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Le voci dei medici della pandemia

''Emozioni Virali'' a cura di Luisa Sodano

(Mariella Morosi, Roma) - Nessuno potrà dimenticare l'aggressione del Covid 19, quel nemico invisibile che ha fatto strage - e continua a farlo- in un mondo impreparato, troppo legato alle proprie certezze. Ricorderemo a lungo le sirene delle autoambulanze, la triste contabilità giornaliera di numeri che erano persone,  gli ospedali da campo, i medici coperti da tute e visiere come astronauti intorno a creature intubate. 

Li abbiamo chiamati eroi, quei medici, ma loro non si sentivano affatto tali, con tutta la fragilità degli esseri umani. In tanti si sono voluti raccontare, esprimendosi con parole che inizialmente non erano destinate a divenire un libro, e lo hanno fatto per condividere un peso troppo grande, trovando la forza di mettersi al computer, a volte dopo turni massacranti di 12 ore.

Ora "Emozioni virali. Le voci dei medici della pandemia", edito da Il Pensiero Scientifico, è  diventato un documento prezioso sulla prima grande prova della medicina moderna, su una realtà vissuta, intima, che la cronaca non racconta. Non a caso è dedicato a chi ha perso la vita, a chi non dimentica, a chi non sarà più lo stesso. La curatrice Luisa Sodano, medico igienista epidemiologo da sempre impegnata nel sociale,  intuisce quanto sia importante far conoscere le riflessioni affidate a un gruppo di Facebook che conta 100.000 medici iscritti e, insieme al collega Marcello Marcelli,  ricostruisce la trama di una storia ancora impossibile da archiviare. 

Dal primo atto ufficiale, la circolare del 20/1/2020 su "Polmonite da nuovo coronavirus in Cina", vengono puntualmente ripercorse le mosse del "balletto" di notizie, bollettini, ordini e contrordini, rassicurazioni e allarmi orchestrato da una politica impreparata. Emerge così tutta l'impotenza del sistema ad affrontare la terribile Fase 1, il contesto in cui nascono le 37 storie raccolte del libro.

Possiamo così sapere quello che veramente accadeva nei luoghi del dolore, proprio in questo momento in cui la polemica tende a scivolare dalla responsabilità della politica al lavoro dei sanitari. Eppure, grazie a queste storie affidate ai post di Facebook,   sappiamo che i medici hanno combattuto in prima linea, spesso affrontando il virus a mani nude per mancanza di attrezzature adeguate e, soprattutto, cercando di trasmettere ai malati il coraggio e quell'amore che non potevano ricevere dai familiari tenuti a distanza per il rischio di contagio.

Il lettore, al di là di ogni retorica, può condividere la loro disperazione, l'impotenza verso una prova troppo grande, ma anche la loro gioia di riconsegnare alla vita chi ce l'aveva fatta. Emerge dal libro una realtà che era "necessario" conoscere. 

"Ora, a poche settimane dai fatti - scrive nella prefazione il fondatore del gruppo Facebook di medici, il chirurgo messinese di endoscopia digestiva Camillo Il Grande - ma anche per il futuro, per chi tra 10 o 50 anni vorrà sapere cosa sia successo in Italia nel 2020". Anche Andrea Vitali nella postfazione conferma il valore della narrazione.

"I resoconti di queste esperienze, di queste lotte quotidiane combattute sui più vari terreni - scrive- sarebbero andati perduti, patrimonio di singoli o poco più, se queste voci non si fossero fatte parola. Testimonianze che, sia consentito dire, tra l’una e l’altra, cedono spazio al silenzio di chi invece non ha potuto lasciare traccia".

Ed eccole queste voci: Vittorio racconta come nei primi giorni di epidemia si vivesse come in una bolla, una specie di (ir-)realtà aumentata, come all’interno di una serie tv catastrofista, genere horror, mentre Valentina, giovanissima e alle prime armi di fronte a colleghi di grande esperienze, incassava l’emozione e cercava di accoglierla, senza farsi sopraffare, e di respirare con calma.

"I movimenti che hai impiegato anni ad imparare, a perfezionare, ad affinare - scrive l'anestesista Emanuela- all’improvviso diventano rozzi, approssimativi, fallibili.  E sai che non puoi sbagliare, non te lo puoi permettere. Se noi sbagliamo non è come al cinema, la scena non si può ripetere. Noi siamo quelli di buona la prima”. Per Matteo,  in ospedale fa subito capolino la paura del contagio, presto però superata da un’altra paura: quella di non saper strappare alla morte la persona che ti sta di fronte. E definisce il virus "Un hacker spietato, venuto a saccheggiare le nostre sicurezze e soprattutto la fiducia nelle nostre capacità e risorse".

Ma c'è anche la testimonianza di Alberto, che lavorando è stato contagiato e trova la forza di informarsi sulle sue condizioni "Una collega gentile mi dice che è una situazione molto difficile ma che ne usciremo. Sono medico e quel 'molto difficile' equivale a 'sei molto grave'. Mi faccio promettere che prima di sedarmi per l’ultimo viaggio (se ce ne fosse stata la necessità) mi avrebbero concesso una telefonata a casa, per un addio ai miei cari."  Anche Carlo è stato contagiato sul lavoro e ricoverato allo Spallanzani di Roma.

"Quando l'ho realizzato - dice- ero convinto di avere contratto una forma leggera. Il mio super-ego da 'chirurgo invulnerabile' non poteva permettere lo sviluppo della malattia. Purtroppo, le cose non sono andate così. L’impatto emotivo è stato devastante e non facilmente descrivibile. Ognuno di loro, ogni giorno, con una parola di conforto o con suggerimenti professionali, ha fatto sì che potessi vedere la mia malattia dall’esterno, da medico, senza subirla passivamente".

Antonio, anestesista militare, descrive invece quello che provavano gli ammalati: ."Persone affamate d’aria, di vita, ma soprattutto d’affetto. E così nei giorni seguenti, prima di prestare le mie cure, a ognuno facevo un cenno di saluto con la mano. Porterò sempre con me come una cicatrice questo tempo maledetto perché in fondo, salvando pazienti, ho salvato anche me stesso e ho capito che nessuno muore senza combattere. Proprio nessuno".

Laura invece preferisce esprimersi con le parole dello scrittore giapponese Haruki Murakami. "Qualche volta il destino assomiglia a una tempesta di sabbia che muta incessantemente la direzione del percorso. Per evitarlo cambi l’andatura. Il vento cambia andatura, per seguirti meglio. Tu allora cambi di nuovo, e subito di nuovo il vento cambia per adattarsi al tuo passo. Questo si ripete infinite volte, come una danza sinistra col dio della morte prima dell’alba".

Con i pazienti, bardati da tute e visiere, si poteva comunicare solo con gli occhi, l'unica parte scoperta. "Se è vero che sono lo specchio dell'anima - dice Stefano- mai come adesso cogli l’essenza di questa frase". Come racconta la curatrice del libro Luisa Sodano, sono state ascoltate le voci di molti ma non di tutti.  "Non abbiamo ancora sentito le voci di quelli che nell’epidemia c’erano davvero. Di coloro che si sono trovati a gestire qualcosa che non conoscevano, e hanno provato a farlo nel modo migliore che potessero. Che nei loro limiti umani ci sono riusciti. Credo che questo libro significhi questo: ascoltare la voce di chi era lì, ha preso decisioni, si è infettato per sostenere un paziente, ha visto e sentito il virus sotto pelle, ha avuto paura, ma in qualche modo è sopravvissuto a tutto questo. E lo vuole raccontare.

Le 'emozioni virali' sono le emozioni di quegli 'affetti collaterali' che il virus ha contribuito a creare”.


“EMOZIONI VIRALI”, sottotitolo: “Le voci dei medici dalla pandemia”.  A cura di Luisa Sodano. Postfazione di Andrea Vitali. Editore: Il Pensiero Scientifico Editore (PSE). Prezzo 18 euro.  23:32 09/07/2020


Autore: Mariella Morosi

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