CAMON POST - L'amore malato che sopprime l'altro
di Ferdinando Camon
L’abbiamo scritto più volte: se il vostro compagno vi picchia, lasciatelo per sempre. Non dovete lasciarlo per un po’ di tempo e poi tornare: chi è capace di darvi una sberla in faccia o un pugno in testa, è capace anche di ben altro. Salvatevi finché siete in tempo.
L’assassino che oggi sta sui giornali ha fatto una strage infame, ha ucciso la sua compagna di prima, ha ucciso la sua compagna di adesso, ha ucciso sé stesso sparandosi con la pistola in bocca, e dobbiamo anche dire che ci è andata bene, a noi come umanità, perché quest’uomo aveva con sé due granate e le ha scagliate sulla vicina autostrada (la Vicenza-Padova), ed è un mirac
olo che non ci siano scappati altri morti. Eppure questa è una strage annunciata. Si poteva e si doveva prevederla. La donna che stavolta è stata uccisa a colpi di pistola, pochi anni fa era stata, dallo stesso uomo, picchiata con un martello sul cranio, l’uomo all’epoca era suo compagno, e la donna aveva trovato il coraggio e l’energia (non era facile) di andare dai carabinieri e denunciarlo.
Metto qui la mia valutazione di questo episodio: se una donna denuncia il compagno per violenza, ha il diritto di sentirsi protetta e garantita. Lo Stato ha il dovere di darle questa sicurezza. Gliel’ha data stavolta? No.
La donna aveva un lavoro, va al lavoro, l’uomo è lì che l’aspetta, ha una pistola in mano e le scarica il caricatore addosso. Come intendeva bloccarlo, lo Stato? Semplicemente col divieto di avvicinamento: lui doveva stare sempre a una certa distanza da lei.
Ma uno che è pronto a fare una strage, come fa a essere pronto a rispettare un banale divieto di avvicinamento?
Lo Stato dice: quest’uomo è stato sottoposto a un percorso di recupero e l’ha superato, alla fine è stato giudicato sano e integrato. Si vede: due donne ammazzate. Non c’è recupero che tenga. C’è soltanto il carcere.
Autore: Ferdinando Camon
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