www.giornalesentire.it
www.giornalesentire.it
Viaggi & Reportages

Lavarone rinasce il drago Vaia

di Katja Casagranda*

* Giornalista -  Come un essere mitologico il Drago di Vaia risorge dalle sue ceneri e si trasforma in Dragon Vaia Regeneration. A pochi giorni dall’inaugurazione ufficiale, lunedì 1 Luglio 2024, il grande nuovo drago, che si staglia verso il cielo dalla roccia sopra Magrè, ha già attratto un buon numero di curiosi e visitatori. A testimonianza, le tante foto apparse sui social, le stories di Instagram, gli scatti amatoriali e poi veri e propri servizi fotografici con tanto di drone e modella, magari pure in vesti gotiche e suggestive. Armati di ombrello e ventina, indifferenti a freddo e pioggia, lanciati in parcheggi selvaggi dribblando segnali di divieto e rimozione forzata, si è assistito ad una processione giornaliera.

L’operazione di ricostruzione è di quelle importanti. A partire dalla raccolta fondi scattata nel web, anche sulla suggestione dei tantissimi commenti lasciati l’indomani del grande falò che avvolse il Drago di Vaia oramai molti mesi fa.

Sull’onda emotiva della vicenda si sono mosse le istituzioni e, coinvolti molti partner privati e non con cui fare fronte comune, si è lavorato per riportare il drago al suo posto.  Ne è nato un drago totalmente differente dal primo.

Salendo a Magrè di Lavarone infatti la suggestione che suscita il profilo nero e maestoso che si staglia sullo sperone di roccia sopra l’abitato, è quello di un essere mitologico pronto a spiccare il volo e mostrare a tutti la sua magnificenza. Dai testi di antiche leggende prende vita, insomma, l’immaginario del Basilisco che con tutta la sua potenza volava in cielo, scuotendo la terra e spaventando le genti.

Nate con le radici degli alberi sradicati dalla forza della tempesta di Vaia le sculture di Martalar si ergono a simbolo di resilienza e patto fra uomo e natura. Tuttavia l’impressione è che Dragon Vaia Regeneration fa un passo ulteriore. Le radici intrecciate su una possente struttura metallica, che danno un senso dinamico e rifiniscono in dettaglio la scultura, annerite ed affumicate dal fuoco per amalgamarsi con i resti carbonizzati del drago bruciato nell’incendio, disegnano quello che appare come una minacciosa rivalsa. Una sorta di sfida.

Eppure il richiamo del drago è stato così forte che nei giorni precedenti l’inaugurazione, appeno il drago è stato messo in posa, trasportato in loco in grandi parti già assemblate con un importante dispiego di uomini e mezzi,  pure sotto la pioggia, a tratti sferzante, c’è stata una processione di visitatori. Chi attratto dal drago. Chi in cerca del selfie per i social. Chi a caccia della fotografia più suggestiva. Che il drago fosse foriero di suggestioni profonde lo si era capito subito.

Fra le varie sculture di Vaia dell’artista Martalar, infatti, è stato il Drago quello più ricercato, fotografato e visitato. Inoltre anche l’incendio, quell’atto in fondo così suggestivo e performativo nel momento in cui l’elemento fuoco intrinseco alla natura del drago, avesse decretato anche la sua fine, aveva lasciato una scia di mistero ma soprattutto di emozione. I social si erano riempiti di commenti carichi di pathos in cui si riversava su quella che è una scultura, significati mitologici e quasi magici. Il drago assumeva nelle testimonianze di chi lasciava un commento valore di custode, protettore, ponte fra umanità e natura, e forse anche ponte fra materiale ed immateriale.

Se da un lato tutta questa emozione è stata inglobata nell’operazione di attesa, con la posa di un uovo di drago scolpito sul luogo dell’incendio e ricostruzione dell’opera con la posa di Dargon Vaia Regeneration, dall’altro si apre lo spazio per un ragionamento antropologico e filosofico sulla società e sul nostro tempo.

Cosa fa sì che una scultura venga caricata di tanto significato simbolico? Da un lato abbiamo la società mordi e fuggi che deve avere la foto del drago di Vaia, lo deve toccare, guardare, avvicinare e fotografare per poi mostrare come trofeo sulla platea dei social, dove tutto scorre e si consuma in fretta, il tempo di uno scrollo sullo schermo del cellulare.

www.giornalesentire.it

Di contrappunto abbiamo la natura con le sue regole e i suoi ritmi, che non sono quelli della nostra società. L’ancestrale legame con forze primordiali che sono quasi soprannaturali. Il drago nella fattispecie è per sua natura un essere leggendario e mitologico, rasente la fantasia.
Quindi è possibile forse dire che il drago e il fascino di tante proposte cinematografiche legate a saghe e temi fantasy e leggendari, suppliscono al nostro bisogno di infinito?Quel sentire che c’è altro nella vita, che c’è di più di quel che posso toccare o possedere, quella vocina interiore che a volte il rumore di fondo della nostra società non riesce a zittire, fanno parte della natura umana. Checchè ne dica il nostro tempo che invece pretende di chiudere fuori dalla vita ogni anelito spirituale.

Sempre più si rincorre il materialismo, il pragmatismo e il qui ed ora, e sempre di più si spinge verso surrogati con cui mettere a tacere il nostro bisogno di infinito. Si apre così la porta a scienza che diventa dogma di fede o operazioni di marketing che soddisfano il bisogno di poesia, o ancora spettacoli di discutibile gusto che prendono il posto di ideali.

I Greci classici, culla della nostra società, già postulavano che l’uomo aspira al bello. Bello inteso come armonia, non certo come estetica vuota e magari pure contraffatta. Il bello è quel paradigma in armonia che propaga al cosmo l’equilibrio. Una sorta di risonanza che innalza le coscienze. L’amore è quell’energia che spinge verso tale bellezza. E lo si postulava nell’antica Grecia.

Se solo l’uomo, inteso come umanità, avesse memoria storica ed imparasse dai suoi errori!
Per certi versi il Drago di Vaia incarnava tutto questo. Protetto da telecamere Dragon Vaia Regeneration prende il testimone e aggiunge un nuovo tassello. Che non sia Hubris. Quel male tutto umano in cui l’uomo si sente al di sopra della natura.

Proprio in questi giorni un'altra opera di Martalar è stata soggetta all’energia della natura. L’Aquila di Marcesina si è spezzata un’ala, strappata dai forti venti che hanno sferzato la piana. Che sia un monito della natura?

Dragon Vaia Regeneration non è solo la scultura in legno più grande al mondo. Dalle ceneri di Magrè è nato anche un libro sulla leggenda costruita attorno al Drago di Vaia. Inoltre tutto il lavoro di progettazione e costruzione dell’opera è stato ripreso da telecamera per trasformarsi in un ulteriore progetto. Sentore del nostro tempo che trasforma e plasma in materia ogni possibilità. Un dispiego di forze in campo per una operazione di richiamo e marketing del territorio, come forse troppe se ne vedono in giro oggigiorno.

foto: APT Alpe Cimbra

 

L’analisi - quindi - va verso il presente e la nostra società.
E’ davvero necessario oggi passare attraverso un drago di legno per trovare se stessi, il proprio legame con la natura, la propria porta verso l’infinito, la via verso casa? E’ davvero ad una scultura, sicuramente suggestiva e nata con le migliori intenzioni, che si vuole affidare il proprio viaggio verso l’infinito?

Si legge in Esodo che quando Mosè era salito al cospetto di Dio che gli consegnò le tavole della legge, il popolo orfano di guida costruì una statua zoomorfa da venerare. Come dire che l’umanità ha necessità di qualcosa in cui credere e a cui aggrapparsi. Fa parte della nostra natura. Reprimere tale bisogno o negarlo non lo elimina, lo devia o peggio, lo regala a chi ne approfitta.

Il Drago di Vaia ha scoperchiato per certi versi questo Vaso di Pandora, questo grido di aiuto di una società in cerca della sua bellezza, in un mondo dove la bellezza è offuscata e l’amore è un bene così prezioso e raro che va cercato, difeso e coltivato con tutte le forze di cui si dispone.

Il Drago di Magrè ci ha davvero parlato offrendoci l’occasione per guardarci allo specchio e ritrovare la via di casa. Ma il drago è solo la leva in quanto lo sforzo poi dev’essere personale. E in fondo l’arte non ha forse proprio il compito di far vibrare qualcosa dentro noi? Di toccarci e smuoverci nel profondo? Cosa farne poi di questo stimolo dipende da ciascuno di noi.

Katja Casagranda
27 giugno 2024

www.giornalesentire.it - riproduzione riservata*

Commenti (0)