Museion, ''Spazi di speranza''
HOPE e le Techno-Humanities
(Corona Perer, Bolzano 29 settembre 2023) - E' una mostra bella, divertente, che fa riflettere. Pone domande di senso: all'individuo e a chi produce pensiero. La prima va a incidere sulla mission di una istituzione culturale: in che misura è oggi possibile intendere i musei e le scienze umane come luoghi in cui plasmare il mondo?
Tenta una risposta MUSEION con la mostra HOPE ovvero il terzo capitolo di Techno Humanities un progetto triennale iniziato tra 2021 e 2022 con il primo capitolo Techno, proseguito poi nel 2022-2023 con Kingdom of the hill. HOPE chiude la trilogia e vuole ripensare il museo come una macchina della speranza.
La domanda è: da dove veniamo e dove vogliamo andare? Ed ecco che Museion si fa astronave, una capsula del tempo, un portale verso un'altra dimensione. Si trasforma in un luogo di produzione di pensiero ma anche di meraviglia, in cui scienza e finzione si fondono per affermare la speranza come pratica critica attiva.
Ne è curatore lo stesso direttore Bart van der Heide insieme a Leonie Radine e DeForrest Brown, Jr. (exhibition design: Diogo Passarinho Studio).
La mostra crea uno spazio tra passato presente futuro e il museo diventa una piattaforma di lancio, dove ci sono anche - belle e pronte - le tute Sun e Moon dell'artista NicolaL., tele che possono essere indossate come una seconda pelle. Un'opera altamente iconica, che spiega bene il lancio verso altri mondi che il visitatore è invitato a compiere con HOPE.
Tra spazi e tempi reali e immaginari, si possono esplorare punti di vista alternativi. Museion lo fa anche con la sua stessa architettura. Fin dalla sua inaugurazione, esattamente 15 anni fa, l'edificio di Museion è stato spesso descritto come un'architettura extraterrestre, come un UFO atterrato nel centro di Bolzano. HOPE sottolinea questa immagine simbolica del museo come un'astronave, una capsula del tempo, un portale verso un'altra dimensione.
Bart van der Heide direttore di Museion precisa che non si tratta di fare discussioni teoriche o filosofiche. "Bisogna mettere in pratica ciò che si predica e questo è per me il fulcro della crisi d'identità che i musei stanno vivendo attualmente'' commenta. Perciò TECHNO HUMANITIES non va inteso semplicemente come una serie di mostre, ma come un vero e proprio think-thank, una espressione artistica istituzionale che diventa pratica. ''Museion si posiziona quindi come un'istituzione della società civile che promuove e sostiene la produzione di conoscenza e avverte la responsabilità socio-politica di farlo, sia a livello globale che locale''.
A segnare il percorso fin dall'ingresso brillano due stelle di Petrita Halilaj, artista kosovaro che vive e lavora tra Italia, Berlino e Pristina. Le stelle provengono da un progetto artistico avviato a Pristina nel 2022 e poi approdato a Manifesta 14. Si trovavano sulla facciata del Grand Hotel di Pristina completamente distrutto.
Appena oltrepassate le stelle, che natura vuole indichino la strada, Riccardo Previdi invita ad entrare con il suo Open. L'opera posizionata nella hall, marca un'idea del museo come un portale verso altri mondi.
foto: C.Perer
E' nell'ascensore del museo che si fa la prima esperienza di questo ''transito'' grazie alle artiste bolzanine Ulrike Bernard e Caroline Profanter con l'installazione sonora Aui Oi che nel dialetto a sud tirolese significa ''su e giù''. Concepito per la funivia del Renon di Bolzano e presentato in occasione di Transart, utilizza i due ascensori come propulsore. E' la via obbligatoria attraverso cui visitatori salgono alla piattaforma di lancio: il quarto piano del museo. L'impianto meccanico sembra condurre dentro una navicella spaziale iniziatica.
Il viaggio inizia tra installazioni video, sculture, costumi, dipinti e disegni che creano un'atmosfera fantascientifica tra apocalisse e nuovi inizi. Scienze umane, tecnologia, ecologia ed economia si incontrano.
L'artista italiana Irene Fenara nata a Bologna, compie una riflessione sui meccanismi di controllo di una tecnologia automatizzata, fatta anche di costrizioni, e si sofferma su libertà e controllo. Sonia Leimer, artista meranese, si interessa da tempo di rottami spaziali i suoi studi in architettura hanno influenzato la sua pratica artistica. I relitti di satelliti e veicoli spaziali che letteralmente cadono dal cielo sono in realtà delle sculture in acciaio che assomigliano molto a questi rottami, ma sono riproduzioni fittizie che nascono per produrre un effetto straniante. E ci riescono!
foto: C.Perer
Tra intelligenza artificiale e realtà virtuale, videogiochi e spazi immersivi il reale si sfuma nel possibile. E si scende.
Il secondo piano ospita l'archivio del mito afrofuturista Drexciya. Qui prendono forma nello spazio le approfondite ricerche che DeForrest Brown, Jr. ha intrapreso sulla storia della techno per il suo libro Assembling a Black Counter Culture (2022). A Museion, Brown predispone, in dialogo con i dipinti digitali di AbuQadim Haqq, numerosi album techno provenienti dalla scena musicale di Detroit lungo mappe e linee del tempo.
Molto legata all'attualità l'opera di Shu Lea Cheang artista di Taiwan che con Red PIL rappresenta il mondo delle pillole e dei batteri e degli agenti estranei che entrano nel corpo umano rappresentando Genoma Co che può riprogrammare globuli rossi umani. Fantascienza, informatica e bioingegneria sono temi di grande attualità oggi.
La mostra include opere della collezione di Museion e di Almare, Sophia Al-Maria, Ei Arakawa, Trisha Baga, Neïl Beloufa, Black Quantum Futurism, Tony Cokes, Michael Fliri, Petrit Halilaj, Matthew Angelo Harrison, AbuQadim Haqq, Andrei Koschmieder, Maggie Lee, Lawrence Lek, Linda Jasmin Mayer, Beatrice Marchi, Bojan Šarčević, Marina Sula, Suzanne Treister, Ilaria Vinci, LuYang, Allora & Calzadilla, Shūsaku Arakawa, Tacita Dean, Sonia Leimer, Ana Lupaş.
Tornati al piano terra la logica del tunnel spazio temporale conclude il concetto di ''transito'' tra il mondo attuale e quello immaginifico che gli artisti han rappresentato.
Molti eventi caratterizzano questo terzo capitolo di Techno Humanities. HOPE è infatti più di una mostra: in collaborazione con Transart, il programma include anche la prima italiana di una performance del coreografo e danzatore Trajal Harrell con l'ensemble della Schauspielhaus di Zurigo, oltre a una mostra dell'artista Thomas Feuerstein, supportata da NOI Techpark, uno degli "spazi di speranza" aperti da Hope. L'artista si ispira a Moby Dick per METABOLICA che sarà inaugurata il 6 ottobre nella grande sala del parco tecnologico: si tratta di 4 installazioni che propongono una sorta di metabolismo post-industriale. Chilometri di cavi per parlare di processi biologici, tra alghe e batteri, un sistema azionato da un foto bioreattore scolpito dall'artista che sta a metà tra il sottomarino e la balena. L'opera (foto sotto) è ancora in allestimento.
Quest'opera certamente proietta nella rigenerazione che HOPE sembra suggerire al dibattito culturale e artistico dell'arte contemporanea.
E tutta l'operazione messa in piedi da Bart van der Heide, Leonie Radine e DeForrest Brown, Jr. risulta estremamente interessante perchè - tra l'altro - ha il grande merito di valorizzare anche artisti giovani e locali.
Non tutti i musei lo fanno: ci vuole umiltà e apertura. E Museion dimostra di porsi davvero come portale di eleborazione del pensiero contemporaneo.
(corona perer)
28.9.2023
foto: C.Perer
Autore: Corona Perer
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