Gianni Melotti, tra fotografia e linguaggio concettuale
''Quel che ho cercato è stato raggiungere l'assurdo: fermare il tempo''
(Lucca 2 ottobre 2020 - Corona Perer) - "La sua è fotografia di relazione" dice Paolo Emilio Antonioli curatore della mostra allestita alla Fondazione Ragghianti di Lucca dedicata al fotografo fiorentino Gianni Melotti che getta un filo rosso con in quella attigua dedicata alle opere di Cioni Carpi. Due mostre, ma un unico progetto.
Gianni Melotti all'inaugurazione afferma con emozione "In fondo Cioni era coetaneo di mio padre" facendo intendere che potrebbe essere in fondo suo padre intellettuale.
La sperimentazione porta Melotti a muovere dal '74 al 1984 in un ambiente artistico che a Firenze vide transitare grandi nomi dell'avanguardia: da Kounellis a Giulio Paolini, fino a Robert Rauschenberg. La parola chiave per questi artisti era "interazione" e quindi fotografia, architettura, design, editoria, musica e quelli che allora erano i nuovi media ovvero i videotapes.
"Il mio tentativo alla fine è rappresentato da un assurdo: ho cercato di fermare il tempo, ma una foto è solo una frazione di un secondo che viene congelato" afferma Melotti.
"Melotti è certamente uno dei protagonisti di quella stagione e seppe maturare un linguaggio concettuale dagli esiti personalissimi" scrive in catalogo (Edizioni Ragghianti) il direttore della Fondazione Paolo Bolpagni che nel progetto di una doppia mostra dedicata all'arte "nuova" tra anni 60-70-80 che leggesse insieme due irregolari come Cioni Carpi a Gianni Melotti, ha creduto fin dall'inizio.
Sono esposte opere sperimentali come l'autoritratto che via via si dissolve per diventare figura astratta: siamo dentro una ricerca che è fotografia ma è anche linguaggio e calligrafia. Come in quel piccolo attimo di assoluto che mostra da un lato un buco nel muro, dall'altro una bolla della pelle, o la serie di opere dedicate al periodo dal 1974 al 1984 alla Biennale di Venezia in cui l'artista si autorappresenta in angolo di visuale e fa il verso a Irving Penn autore dei ''Corner portraits''.
L' intensità di questa ricerca emerge nella serie "L' iconografia e l' iconoclasta", articolata in 9 immagini nelle quali il fotografo si concentra dall'interno di una stanza verso l'esterno per terminare con una foto di se stesso, ripresa da uno specchio.
Ed è interessante raccogliere di questa storia artistica, tuttora in atto, la passione che la muove ed attraversa fin da ragazzino quando gli viene regalata la prima macchina fotografica certamente rudimentale. Melotti inizia a fotografare a 7 anni nella Firenze che lo vide nascere il 24 ottobre 1953, con una Kodak Baby Brownie del 1939, poi con una Balda a soffietto che era del padre, a 13 anni ha già in mano una Reflex regalatagli al tempo delle medie. Ma è solo nel '68, dopo la sua iscrizione all' Istituto d'arte di Porta Romana a Firenze, che inizia a fotografare con la coscienza di voler diventare un fotografo. E i suoi primi anni di sperimentazione sono anche tempi di scoperte, viaggi, escursioni, amici, contaminazioni con altri artisti.
La generazione a cui appartiene è diversa da quella precedente a lui, che ha vissuto la guerra. La sua è un epoca di sviluppo economico e di grandi trasformazioni. Cogliere l'entusiasmo di quegli anni ci porta a dire che qualcosa di meraviglioso è passato, ma Melotti è davvero riuscito a fermare quel tempo.
(c.perer)
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L’avventura dell’arte nuova | anni 60-80
Cioni Carpi | Gianni Melotti
Fondazione Centro Studi sull’Arte Licia e Carlo Ludovico Ragghianti
Lucca, Complesso monumentale di San Micheletto
3 ottobre 2020 – 6 gennaio 2021
Autore: Corona Perer
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