La Ferrata delle Trincee
La Grande Guerra nelle Dolomiti: sul Padon (Agordino) davanti alla Marmolada
(Corona Perer) - Le trincee dell'Agordino raccontano cosa fu la Grande Guerra nelle Dolomiti. Nel territorio di Rocca Pietore intorno alla Marmolada, sono numerosi i sentieri che ne fanno memoria. Basta salire in quota e si trova una galleria, un riparo, mulattiere, camminamenti, gallerie.
La Ferrata delle trincee, posta proprio davanti alla maestosa imponenza della Regina delle Dolomiti, tra panorami mozzafiato e scenari di incantevole bellezza, è una pagina di storia importante della Grande Guerra, la più tragica, perchè ad inizio '900 questi territori, dove si era vissuto in pace, diventarono una immensa trincea.
Le postazioni belliche della Catena del Padon, a cavallo tra Livinallongo del Col di Lana e Rocca Pietore, offrono una straordinaria testimonianza della Grande Guerra nelle Dolomiti, una guerra nella guerra si potrebbe dire.
La ferrata si raggiunge da un sentiero ben segnalato, che parte dal rifugio Padon raggiungibile a piedi dal Passo Fedaia (un’ora di cammino circa) o più agevolmente con l’omonima seggiovia che parte da Capanna Bill, a poca distanza da Malga Ciapela. Abbiamo optato per questa seconda opzione: basta una decina di minuti per raggiungere quota 2407 metri.
Nelle vicinanze del rifugio, si scorge un cannone, prima testimonianza tangibile del conflitto. Proprio in quel punto parte la segnalazione del sentiero 638. E' su questo cammino che si arriva all’attacco della Via Ferrata delle Trincee, una proposta alpinistica di grande interesse storico e paesaggistico.
Si cammina lungo la linea del fronte a ridosso delle zone di combattimento. La Marmolada sta di fronte e oltre che offrire la vista del suo ghiacciaio e delle sue rocce appare come l'imponente depositaria di quel tragico e burrascoso periodo dell’Umanità. La Ferrata delle Trincee è una delle vie ferrate più praticata in Agordino.
Per questa via si raggiunge il Bivacco Bontadini gestito dal CAI, un riparo di fortuna posto a pochi metri dall'imbocco delle gallerie dei soldati.
Le postazioni della Mesola furono teatro di tante tragiche rappresaglie e molti soldati morirono, soprattutto per colpa delle valanghe o del freddo estremo.
Fronteggiarono gli Austriaci, riparandosi in gallerie che avevano scavato con le loro mani e da lì controllavano il mondo di sotto e i confini nonchè le postazioni sulla Marmolada (dove senza che potessero accorgersene stava sorgendo una città scavata nel ghiaccio). Furono mesi ed anni di una lunga e snervante guerra di resistenza, che aveva nel freddo il primo autentico nemico. Entrando sorge spontanea una preghiera per chi certamente trovò la morte su quel fronte.
Da una galleria il sottostante Lago di Fedaia ai piedi della Marmolada (foto. C.Perer)
Ma che cosa aveva trasformato questi paradisi naturali nel più tragico tra i fronti e nella devastante guerra di resistenza a pattugliamento dei confini?
L’Agordino, lo Zoldano, l’Ampezzano, da sempre terre di confine fra il blocco italiano-veneziano e tirolese-austroungarico, erano abitate da genti da sempre amiche e abituate a tessere relazioni di scambio tra le valli, ma ad inizio '900 si ritrovarono ad essere improvvisamente nemiche, nonchè oggetto di pesanti investimenti bellici.
Il sito www.agordino.it riporta con dovizia di informazioni gli scenari che condussero alla grande tragedia e che videro questa terra trasformarsi in un baluardo posto al confine con l'impero austroungarico. ''...Il Regno d’Italia individuò tre linee difensive principali: una Linea Rossa di rallentamento delle invasioni che si trovava a ridosso del confine nazionale; una Linea Azzurra o linea di resistenza arretrata; una Linea Gialla (l'Agordino) di massima resistenza, oltre la quale gli attacchi non dovevano assolutamente passare. Questa linea venne pesantemente armata. Era lo Sbarramento Cordevole di massima resistenza...''. Uno sbarramento che costrinse i soldati italiani a vivere per lunghi mesi in galleria, come i topi.
A partire dalla dichiarazione di guerra del Regno d’Italia (24 Maggio 1915), la Prima Guerra Mondiale instaurò nel Cuore delle Dolomiti uno dei più sanguinosi fronti dell’intero conflitto tra gli eserciti del Regno d’Italia e dell’Impero Austro-Ungarico.
Sul versante opposto, Austro-Ungheria e Germania fecero lo stesso. Pochi metri separavano gli ex-amici. Livinallongo, oggi in Agordino, era al tempo parte del Tirolo (e quindi dell’Impero Austro-Ungarico), perciò entrò nella Grande Guerra un anno prima del Regno d’Italia; a partire dal 31 Luglio 1914 i Fodomi, che con gli agordini della Val Cordevole, condividevano le stesse rocce, gli stessi usi, gli stessi costumi, dovettero contribuire, come tutti i tirolesi, a rimpolpare le fila dell’esercito austro-ungarico.
Le due milizie si contendevano il controllo della zona combattendo aspramente ed in condizioni proibitive lungo una linea che si estendeva dalla Marmolada al Lagazuoi (la citata “Linea Gialla”). A valle la guerra non era meno cruenta per le angherie che furono costrette a patire le popolazioni civili: le genti ladine della Valle di Fodom che avevano sempre intrattenuto relazioni con gli Agordini divenuti improvvisamente i nemici austriaci, erano attenzionate nel timore di informatori e disertori. I Fodomi vennero anche evacuati a piedi o in treno nel cuore del territorio austriaco, mentre ci si armava fino ai denti: più attrezzati gli austriaci, meno gli italiani, giunti anche dal Sud, con scarsi equipaggiamenti.
La guerra in Marmolada si caratterizzò da subito per le condizioni estreme in cui i soldati furono costretti a combattere: freddo (anche -40° C in inverno), fame, valanghe, frane, fulmini e tormente si aggiungevano a tutti i pericoli di ogni guerra. Era una guerra di posizione che straziava corpo e nervi.Mentre si cammina la guida spiega a cosa andarono incontro questi soldati. Nel dicembre 1916 una valanga enorme sommerse oltre 300 soldati austriaci arroccati nelle loro postazioni; nello stesso inverno, le perdite italiane per le valanghe furono oltre 200.
Per mantenere il controllo sui punti sensibili della Marmolada (picchi, valichi, forcelle) ci fu chi si lanciò in piani ambiziosi ed all’apparenza assurdi: tra i soldati italiani c'era anche il Maggiore Peppino Garibaldi, nipote di Giuseppe l’Eroe dei Due Mondi,che pensò di planare con il contingente italiano sul nemico per mezzo di un pallone aerostatico dopo aver risalito la parete sud della Marmolada dalla Val Ombretta. "La cosa assurda fu che realmente gli fu consegnato il materiale per realizzare il pallone, anche se l’idea venne da subito abbandonata" si legge nel sito www.agordino.it che ha ben ricostruito questa pagina di storia.
Non meno visionario il Tenente austriaco Leo Handl, che comandava la Compagnia Begführer. Nel 1916 cominciò a concepire un’idea grandiosa e folle: la costruzione della “Città di Ghiaccio” [die Eisstadt].
Costruita da Kaiserjäger e Alpenschützen, la Eisstadt, inziata nel 1916, proteggeva una guarnigione di 300 effettivi austriaci e tedeschi dal fuoco italiano grazie ad un sistema di tunnel scavati nel ghiaccio della lunghezza di 12 chilometri. Aveva vie ispirate a Vienna, alle sue piazze e ai suoi caffè. Agli Austriaci serviva per garantirsi il continuo rifornimento di armi e viveri di cui i soldati necessitavano attraverso la celebre “Forcella V” della Marmolada, il punto più alto, poco sotto Punta Penia: da lì si entrava nelle viscere senza camminare in superficie. Le gallerie, 2,5 metri di larghezza e 2 metri d’altezza, vennero scavate a mano dai soldati austriaci : 6 metri al giorno riempiendo crepacci, fino a 50 metri di profondità dalla superficie. Nella primavera del 1917 era pronta a dare alloggio a centinaia di soldati: aveva cucine, ricoveri, sale ufficiali, magazzini, bunker, postazioni per armamenti pesanti in gallerie che si estendevano su un dislivello di oltre 1000 m.
La Città di Ghiaccio permise all’esercito Austro-Ungarico di preservare le proprie posizioni fino alla Disfatta di Caporetto, nel novembre del 1917, quando gli italiani dovettero abbandonare la Marmolada ripiegando a valle.
Oggi cippi, cimiteri e monumenti alla memoria ricordano le migliaia di vittime della Grande Guerra e quella complessa opera che sparì completamente già nel 1922, inghiottita dai ghiacci della Marmolada, ma il ritiro dei ghiacciai continua a restituire reperti, raccolti ed esposti al Museo Marmolada Grande Guerra 3000M a Punta Serauta (ne parliamo > qui)
Rocca Pietore, realtà amministrativa che fino al 1806 fu governata dalla Magnifica Comunità di Rocca Bruna, tiene viva la memoria del sacrificio di tanti uomini in battaglia, ma anche di questa forma di autogoverno, in vigore dal periodo longobardo. Molto sentite anche le tradizioni legate alla cultura Ladina dolomitica che si rinviene nella parlata locale (ci sono almeno tre tipi di dialetto ladino diversi). Anche la cucina locale è simile a quella tirolese con i canederli che qui si chiamano ''balote'' e di solito vengono proposti con lo speck gli spinaci e la ricotta, e poi i dolci delle feste come i Kaiserschmarren, frittate fritte a spirale accompagnate dalle marmellata di mirtilli rossi.
Abbiamo assaggiato questi dolci, chiamati anche più semplicemente "Fortaie" (ovvero 'frittate') al Rifugio Padon al ritorno dalla nostra escursione. E qui abbiamo trovato la calda atmosfera del tipico rifugio dolomitico: i gestori sono cordiali e accoglienti e la loro proposta menù molto ben assortita.
Il rifugio è anche punto di approdo dei bikers e la giusta ricompensa dopo la camminata.
Oggi Rocca Pietore pensa a come sviluppare il turismo nelle sue numerose frazioni dai caratteristici fienili trasformati in affascinanti abitazioni, senza dimenticare la sua storia e le sue antiche tradizioni, ripartite dopo la Guerra, quando finalmente le sue genti poterono riabbracciare anche con i Fodomi.
Il Comune raggruppa numerose frazioni con i caratteristici fienili, sempre più spesso trasformati in seconde case. Una delle frazioni, Bramezza, ha un solo abitante, o meglio due: il sig. Costante e il suo gatto.
Il signor Costante con il suo gatto: abitano da soli a Bramezza, una delle frazioni di Rocca Pietore
Una passeggiata in bici o a piedi verso Bramezza ripaga di una vista incantevole sul Civetta e sul Lago di Alleghe che dista a pochi chilometri da Rocca Pietore.
info@marmolada.com
www.visitmarmolada.com
Tel: 0437-722277
Autore: Corona Perer
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