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Arte, Cultura & Spettacoli

Le radici del Sabba

Erbe & Streghe: la Genziana - di Gloria Canestrini

di Gloria Canestrini - Le radici del Sabba hanno per protagonista la Genziana. Plinio sosteneva che il nome della Genziana derivasse da quello di Gentius, un re degli antichi Illiri, che per primo avrebbe scoperto le proprietà medicamentose di questa pianta i cui fiori hanno ispirato molti simboli (quello della Genziana Palustre come tributo all’amor filiale e quello della Genziana Maggiore, che addirittura comunicherebbe a chi la riceve il disprezzo di chi la dona (per  quale motivo rimane un'incognita).

"L’Europa dei secoli della stregoneria costruì una nuova pseudo scienza demonologica, fondata su supposti casi di “stregamento” e sull’immagine fantastica della strega notturna" (Giuseppe Alaimo in Caccia alle streghe).

Prendeva corpo così una nuova  figura rispetto alle Sibille o alle Dee, alle Maghe come Circe o al quelle della Persia antica. Una figura, potremmo dire, più adatta ad essere indicata e perseguita dai manuali di demonologia, dalla dottrina cattolica e dai tribunali ecclesiastici e secolari, come donna sacrilega, emissaria del diavolo, femmina fornicatrice distruttiva per la propria comunità.

Sappiamo che tale operazione,  politica prima ancora che giudiziaria, sfociò in una repressione su larga scala che fece almeno duecentomila vittime nel solo arco alpino. Oggi potremmo definirlo un olocausto, uno sterminio di massa.

In realtà la posizione sociale delle donne tacciate di stregoneria e poi processate e condannate era ben altra, rispetto all’essere immondo e reietto in cui si voleva trasformarle.

“Per mille anni, l’unico medico del popolo fu la strega. Gli imperatori, i re, i papi, i più ricchi baroni, avevano alcuni dottori di Salerno, mori, ebrei, ma la massa di ogni stato, e si può dire il mondo, non domandava parere che alla Saga, o Donna saggia. Se non riusciva a guarirli, la ingiuriavano, le davano della strega. Ma in generale, per una reverenza mista a timore, la chiamavano Buona donna o Bella donna”…. “accadde a lei quel che accade ancora alla sua pianta favorita, la Belladonna, e ad altri veleni salutari ch’ella usava e che furono l’antidoto dei tremendi flagelli del Medioevo”.

 

Della Belladonna, pianta dalle potenti virtù curative, abbiamo già parlato in questa rubrica. Torniamo a Jules Michelet, storico e filosofo francese, e al  brano precedente, tratto dal  suo capolavoro La Sorcière, la Strega, scritto nel 1862. Roland Barthes scrive di questo geniale autore. “ Per Michelet l’affinità tra la Donna e la Magia è fisica, in quanto la Donna si accorda alla Natura tramite il ritmo sanguigno…la sua Strega è fisicamente solitaria (nelle lande, nelle foreste) ma non è socialmente sola: tutta una collettività le si ricollega, si esprime in lei, si serve di lei”.

In questa figura di saggia, sapiente, curatrice, erborista e fitoterapeuta del popolo Michelet legge la differenza tra Strega e Sibilla. “La Sibilla prediceva il destino. E la Strega lo fa. Non è la Cassandra antica, che scorgeva così bene il futuro, la strega crea il futuro. Meglio che Circe, meglio che Medea, ha in mano la verga del miracolo naturale, e per aiutante la sorella Natura.”

L’immagine distorta che della donna sapiente fa il potere della Controriforma parte proprio da questo, dalla natura così ben padroneggiata dalle donne sagge: ecco nascere l’immagine fantastica della strega notturna emissaria del diavolo, sacerdotessa officiante di sacrileghi riti. Una sacerdotessa che si trasformò presto in vittima.

Una cospicua letteratura di quel periodo e dei periodi successivi, oltre alla documentazione, ai resoconti precisi degli interrogatori giudiziari, ci descrive in ogni particolare il rito sabbatico, l’assemblea demoniaca: nei luoghi del sabba le streghe si recavano a piedi se residenti nelle vicinanze oppure nei modi più straordinari se più lontane; in groppa ad un manico di scopa, a cavallo di un montone o sulle spalle del demonio, sempre unte di unguento “magico” esse percorrevano distanze incalcolabili. (Abbiamo visto invece nella puntata sulla Belladonna quali sostanze vegetali ci fossero alla base di unguenti che potevano dare la sensazione del volo).

L’unguento fa parte del bagaglio stregonesco. Cospargendosene la strega ottiene la levitazione per partecipare al sabba, ma è anche, a seconda della manipolazione, filtro d’amore, droga afrodisiaca, rimedio contro la gravidanza, veleno. Tutte le erbe che le streghe manipolano hanno proprietà afrodisiaca: in particolare l’utilizzo di una radice veniva imputato alle streghe quale formidabile tonico,  la genziana. In realtà sia la Gentiana Lutea, il cui fusto può raggiungere il metro e mezzo di altezza, sia la Gentianella campestris dai fiori blu-viola era ed è tutt’ora impiegata in erboristeria per curare l’indigestione, le punture di insetti, consigliata anche come lassativo e febbrifugo. “Era con ogni probabilità l’ingrediente principale (scrive Alfredo Cattabiani nel suo Florario) di un tonico, detto Stockton Bitter, forse in onore della città inglese in cui fu inventato”: un tonico rinforzante, stimolante ma niente di più.

Chissà perché in diverse imputazioni nei processi per stregoneria svoltisi nell’arco alpino si trova la radice di Genziana come capo d'accusa, " criminalizzata" come stimolante afrodisiaco utile per le orge selvagge immaginate dagli inquisitori, insieme ad altre essenze come la  Belladonna, la Giusquiana, la Mandragora, la Canapa Indiana.
Forse il motivo era proprio la sua essenza di radice.

 

“Il destino delle donne” scrive la giornalista Laura Leonelli nel suo libro Io non scendo e l’omonima mostra dedicata alle “donne sugli alberi” all’interno della IV edizione di Fotografica tenutasi a Bergamo lo scorso ottobre, è stato sempre quello di essere radici, non alberi. Radici che assorbono nutrimento dalla terra per restituirlo agli altri….Salire sugli alberi, sia fisicamente, sia metaforicamente, spesso non è stato permesso alle bambine dalle loro stesse madri, che in quest’azione hanno temuto di vedere sconfessato tutto il loro credo, il loro modello di vita”.

Le donne sono sempre state raccoglitrici, più che scalatrici di tronchi, è vero, con le dovute eccezioni. Ma “una volta che sei salita su un albero il tuo sguardo si fa più vasto: Puoi anche tornare a terra, ma sarai diversa per sempre”, dice Leonelli. “Avrai, per il resto dei tuoi giorni, quello che la filosofa Giulia Zaccaro chiama il coraggio primaverile di guardare con fiducia il tempo e il mondo, perché saprai che ogni nuova stagione porta con sé un rinnovamento.”

“Ma il coraggio, come ricorda la giovane filosofa, è una stagione a sé che porta gemme e polline in ogni tempo della nostra storia”.

Storie di streghe, dunque, di radici e di coraggio.


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Chi desiderasse altri approfondimenti (su streghe e radici, naturalmente, poiché il coraggio è appannaggio esclusivo di ciascuno) non ha che da scrivermi a questo indirizzo: erbestreghe@gmail.com, oppure direttamente qui, su Sentire: info@giornalesentire.it
Gloria Canestrini


Autore: Gloria Canestrini

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