Giorgio Rossi, il fotoreporter raffinato
Aveva raccontato la tragedia di Stava e i soccorsi agli alluvionati del '66
Giorgio Rossi, era un fotoreporter raffinato. Aveva raccontato la tragedia di Stava e i soccorsi agli alluvionati trentini del '66, e tanti altri casi di cronaca. Per oltre 40 anni ha raccontato per immagini la storia e i cambiamenti del Trentino.
Ma in ogni immagine ci metteva quel "quid" che distingue lo scatto dalla vera fotografia: il pensiero. E la poesia, ovvero l'istinto di cogliere anche dietro a due uomini che osservano dal vetro la funivia che porta a Sardagna, lo scatto che proietta nello stupore, producendo il fascino di una composizione di sapore vagamente "magrittiano".
Classe 1926, era davvero un fotografo di razza, e va ascritto al capitolo di quegli autori che certamente meritano un posto di riguardo nella storia della fotografia trentina.
Era un uomo innamorato del suo lavoro come pochi: la sua passione, la sua capacità di cogliere l'essenza di un fatto, un gesto, un avvenimento era il timbro dato ad ogni fotografia. Di carattere schivo, era insofferente alle regole della società dello spettacolo e quindi si rifiutava di alimentarla con i suoi scatti. La sua fotografia era una esigenza spirituale.
Per capire la grammatica del fotografare di Rossi, occorre dire che insieme a Flavio Faganello per quasi mezzo secolo, ha tentato una via originale di raccontare il mondo. Il collega era l’ironia, l’istrione, il cantastorie.
Giorgio Rossi, invece, era la raffinatezza ed il rigore. Era la fotografia pensata alla Cartier Bresson.
(C.Perer)
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