Gli ultimi giorni di Van Gogh
29 luglio 1890: muore Van Gogh - Dieci anni di arte che si spensero troppo presto
Gli ultimi giorni di Van Gogh furono tormentati, come del resto tutta la sua vita. I suoi dieci anni di arte si spensero troppo presto. Aveva iniziato a disegnare da bambino e nonostante le critiche del padre, un pastore protestante che gli impartiva delle norme severe, continuò a interessarsi all'arte finché non decise di diventare un pittore vero e proprio. Iniziò a dipingere all'età di ventisette anni e morì 10 anni dopo dopo aver realizzato molte delle sue opere più note nel corso degli ultimi due anni di vita.
La sera del 27 luglio 1890, una domenica, dopo essere uscito per dipingere i suoi quadri come al solito nelle campagne che circondavano il paese di Auvers-sur-Oise, rientrò sofferente nella locanda e corse in camera. Lo ritrovarono disteso e sanguinante sul letto: Van Gogh confessò di essersi sparato un colpo di rivoltella allo stomaco in un campo vicino.
Al dottor Gachet disse: «volevo uccidermi, ma ho fatto cilecca». Il medico non potendo estrarre il proiettile, si limitò ad applicare una fasciatura l'artista affermò di aver tentato con coscienza il suicidio e che, se fosse sopravvissuto, avrebbe dovuto «riprovarci».
Rifiutò di dare spiegazioni del suo gesto ai gendarmi e, con il fratello Théo che, avvertito, era accorso la mattina dopo, trascorse tutto il 28 luglio, fumando la pipa e chiacchierando seduto sul letto: gli confidò «La mia tristezza non avrà mai fine».
Sembra che le sue ultime parole siano state «ora vorrei ritornare». Poco dopo ebbe un accesso di soffocamento, poi perse conoscenza e morì quella notte stessa, verso l'1:30 del 29 luglio.
Aveva 37 anni. In tasca gli trovarono una lettera non spedita a Théo, dove aveva scritto, tra l'altro: «Vorrei scriverti molte cose ma ne sento l'inutilità per il mio lavoro io rischio la vita e ho compromesso a metà la mia ragione».
Essendo il pittore morto suicida, il parroco di Auvers si rifiutò di benedirne la salma, e il carro funebre fu fornito da un municipio vicino. La vicina cittadina di Méry, comunque, acconsentì alla sepoltura e il funerale si tenne il 30 luglio. Van Gogh venne sepolto adagiato in una bara, rivestita da un drappo bianco e ricoperta da mazzi di fiori, dai girasoli che amava tanto, dalle dalie e da altri fiori gialli.
All'indomani della sua morte van Gogh fu sinceramente pianto da molti suoi conoscenti, a partire da Octave Mirbeau, che nel 1892 scrisse che si trattava «di una perdita infinitamente triste per l'arte ... il popolo non si è affollato ad un magnifico funerale e il povero Vincent van Gogh, la cui morte comporta l'esaurirsi di una bella fiamma di genio, è morto in maniera tanto oscura e negletta come ha vissuto».
Il pubblico iniziò a scoprire le opere di van Gogh alla fine degli anni 1880, quando il 3 settembre 1889 si inaugurò la quinta esposizione degli Indépendants.
Le sue opere in principio non furono valorizzate: il fratello Théo, che avrebbe potuto consacrare la fama del fratello in maniera definitiva, morì nel gennaio 1891, seguito nella tomba nel 1892 dall'Aurier, uno dei critici d'arte che più supportavano Vincent Van Gogh.
Alla storia arriva per i suoi paesaggi: nature morte di fiori, dipinti con cipressi, rappresentazioni di campi di grano e girasoli. Lui però sembrava però avere la sua più grande ambizione nei ritratti. A proposito di essi, ebbe a dire: «L'unica cosa in pittura che mi emoziona nel profondo della mia anima, e che mi fa sentire più infinito di ogni altra cosa». A sua sorella scrisse:
«Vorrei dipingere ritratti che appaiano dopo un secolo alle persone come apparizioni. E con questo intendo, che non debbano sforzarsi di raggiungere questo obiettivo attraverso la rassomiglianza fotografica, ma grazie ai mezzi delle nostre appassionate emozioni, che vale a dire utilizzando le nostre conoscenze e il nostro gusto moderno per il colore come mezzo per arrivare alla espressione e l'intensificazione del personaggio»
In generale, nei ritratti, egli si pone il problema di dipingere degli uomini e delle donne con un non so che di eterno: è il ritratto con dentro il pensiero, l'anima del modello.
Tra il 1886 e il 1889 van Gogh eseguì ben trentasette autoritratti dalla scavatissima penetranza psicologica, che consentono all'osservatore di cogliere agilmente le inquietudini che tormentavano incessantemente il suo animo.
Ci ha lasciato quasi novecento dipinti e di più di mille disegni, senza contare i numerosi schizzi non portati a termine e i tanti appunti destinati probabilmente all'imitazione di disegni artistici di provenienza giapponese. Tanto geniale quanto incompreso se non addirittura disprezzato in vita, Van Gogh influenzò l'arte dei contemporanei e dei secoli a seguire, in particolare l'Espressionismo da Henri Matisse a Edvard Munch, a Egon Schiele.
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Alla vita tormentata dell'artista è stata dedicata una tournée teatrale di Marco Goldin Gli ultimi giorni di van Gogh. Il diario ritrovato, con musiche di Franco Battiato
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