così addirittura fino alla penisola istriana. Elogi agli antichi oli istriani si possono trovare nelle opere di scrittori antichi come Plinio, Marziale, Galeno ed Apicio. L’eccellenza dell’olio proveniente dal Quarnaro era apprezzata anche dai greci che cercavano di imitare il suo ottimo aroma aggiungendo ai loro oli verdi delle essenze aromatiche come il cipero, l’enula campana e foglie d’alloro.

I romani erano eccellenti produttori di olio. Con la caduta dell’Impero romano e l’arrivo d’altri popoli, il consumo dell’olio diminuisce, e scompare la tradizione della produzione, del commercio e dell’estensione della coltivazione.

fonte: Cooperativa agricola Cres

 

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