Giovanni Bastianini, artista perseguitato dai falsi
Già a 13 anni era un valido scalpellino. Morirà giovane, povero e solo
di Paola Cassinelli - Non è certo una notizia inedita quella che riguarda lo scultore Giovanni Bastianini, nato nel 1830 a Camerata, piccola frazione di Fiesole alle porte di Firenze, ma un curioso, piccolo noir che ha portato il capoluogo toscano a confrontarsi col mondo dell’arte internazionale, a causa di errori attribuzionistici avvenuti nel corso dei secoli, spesso analizzati e studiati da me assieme a Maurizio Boni, già responsabile del laboratorio di restauro del Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi di Firenze.
Valido scalpellino a soli 13 anni, il Bastianini entra nel 1845 nello studio di Pio Fedi e successivamente in quello di Girolamo Torrini, autore di famosissime copie di opere rinascimentali tra le quali la scultura di Donatello per il Loggiato degli Uffizi. Immediatamente il giovane artista si appassiona all’arte del Quattrocento e ne comprende lo stile e il gusto arrivando ad eseguire busti e bassorilievi che, senza alcun intento di falsificazione, ne ricreavano lo spirito e il pathos.
Nel 1848 l’antiquario Giovanni Freppa, riconoscendo il lavoro del Bastianini frutto di un raro talento, gli offre la possibilità di lavorare solo ed esclusivamente per lui, in cambio di un salario fisso. L’artista accetta soddisfatto anche perché la sua famiglia aveva bisogno di sicurezza economica e questa improvvisa situazione poteva garantirla. Fra le sculture eseguite sotto la committenza e la vendita del Frezza, Bastianini realizza nel 1863 un busto in terracotta con il volto del poeta Girolamo Benivieni (1453-1542).
L’opera viene immediatamente venduta per poche lire a Parigi e, dopo avere avuto diversi proprietari, giunge tra le mani del conte di Nieuwerkerke, direttore generale delle Gallerie del Louvre, che l’attribuisce a Desiderio da Settignano (1428-1464). Il direttore si prodiga per l’acquisto del busto per il museo parigino e lo colloca nel 1866 fra i Prigioni di Michelangelo e la Ninfa del Chateau d’Anet di Benvenuto Cellini, quale reperto importantissimo dell’arte Toscana del Quattrocento, anche se privo di riscontri di tipo storico e archivistico.
A Firenze giunge la notizia dell’esposizione di una nuova opera rinascimentale al Louvre, ma Bastianini, riconoscendo il proprio lavoro, denuncia l’inesattezza e invece di essere apprezzato per la sincerità, è accusato dai francesi di essere un “volgare impostore”. Nel marzo del 1867 Napoleone III arriva a Firenze per controllare come venivano investiti i soldi pubblici dai rappresentanti del suo Stato e gli viene confermata l’attribuzione del loro acquisto al Bastianelli, dimostrando che il personaggio ritratto non è infatti il poeta Benivieni, bensì un vecchio lavorante, ancora in vita, della Manifattura tabacchi, vestito e acconciato nella foggia del Quattrocento.
Intanto altre opere dello scultore toscano cominciano a vedersi nei musei internazionali con errate attribuzioni, come per esempio il ritratto di Giovanna Albizzi, datato 1460, ancora oggi esposto come opera quattrocentesca alla National Gallery di Washington o il delizioso busto di Lucrezia Donati conservato al Victoria and Albert Museum di Londra o ancora il famoso rilievo di Santa Cecilia, generalmente attribuito a Desiderio da Settignano, del Museo di Toledo in Ohio (U.S.A).
Mentre si protraevano lunghe e accanite controversie sui falsi Bastianini, l’artista muore, solo, improvvisamente nel suo studio a Firenze il 29 giugno 1868, all’età di 38 anni.
Molto è stato scritto su questo repentino quanto inatteso decesso, ma purtroppo con la morte prematura dello scultore anche il riconoscimento del suo lavoro è rimasto frammentario e lacunoso. Probabilmente, senza la divulgazione dei dettagli del suo antiquario/mercante, pochissime opere del Bastianini sarebbero note e soprattutto molte di quelle in stile rinascimentale, ritenuti eccellenti falsi, nonostante l’interesse generale, non sarebbero mai state identificate.
La maggior parte della sua ventennale produzione resta tuttavia ancora oggi stimata, come arte del Quattrocento e riportata a nomi altisonanti o anonimi della statuaria antica.
Ho voluto raccontare questa storia per mostrare la difficoltà del lavoro attribuzionistico, troppo spesso sotto accusa, che richiede, oltre a studi approfonditi e attenzione ai singoli particolari dell’opera e della vita dell’artista ascritto, la conoscenza del lavoro di esperti falsari, di ottimi artisti/artigiani e di incalliti burloni che, con buona manualità, possono portare verso errate valutazioni.
Come non ricordare, a questo proposito, l’ormai leggendario ritrovamento, nel Fosso Mediceo di Livorno, delle tre teste di Amedeo Modigliani, avvenuto nel lontano 1984 ?
Autore: Paola Cassinelli
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