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Hans Silvester, nella valle dell'Omo

Viaggiare in fotografia: Etiopia meridionale tra le tribù Surma e Mursi... artiste per gioco

di Corona Perer -  C’è una valle lungo il fiume Omo, nell’Etiopia meridionale, abitata da popolazioni felici, seminomadi e...artiste per gioco. Sono le tribù Surma e Mursi.

Da tempo immemorabile sono dedite a pastorizia ed agricoltura. La loro vita è semistanziale: si fermano dove c'è un pascolo e dove c'è un fiume. Perchè quello che le connota è la loro originalissima attitudine: dipingere il proprio corpo raggiungendo forme d’arte paragonabili alle opere di Gauguin.

Dobbiamo a Hans Silvester, fotografo tedesco, della scuderia Focus di Amburgo che ha documentato questa giocosa abitudine,  una serie di immagni strepitose che sono il frutto anche di una amicizia. Vivendo a stretto contatto con Surma e Mursi ci ha trasmesso una cultura ed una serie di immagini straordinarie.

 

Per ornarsi queste tribù utilizzano ciò che offre loro la natura: dai pigmenti ai frutti ai rami, tutto può diventare un meraviglioso accessorio. La loro è una particolarissima forma di pittura corporea.

Ogni giorno i Surma e i Mursi si ritrovano al fiume e lì si colorano e con dei vivaci effetti artistici. Non servono occasioni particolari: si tratta di una ritualità quotidiana. Giunti in prossimità delle acque, mescolano con l’acqua i pigmenti della Rift Valley  e poi si decorano rapidamente.

Se il risultato non li soddisfa, si tuffano nel fiume e ricominciano l’operazione da capo.

La natura offre a loro il pennello e il colore: basta un ramo, una foglia, la terra. Tutto è per loro un meraviglioso  strumento di creatività e con risultati notevoli come dimostrano le foto di Hans Silvester.

Il fotografo ha infatti vissuto per lunghi periodi a stretto contatto con le tribù seminomadi Surma e Mursi, collocate nell’Etiopia del sud, al confine con Kenia e Sudan dedite alla pastorizia e all’agricoltura. Con grande rispetto, Silvester ha immortalato le loro tradizioni, cercando di documentare anche le trasformazioni che queste minoranze etiopi stanno subendo a seguito dei contatti con la società civilizzata che li raggiunge per turismo.

Per queste tribù, la pittura è un segno di appartenenza e un gioco di gruppo. Una sorta di gara a chi si fa più bello e anche una continua competizione che si cancella a suon di tuffi in acqua. Ma questa pittura corporea viene utilizzata anche per manifestare il proprio rango sociale o in riti e feste. Il bello è che queste tribù non possiedono lo specchio, eccettuata l’immagine che viene a loro restituita dal riflesso delle acque. Quindi l’effetto della propria creazione artistica viene colto dalla reazione degli altri.

Va detto che gli specchi non sono più ignoti a questo popolo: li ha portati il turismo grazie alle nuove vie di comunicazione interne. Un contatto che ha inevitabilmente introdotto le sue modificazioni alla genuina vena di queste etnie,  inducendole a trasformare la pittura corporea da espressione spontanea in fonte di guadagno.

E’ il primo segno di un cambiamento che sta avvenendo e che tuttavia non è estraneo a quello più cospicuo introdotto nelle abitudini nomadi dalle mutazioni ambientali in corso, a seguito della costruzione della grande diga Gilgel Gibe III, che potrebbe portare alla perdita del valore tradizionale di questa affascinante forma artistica. Basterebbe solo fermarsi ad immaginare le conseguenze che potrebbero esserci se le acque captate riducessero la portata idrica inibendo gli artistici tuffi in acqua per cancellare l’opera d’arte depositata temporaneamente sul loro corpo.

Hans Silvester racconta tutto questo con immagini di grande fascino. Nato nel 1938 in Germania, fotografo professionista dell’agenzia Focus di Amburgo, ha all’attivo numerose pubblicazioni, in particolare volumi di immagini dedicati all’arte e agli animali (tra gli altri, i gatti della Grecia e i cavalli della Camargue). Le sue immagini sono state esposte al Museo di Scienze Naturali di Bolzano nel 2011 e fanno parte di un ciclo pubblicato nel 2007 nel volume “Kleider der Natur”.

 


Autore: Corona Perer

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