Azienda Agricola Bisele: coltivazione di luppolo (foto C.Perer)
Azienda Agricola Bisele: coltivazione di luppolo (foto C.Perer)
Scienza, Ambiente & Salute

Una bio fattoria nella ex-Cattedra di Roana

Rigenerazioni sull'Altopiano dei Sette Comuni di Asiago

(Corona Perer - Roana, Asiago) - La biofattoria di Roana, ovvero la ex-Cattedra creata durante il fascismo per insegnare le arti e i mestieri, è divenuta un Biodistretto di Comunità. L'ex vivaio Ambrosini, sopravissuto alla prima guerra mondiale,  oggi coltiva luppolo ed orzo per la buona birra dell'Altopiano  "Sette Teste" e poi verdure, ortaggi, foraggi.

La struttura didattica voluta da Benito Mussolini come scuola agraria, abbandonata allo scoppio del primo conflitto mondiale, è un corposo sistema di edifici in fase di recupero e rigenerazione. Sono coinvolte importanti eccellenze del territorio che hanno a cuore il mantenimento della proprietà collettiva, un vanto di questa terra che è indivisibile da secoli.

La bio fattoria ha un patrimonio di 120 ettari di terreno, 20 dei quali a bosco, altri ad arativo, utilizzati per foraggi per il pascolo per coltivazioni che vengono poi destinate al mercato del territorio compreso quello della ristorazione.

Campi a perdita d'occhio nella ex-cattedra di Roana

La bio Fattoria è molto attenta alle pratiche di agricoltura sostenibile non pratica il diserbo e si è data il nome di Azienda Agricola Bisele, un brand che prende a prestito una parola di origine cimbra: "bisèle" significa “praticello”.

Questa terra ha infatti dato riparo all’uomo fin dai tempi dell’uomo preistorico. Poi l'uomo si è organizzato in comunità e popoli e nella vicina Rotzo è stato rinvenuto un insediamento retico ( > ve lo raccontiamo > qui). Gli insediamenti umani stabili risalgono all’arrivo di coloni in prevalenza tedeschi.  Stabilitisi in Altopiano con il passare degli anni diedero vita allo sviluppo di una lingua e cultura propria: il Cimbro.

Azienda Agricola Bisele pur essendo un'impresa sperimentale per l’agricoltura biologica di montagna mira a tornare ad essere centro di educazione e d’informazione sulle buone pratiche di tutela dell’ambiente e la sostenibilità. La produzione orticola, i cereali e l'allevamento di galline ovaiole, tutto viene fatto pensando ad agire bene e in modo naturale e l'intera filiera è soggetta a severi controlli e certificazioni. ''Vogliamo garantire un elevatissimo standard di qualità delle produzioni'' ci dice Graziano, operatore ma anche  agricoltore, manager aziendale ed esperto nella produzione con metodo biologico e apicoltore.

Lo affianca la bravissima Silvia,  operatrice di fattoria didattica, guida ambientale escursionistica, laureata in Scienze e Tecnologie per l’ambiente e il territorio (sta seguendo un percorso di formazione in outdoor education). Ci accompagna nelle coltivazioni di luppolo, nella pineta, e ci mostra i campi a perdita d'occhio di orzo. E ci spiega che qui si organizzano anche centri diurni per  attività ludiche destinate ai bambini.

Silvia, laureata in Scienze e Tecnologie per l’ambiente e il territorio

''Abbiamo scelto di impiegare il metodo di coltivazione biologica perché per noi è importante offrire ai consumatori alimenti sani, da assaporare con tutti i sensi; alimenti che sanno emozionare, esaltare il rispetto dell’ambiente riscoprendo i sapori della tradizione di montagna. Uova, patate, piccoli frutti e orticole provengono da un territorio speciale e sanno portare valore nutrizionale alla vostra tavola".

"Lo scopo è quello di tornare all’origine del nome Cattedra, perciò di andare sia ad insegnare, che andare a fare sperimentazioni per il territorio. Noi siamo ripartiti da questo nome storico, originario per fare il biologico perché noi pensiamo che il vero futuro per noi consumatori sia ritornare al passato, ad un cibo buono e sano. Lo vorremmo fare con i metodi moderni, lo vorremmo fare con un’attenzione a noi stessi. Siamo i consumatori e io penso che noi abbiamo il diritto di mangiare cose vere, cose sane e cose sicuramente buone" afferma Andrea Rigoni, imprenditore nel settore dolciario e socio dell'Azienda.

Andrea Rigoni, industriale, uno dei soci della bio-fattoria

Per promuovere questo luogo che rappresenta di fatto una importante rigenerazione agricola, è stata pensata un'iniziativa che ha schierato i migliori chef dell'Altopiano. “Asiago Sette Comuni in Punta di Dita” è nata dalla sinergia di tante realtà coordinate da Confcommercio Vicenza, con la collaborazione di Confartigianato e Coldiretti ed il sostegno della Camera di Commercio, i Comuni di Asiago, Foza, Lusiana Conco e Roana, e che ha visto la partecipazione speciale di ben 34 Chef di altrettanti ristoranti, malghe, rifugi e pasticcerie. Hanno scelto le location più iconiche dell'Altopiano per mostrare come con i prodotti tipici del territorio sia possibile fare dei finger d'autore dopo un percorso formativo condotto dallo chef Gianluca Tomasi, General Manager della Nazionale Italiana Cuochi e grande esperto di finger food.

A fare da primo motore dell'iniziativa lo Chef Massimo Spallino del Ristorante Alla Vecchia Stazione che proprio a Roana ha presentato il suo Bioaltopiano un finger con ingredienti bio, grana e latte di montagna insieme al cereale antico farinele. Con una soave cipollina a fare da cappellino sulle ventitrè.

Simone Schivo e Valeria Appetito della Malga Col del Veneto hanno scelto la tipica salsiccia cimbra scura per battezzare il proprio finger il Barbusto.

Per il Ristorante Villa Ciardi lo Chef Marco Faccin ha pensato alle erbette spontanee di Quaranta Campi insieme al filetto di sorana, ricotta Pennar e spinaci del proprio orto.

Lo Chef Giorgio Mosele della Locanda Stella Alpina, ha chiamato il suo finger "Un Boccone d’Italia'' utilizzando spuma di piselli per il verde, baccalà mantecato per il bianco e un tocco di fiori rossi per completare il tricolore.

Il tutto accompagnato dalla Birra artigianale 7 Teste prodotta alla Biofattoria Bisele con l’acqua della sorgente d’Asiago . Gran finale con le dolcezze del bosco nel ''Ricordo d’Infanzia'' di Chef Sabrina Mosele della Pasticceria Alpi.

Solo in un territorio dove la proprietà comune è protetta e custodita da tutti come bene prezioso per il futuro, in particolare dai giovani, poteva prendere il volo un’iniziativa come questa, un inno corale al saper fare di  ristoranti, malghe, rifugi e pasticcerie pronti ed entusiasti di lavorare insieme.

 “Sono stati abbattuti i muri delle nostre cucine – commenta soddisfatto lo Chef Massimo Spallino – per parlare di collaborazione, per coinvolgere con il gusto e i sapori questi luoghi che hanno davvero tanto da raccontare e da offrire”.

Perciò la manifestazione - dopo il pre-view riservato alla stampa specializzata - verrà ripetuta a settembre per tutta la comunità. Sarà allestita in centro ad Agordo una mega tavolata che farà da compendio a tutte le eccellenze coinvolte nel numero "0" dell'evento. Complimenti!

 


Autore: Corona Perer

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