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''Le bugie di Chico''

Innocente? Un libro di Marco Strano smonta le tesi

Si intitola “Le Bugie di Chico – l’ergastolano che ci ha ingannati per vent’anni”. Il libro, edito da “La Bussola'' è gratuito in formato e-book, ed è stato scritto da di Marco Strano. Presentato non senza polemiche a Trento il 3 ottobre 2024, offre una luce diversa su uno dei casi giudiziari più dibattuti degli ultimi
anni, la vicenda di Chico Forti, condannato all’ergastolo negli Stati Uniti.

Marco Strano è criminologo e direttore del Dipartimento di Psicologia Militare e di Polizia. Il suo lavoro, frutto di una ricerca condotta con un team interdisciplinare, smonta le tesi innocentiste che per anni hanno cercato di dimostrare l'estraneità di Forti ai crimini per i quali è stato condannato. Attraverso un'analisi rigorosa, il criminologo dimostra come la condanna dell’imprenditore trentino sia giustificata e sostenuta da prove schiaccianti. A rendere ancora più autorevole l’opera è la prefazione firmata dal generale Luciano Garofano, già comandante del RIS di Parma e figura di primo piano della criminologia italiana. Garofano attesta il rigore
scientifico del lavoro di Strano, sottolineando l'importanza della ricerca per far luce su una vicenda che ha diviso l'opinione pubblica per oltre due decenni.

Strano non si limita a esaminare i dettagli investigativi e giuridici della vicenda, ma offre una riflessione più ampia sul rapporto tra giustizia, media e opinione pubblica, evidenziando i rischi legati alla disinformazione e alle campagne mediatiche che possono distorcere la percezione di casi complessi. Dopo anni di raccolte fondi e appelli a favore di Chico Forti, Marco Strano propone una visione controcorrente, sicuramente destinata a far discutere, ma supportata da un’attenta revisione dei fatti e da evidenze oggettive.

Su questo libro e sulla successiva presentazione a Rovereto, ospitiamo il commento di Gloria Canestrini, già avvocato del Foro di Rovereto.


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LA GIUSTIZIA E' NEGOZIABILE?

di Gloria Canestrini

Colgo lo spunto offerto dalla presentazione a Rovereto del libro “Le bugie di Chico: l'ergastolano che ci ha ingannato per vent'anni” per fare qualche considerazione sull'importante attività investigativa che sta alla base di questo caso.
L'autore del libro “Le bugie di Chico”, edito da La Bussola è lo psicologo e criminologo Marco Strano, direttore del Dipartimento di Psicologia Militare , considerato uno dei massimi esperti  di psicologia connessa all'attività di polizia.

Nel linguaggio corrente, proprio anche delle serie televisive, Strano potrebbe anche essere definito un “profiler”, ossia quel tipo di criminologo che si occupa di tracciare, sulla base di riscontri oggettivi,  il profilo del colpevole per facilitarne l'identificazione.

In una Sala Filarmonica gremita all'inverosimile (quanto è difficile e raro ormai convincere le persone a uscire di casa dopo cena!) Marco Strano ha illustrato passo passo e con un'ampia rosa di dettagli, le tappe investigative che hanno condotto lui e il suo team romano (con frequenti riunioni e confronti con gli apparati americani che a lungo si sono occupati della soluzione del caso di omicidio del giovane Dale Pike) a fare piena luce sulle responsabilità penali del Forti, condannato in via definitiva dalla magistratura americana, ma per molti anni protagonista di una massiccia campagna innocentista.

Il dato interessante emerso dalla serata è il proposito dichiarato dal relatore di non voler contrapporre una tesi all'altra, quasi che innocentisti e colpevolisti fossero due schieramenti in gara, né quello di perseguire e additare Forti, circoscrivendo l'interesse investigativo a questo unico scopo. Il tema, a ben vedere, è molto più ampio. La vera protagonista della serata è stata la ricerca della verità e quanto tale ricerca oggi possa essere offuscata o addirittura combattuta dal potere dei media e, financo, dal potere politico.

L'imprenditore Forti, trapiantato a Miami, in contatto con l'ambiente della truffe e della malavita organizzata, al suo rimpatrio in Italia grazie a pressioni e accordi politici tra governi, è stato accolto, lo ricordiamo, con tutti gli onori dalla presidente del Consiglio Meloni. Accompagnato da un fitto battage giornalistico, che per proclamare la sua innocenza ha additato il caso come palese “errore giudiziario”, fino ad accusare i poliziotti e i giudici di Miami di aver operato illecitamente al fine di incastrare il nostro connazionale, i resoconti circa l'accoglienza governativa con picchetti d'onore sono spariti dalle cronache con notevole, generale imbarazzo.

Anche a Rovereto ce ne siamo accorti, allorché, da un giorno all'altro, il grande striscione affisso alla cancellata del Municipio, recante la scritta “Giustizia e verità per Chico Forti”  è stato prontamente rimosso.

Cosa è accaduto? Detenuto a Verona dopo il suo arrivo, il nostro eroe non ha avuto niente di meglio da fare che avvicinare un personaggio vicino ai clan, con la richiesta di eliminare fisicamente i giornalisti Marco Travaglio e Selvaggia Lucarelli, rei di conclamato scetticismo di fronte alle sue pretese di innocenza. Sembra che una simile iniziativa, nei confronti di giornalisti americani, l'avesse già sperimentata nelle carceri americane.

Da lì l'opinione pubblica è stata, per così dire, meno propensa alla manipolazione mediatica e le voci investigative  come quella di Marco Strano e dei suoi collaboratori hanno avuto più ascolto e facilità a dimostrare che la condanna di Forti è avvenuta a fronte di prove schiaccianti.

Certosino il lavoro di Strano: le menzogne, i tentativi di depistaggio, le accuse di malafede rivolte agli inquirenti sono stati accuratamente esaminati con un'attenta revisione dei fatti, che ha condotto a un'evidenza di colpevolezza e alla riabilitazione dell'operato degli investigatori. Tutto bene, quindi? Non proprio, ed è questo l'altro lato interessante uscito dalla serata dello scorso 18 novembre alla Sala Filarmonica di Rovereto.

Anni di raccolte fondi e di appelli “pro Chico” hanno lasciato un segno e strascichi tangibili. Ci sono state delle minacce, ai danni dello stesso Marco Strano e della grafologa giudiziaria Cristina Sartori, presente all'incontro. Minacce, come ci hanno raccontato,  volte a tacitarli.
Altro aspetto: sono molti i soldi raccolti nel corso della campagna innocentista sulla cui destinazione va fatta assoluta chiarezza. Qualcuno, pare, comincia anche a reclamare le consistenti donazioni in denaro fatte per Forti.

Chiarezza che va fatta anche e soprattutto riguardo al rapporto tra gli operatori della giustizia, i media e la politica, perché nessuno può essere condannato o assolto per volontà di governo.

Ricordo di aver fatto queste considerazioni nel corso di un tumultuoso Consiglio Comunale a Rovereto, nel 2021, quando il governo cittadino aveva deciso di esporre il famoso striscione innocentista sulla cancellata del Municipio, di cui parlavo poc'anzi. Mi trovai ad essere la sola ad elevare dagli scranni del consesso cittadino questo invito alla corretta informazione. Alla prudenza, se non altro. Finì quasi in rissa, nonostante avessi enucleato, per deformazione professionale, tutti gli elementi di prova di cui ero a conoscenza all'epoca.

L'attitudine a negare l'evidenza per partito preso, per ragioni di opportunità o di appartenenza, mi fece paura allora e me ne fa anche adesso.

Seguendo questo orientamento, la giustizia diviene un'attività di convenienza negoziabile, la verità documentale una semplice opinione in mezzo a possibili altre, la ricerca  probatoria una maligna finalità volta a incastrare qualcuno. Il processo stesso potrebbe essere considerato un'attività illecita.
E' un paradosso?  Certamente, bisogna augurarselo.

Gloria Canestrini

 

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