Jheronimus Bosch, un olandese a Venezia
di Anna Lorenzetti
La fortuna di questo grande pittore olandese, non è venuta mai meno. La sua fama ha attraversato indenne i secoli, meravigliando, sconvolgendo, inquietando ogni astante. Amato, adorato da schiere di artisti, primi fra tutti i Surrealisti che lo avevano eletto a loro emblema ed assunto quale nume tutelare di tutte le elucubrazioni della mente umana. Certo Jheronimus Bosch è un enigma; infiniti critici sì sono spericolati nel decifrarne la "scrittura".
Affiliato a qualche setta demoniaca, adepto di congreghe religiose ispirate alla rinascita di una perduta innocenza o pervaso da una passione insana per perversioni erotiche spinte, non lo sapremo mai. Certo è che noi, uomini del terzo millennio, abbiamo perso la chiave di lettura per decriptare molti dei capolavori medievali e quello che poteva essere chiaro ai contemporanei di Bosch per noi è geroglifico oscuro.
Ma è assodato che nello spirito degli uomini che vivevano nelle lande nordiche pre-riforma, l'animo umano era preda di molte superstizioni e la lotta contro le lusinghe del maligno vista come una vera e propria tenzone all'ultimo sangue. Ecco il motivo dominante della poetica di questo incredibile artista nato in una famiglia di pittori, che inaugura, con uno stile limpido, quasi calligrafico, una rivisitazione personalissima di tutto il sapere Gotico-Internazionale di gusto prettamente nordico.
Con figure sinuose che si stagliano nitide su fondi luminosi, in uno stile che opta per esecuzioni piuttosto piatte, quasi grafiche, operando con tratti leggeri e trasparenti viene raccontando di nefandezze sconclusionate, di un mondo altro, pescando negli oscuri labirinti delle coscienze degli uomini. Il mondo narrato dal magico pennello di Bosch fa tremare le vene dei polsi, ci terrorizza e solo la sua vena crudamente ironica può sospendere l'angoscia del cuore, solo il suo sorriso amaro ti assicura che ciò che stai guardando è una visione di incubo e ti potrai svegliare scacciandolo dalla tua mente.
Possiamo capire come questo magico autore, fosse il preferito dall'oscuro Filippo II di Spagna. Il triste imperatore possedeva i più incredibili capolavori di Bosch. Bisogna andare al Prado per vederli; ci sono entrata in punta di piedi nella sala detta "El Bosco". L'emozione è stata palpabile. Davanti al trittico" Delle delizie" ho immaginato Filippo II disquisire con il Grande Inquisitore ed enumerare le molteplici manifestazioni demoniache.
Chissà se sono stati ispirati dai dipinti di Bosch nell'inventare le sofisticate macchine di tortura usate con tanta solerzia dalla Santa Inquisizione? Certo è che il catalogo delle stoltezze, degli obbrobri, degli orrori nelle tante opere di questo artista allucinato appare infinito e reputo inutile voler dare spiegazioni logiche ad un dispiego di generale bizzarria.
La mia posizione davanti a Bosch e' quella di godere delle sue magie, di lasciarmi trasportare dalla sua fantasia convulsa nel turbinio delle sue molteplici elucubrazioni. Così come davanti a Pollok mi faccio invadere dalla sinfonia dei colori,attraversare dal ritmo delle linee, coinvolgere dal crepitare dei segni, difronte a Bosch lascio che il fascino enigmatico della sua visione onirica mi trasporti come in sogno proprio come i personaggi che galleggiano nel "Polittico delle visioni dell'Aldilà" .
Autore: Anna Lorenzetti
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