La natura incontaminata di Giuseppe Carta
La casa dell’artista dal 2001 è sede della Fondazione Logudoro Meilogu
di Paola Cassinelli - Oltre al fascino di una natura incontaminata, ai profumi intriganti, ai colori seducenti e ad una flora e fauna selvaggia e avvincente, la Sardegna detiene un numero rilevante di artisti e artigiani che sanno fondere con maestria la creatività e l’originalità personale con le tradizioni e le usanze locali, ottenendo risultati che amalgamano l’utile al bello.
Durante uno dei numerosi spostamenti dal mio “campo base” in Gallura, ho raggiunto un piccolissimo paese situato nella zona nord occidentale dell’isola, in provincia di Sassari: Banari.
Da tempo seguivo l’opera di un artista che mi affascinava per quella sua voglia di mostrare i dettagli della quotidianità attraverso l’arte pittorica e scultorea e quindi, dopo un rapido accordo telefonico, sono partita.
Prima di raggiungere la casa del maestro Giuseppe Carta ho girato per il piccolo paese ammirando decori sulle costruzioni in trachite rossa, tipica pietra del luogo. Entrando nella Chiesa parrocchiale di San Lorenzo, nonostante la presenza di un leggero degrado dovuto a infiltrazioni di umidità, mi sono appassionata alla storia dei questa chiesa costruita nel 1113, che ha subito interventi di ampliamento e restauro perfettamente individuabili, soprattutto nel Settecento e nell’Ottocento.
Ancora ignara di ciò che avrei potuto osservare mi sono recata alla dimora di Carta e appena oltrepassato il cancello ho visto uno splendido giardino dove piante vive e perfette ricostruzioni di elementi vegetali in bronzo, marmo o alluminio, si alternavano in interni ed esterni accuratamente allestiti.
Vengo accompagnata in casa e mentre il maestro mi racconta tappe della sua vita, ma soprattutto il fine della sua ricerca artistica che non vuole venga classificata iperrealista, mi parla delle continue sfide che ha deovuto affrontare negli anni, molto impegnative, ma certamente stimolanti.
I suoi numerosi viaggi in quasi tutto il mondo, sempre accompagnato, oltre che dalla sua riservata e getilissima signora, da qualche gigantesco elemento vegetale o da spenditi dipinti dagli effetti luministici e coloristici decisamente straordinari, non rappresentavano solo il successo, ma soprattutto la spinta a proseguire nella sua libera ricerca intellettuale.
Un chiacchierata di fronte ad un mirto artigianale e quindi il tour prosegue nel suo museo. Un museo nato all’interno di un’antica dimora nobiliare del 1200, Palazzo Tonca, costituita da numerose stanze distribuite su due piani collegate tra loro da stretti corridoi e diventata casa dell’artista nel 1985 e dal 2001 sede della Fondazione Logudoro Meilogu.
La magia di questo palazzo viene trasmessa al visitatore dalla perfetta conservazione di un’architettura che mantiene inalterate la storia e le vicissitudini del luogo unite al percorso artistico che Carta costruisce con le sue oltre cento opere tra dipinti, sculture e disegni preparatori. Un allestimento studiato e predisposto con cura per facilitare la comprensione del proprio lavoro, ordinato e organizzato con la precisione che si riscontra in uno spartito musicale.
E’ la musica, e soprattutto quella di Mozart, compositore aperto a tutti generi musicali, la musa ispiratrice di Carta, una musica che si confronta con i fondamenti della pittura di tutti i tempi: i bagliori dell’oro trecentesco, l’eleganza del Rinascimento, le luci e le trasparenze della pittura lombarda del Cinquecento e del Seicento, la leggerezza dei materiali ottocenteschi e Liberty, la metafisica degli oggetti che ricorda gli anonimi utensili delle nature morte di Giorgio Morandi.
Carta umanizza le sue composizioni e le impreziosisce grazie all’equilibrata distribuzione della luce che lascia trapelare impercettibili dettagli che vivacizzano e scuotono i suoi oggetti apparentemente inanimati.
La leggerissima consistenza dei vetri, degli intrecci dei cesti di vimini, dei fori di tarlo sul piano del tavolo sono solo minute chimere, miraggi, che raccontano un mondo in continua evoluzione non solo fisica, ma soprattutto emozionale.
Giuseppe Carta deve molto alla sua terra che gli ha insegnato il piacere dell’attesa, le pause pazienti che precedono il sopraggiungere dell’ispirazione, il silenzio che permette di ascoltare ciò che l’anima vuole comunicare o udire; Carta ha saputo fondere negli anni il clamore del successo con la tranquillità del suo paese, la Sardegna, territorio ancora in grado di permettere immersioni magiche in un natura inviolata.
Autore: Paola Cassinelli
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