La Divina Commedia di Markus Vallazza
Anteprime: mostra a Bressanone ''L'opera nell'Opera'' per raccontare l'artista e Dante
(Corona Perer, 11 maggio 2021) - Quando Dante scrisse la sua opera magna sperava solo una cosa: che l’uomo iniziasse il vero cammino. Che ciò decidesse di “indiarsi” (fu proprio questo il termine usato). Vale a dire che decidesse di entrare nella grazia di Dio, quella dimensione che l’oriente cristiano chiama ancora oggi “divinizzazione” e che è al centro di tutta la teologia giovannea. Che l’uomo aspiri alla sua completa realizzazione è dato innegabile da un punto di vista antropologico. Nulla di strano perciò se la Divina Commedia ha ispirato secoli d’arte e pensiero e rimane tuttora una delle cattedrali del pensiero occidentale.
Lo è stata anche per Markus Vallazza, che ne ha fatto uno dei capitoli più significativi della sua opera grafica o meglio 10-anni-10 di vita, studio, ricerca come ci ha raccontato in una intervista raccolta nel 2007 (leggila > qui). Markus Vallazza (1936–2019) appartiene alle personalità più note e più importanti della realtà artistica altoatesina. Guardare le sue opere di grafica dedicate al ''sommo poema del sommo poeta'' permette a ognuno di noi di compiere questo stesso viaggio, entrando dentro una delle più importanti rivisitazioni contemporanee dell´opera dantesca. Un percorso attraverso le incisioni di un artista oggi considerato tra i più importanti incisori europei.
Markus Vallazza e Dante. L’opera nell‘opera (29 maggio 2021 – 7 novembre 2021) è la mostra che gli viene dedicata a Bressanone nella sede della Hofburg in occasione del 700° anniversario della morte di Dante Alighieri. L’esposizione presenta l’evoluzione dell’artista come incisore fino al suo opus magnum, le incisioni sulla Divina Commedia portate a termine nel 2000.
Nella sua vita Markus Vallazza ha messo insieme un corpus dantesco di oltre 300 incisioni e nove album di schizzi preparatori che vennero esposti nel 2007 al Mart di Rovereto dove abbiamo avuto la fortuna di incontrarlo e intervistarlo. Un’impresa si potrebbe dire, un lavoro che ha conquistato un autonomo spazio tra i cicli contemporanei dedicati a questo tema. Non solo un’operazione estetica, ma una vera e propria interpretazione: con la fantasia dell’artista c’è la sua visione ecco quindi che l’inferno si popola di nuovi personaggi, alcuni dei quali a noi contemporanei mentre nel Paradiso vi sono gli “eterni” da Franz Schubert a San Francesco d’Assisi.
Sulle tracce di Dante, Markus Vallazza ha ripercorso i cicli danteschi studiando le rappresentazioni dei celebri artisti del passato traendo ispirazione dal Rinascimento italiano e in particolare da Botticelli, che con 92 disegni illustrò l´Inferno, il Purgatorio e il Paradiso. La guida di Vallazza non è la stessa di Dante (che si fece accompagnare da Virgilio nell’Ade), ma Ezra Pound, il poeta inglese che conobbe durante un soggiorno a Venezia e poi a Roma, due città nella quali frequentò gli ambienti intellettuali italiani più fecondi, stringendo amicizia con Pier Paolo Pasolini, Alberto Moravia e Dacia Maraini.
Nell’opera di Vallazza ci sono anche gli echi e le suggestioni del poeta inglese William Blake il quale tentò di illustrare la Divina Commedia, opera lasciata però incompiuta. Il cammino tocca però anche altri lidi come quello dell´americano Robert Rauschenberg e della Pop-art. La "Divina Commedia" è l´ultima opera illustrata da Vallazza (che fu allievo di Kokosckha alla Schule des Sehens), dopo un percorso che lo ha portato a studiare le opere di Franz Kafka, Edgar Allan Poe e Ovidio con i quali l’artista si confronta ripercorrendo il loro tragitto intellettuale e umano, incrociandoli con la propria vicenda biografica.
Incisioni finali, schizzi, disegni preparatori mostrano la genesi dell'idea, dei soggetti e tutta la ricerca che ha mosso l'artista fino al risultato finale, dove l´opera raggiunge un linguaggio più essenziale rimettendo però nelle nostre mani la voglia di continuare a viaggiare nell’opera straordinaria che Dante ebbe il genio di concepire.
Ed è questo il bello: riproporre a noi il tema eterno, del cammino dell’uomo. E del suo senso sulla Terra.
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MARKUS VALLAZZA E DANTE
Due geni allo specchio - di Corona Perer
(2007) - Li definisce scherzi, passatempi, divagazioni. Dieci anni di vita, durante i quali ha passeggiato tra cantiche e terzine, sghignazzando su quella tragica umanità che, fatte le debite proporzioni, non era poi così diversa ai tempi in cui Guelfi e Ghibellini si accoltellavano. Paradiso, Purgatorio e Inferno stupiscono non poco.
Comici e a tratti irriverenti “387” sono i volti che Markus attribuisce al Sommo Poeta. Li ha intitolati “Psicogrammi”. Il celeberrimo profilo dominato dalla torre aquilina che madre natura pose a guardia dell’olfatto dantesco, viene ritratto con un tale sfoggio di forme, estro e fantasia da far impallidire anche il grafico pubblicitario più smaliziato.
Lo skyline dantesco emerge da stormi di numeri, mosche, uccelli, tessere di mosaico. C’è il Dante con le tette e il Dante lunare, il Dante generale e il Dante curiale, il Dante cubista e quello a forma di teschio. “In lui c’era tutto, maschile e femminile, positivo e negativo. L’angoscia dell’uomo dantesco appare negli stupefacenti schizzi preparatori. Ed è l'angoscia dellì'uomo di ogni tempo. "Anche noi siamo fatti di Paradiso e Inferno” commentava Vallazza osservando la galleria di volti.
La passeggiata celeste di Markus Vallazza lascia davvero senza fiato. Un’arte caleidoscopica, inusuale, irriverente, piena di messaggi. L’artista plana, atterra, si invola. Lo si scorge in Paradiso mentre da del “tu” a Ezra Pound al quale assegna il ruolo che Virgilio ebbe dall’Alighieri nazionale. Il settimo cielo è un disco di pane abitato da Franz Schubert, Francesco d’Assisi, Vincent Van Gogh, Einstein, Leopardi, Shakespeare. Una stanza celeste che Vallazza chiama “Pizza Coeli” dove stanno anche Holderlin e Nietzsche (“non mi interessava la sua filosofia, ma il suo essere filosofo” spiega) e poi Don Chisciotte.
“Era un uomo che sognava e amava e ai suoi sogni ci credeva, mi fa tanta tenerezza” dice l’artista che popola il Purgatorio di animali, ma in un angolino vi inserisce la “bestia” Vallazza.
All’Inferno l’anima turbata scioglie le briglie in un’apoteosi popolata da politici, generali e signori della guerra. Vallazza minimizza l’enorme sforzo di dieci anni di studio passati a leggere una trentina di saggi di critica e filologia dantesca (“uno dopo l’altro”) e a fare chilometri di schizzi oggi raccolti in una decina di quaderni di inestimabile valore: piccoli scrigni di opere contenenti altre opere.
“In fondo stavo solo fuggendo il dolore” dice. “Per salire è necessario scendere” afferma, e il senso della frase è metafisico.“Sono versi per ciascuno di noi” ci ha detto l’artista ricordando lo sforzo artistico frutto della furia che prese il sopravvento sulla sua disperazione.
Ironia, precisione, pazienza infinita si unirono al genio creativo e venne l’opera di una vita, di dimensioni epiche anche per la complessità. L’incisore ha infatti scelto la più complessa tra le tecniche artistiche: deve disegnare al negativo su lastra, non può sbagliare o avere tentennamenti. Non esiste gomma, la matrice deve già contenere il progetto finale. Se imperfetta va buttata, rifatta. Eppure ogni lastra mostra una incredibile chiarezza logica, quasi direttamente proporzionale alla gigantesca architettura letteraria che sta al fondo dell’opera dantesca.
Ciò che in fondo lo appaga di più (e non lo nasconde) è essere entrato al Mart da vivo, con le sue gambe.
Così come da vivo ha frequentato gli inferni. E ne è uscito grazie all'Arte.
(Corona Perer 2007)
Autore: Corona Perer
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