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Julian Assange: il mio reato? Il giornalismo

Era colpevole... di verità

E' ricomparso in pubblico per dire qualcosa che deve fare riflettere soprattutto chi crede di fare il giornalista: faremo un nome per tutti: Parenzo. Che prenda appunti da quel che Assange  ha detto in queste ultime ore.

“Voglio essere assolutamente chiaro: oggi sono libero non perché il sistema abbia funzionato. Oggi sono libero perché mi sono dichiarato colpevole di giornalismo. Mi sono dichiarato colpevole di aver cercato informazioni da una fonte. Mi sono dichiarato colpevole di aver ottenuto informazioni da una fonte. E mi sono dichiarato colpevole di aver informato il pubblico su che cosa queste informazioni dicessero. Non mi sono dichiarato colpevole di nessun'altra cosa”.
Julian Assange

 

I dettagli del suo patteggiamento sono ora noti. Ha scelto la vita e ha fatto bene. Si è dichiarato colpevole di ciò ...che non ha fatto e lo ha fatto nel momento in cui ormai tutto il mondo aveva capito che nessun reato poteva essere equiparato al lavoro di chi ha solo informato.

Assange si è dichiarato colpevole di una delle 18 accuse: violazione della legge sullo spionaggio; il tribunale ha tenuto conto della pena scontata dal fondatore di WikiLeaks e ha deciso che non era necessaria la sua ulteriore reclusione.

Ad Assange è stato chiesto l'impegno di incaricare WikiLeaks di distruggere i dati segreti americani. Secondo i termini dell’accordo, ad Assange è vietato recarsi negli Stati Uniti senza permesso.

Assange aveva lasciato il tribunale tra gli applausi. È volato a Canberra, in Australia, suo paese natale. Per lasciare la Gran Bretagna gli è stato messo a disposizione un jet privato....che ha dovuto pagare: 520mila dollari costa il volo charter da Londra all'Australia.

L'avvocato di Assange Barry Pollack ha dichiarato “Assange ha rivelato informazioni importanti; Si chiama giornalismo" ed ha aggiunto che l'incriminazione di Assange costituisce un precedente spaventoso, ma anche che le attività di WikiLeaks continueranno.

"Il team legale di Assange ha agito nel migliore interesse del proprio cliente, con l’obiettivo di salvargli la vita, data la gravità delle sue condizioni di salute mentale e fisica. Era improbabile che avrebbe potuto resistere a ulteriori vicissitudini lungo i vari gradi della giustizia britannica - commenta  Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia. "Pertanto, questa decisione è stata la migliore. Tuttavia, resta il fatto che questa persecuzione giudiziaria da parte degli Stati Uniti, senza precedenti e con la complicità di altri stati, non avrebbe mai dovuto iniziare. Rimane il messaggio minaccioso nei confronti di chi vorrà seguire l’esempio di Assange, rivelando informazioni su crimini di guerra di rilevanza e interesse pubblico. Il messaggio è chiaro: attenzione a ciò che fate".

Per noi Assage è un eroe e un martire del giornalismo. IL GIORNALISMO NON E' REATO.
In questa pagina le ultime battute della vicenda (recentissima la sentenza del 20 aggio 2024) e l'accorato appello della moglie durante la prigionia. Ora chiede il sostegno per il pagamento del jet. Non avevano altra scelta che accettare.

Vergognose le reazioni di alcuni giornalisti italiani (Parenzo e compagni) del cosiddetto Mainstream: secondo loro Assange non è mai stato un giornalista. Si potrebbe dar anche ragione: di certo non assomiglia a loro. Lui ha informato. Loro disinformano.


www.giornalesentire.it
2 ottobre 2024

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Julian Assange, colpevole di verità

20 maggio 2024 Assange potrà ancora appellarsi contro l’estradizione negli Usa. La decisione dell’Alta corte di Londra di garantire a Julian Assange la possibilità di appellarsi contro l’estradizione negli Usa, è una buona notizia.

“Una rara buona notizia per Assange e per tutti coloro che difendono la libertà di stampa - commenta il consulente legale di Amnesty International, Simon Crowther - ''L’Alta corte ha correttamente concluso che, in caso di estradizione negli Usa, Assange rischierebbe gravi violazioni dei diritti umani come l’isolamento prolungato, in contrasto col divieto di tortura e altri maltrattamenti”.

Infatti il tentativo degli Usa di processare Assange mette in pericolo la libertà di stampa nel mondo e ridicolizza gli obblighi di diritto internazionale degli Usa e il loro conclamato impegno in favore della libertà d’espressione.

''Col tentativo di metterlo in prigione, gli Usa stanno inviando un messaggio chiaro: non hanno rispetto per la libertà d’espressione e minacciano i giornalisti ovunque nel mondo, che potrebbero essere presi di mira a loro volta, solo per aver ricevuto e diffuso informazioni riservate e pur avendolo fatto in nome dell’interesse pubblico”.

Simon Crowther ha concluso dicendo: ''Chiediamo agli Usa di porre finalmente termine a questa vergognosa saga, annullando tutte le accuse nei confronti di Assange. Questo significherebbe fermare il procedimento giudiziario negli Usa e la libertà di Assange, che ha già trascorso cinque anni in carcere”.

Il giornalismo non è un reato: Julian Assange deve essere liberato. Assange ha già trascorso quasi cinque anni nella prigione londinese di massima sicurezza di Belmarsh, dove è detenuto in attesa di giudizio dall’aprile 2019.

 

Se estradato, Assange potrebbe andare incontro a decenni di carcere e rischiare l’isolamento prolungato in una prigione di massima sicurezza, dotata di servizi medici inadeguati. La sua salute e il suo benessere non potrebbero essere minimamente garantiti, dato che gli Usa già non rispettano i diritti umani di decine di migliaia di persone attualmente lì detenute. Assange ha già trascorso cinque anni in carcere del Regno Unito, per buona parte di questo tempo in modo arbitrario.

La pubblicazione da parte di Wikileaks di documenti rivelati all’organizzazione da altre fonti rientra nella condotta che i giornalisti investigativi possono legalmente tenere nell’ambito della loro attività professionale.

Le accuse di spionaggio e di frode informatica contro Assange sono motivate politicamente e violano il diritto alla libertà di espressione. Inoltre, possono avere una grave ricaduta sulla libertà dei media a livello globale, spingendo giornalisti ed editori ad autocensurarsi per evitare il rischio di denunce. Il giornalismo non è un reato.

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Julian Assange, colpevole di verità

Julian Assange, colpevole di verità. E' la prima persona incriminata ai sensi della Legge sullo spionaggio per aver pubblicato informazioni: rischia fino a 175 anni di carcere. Lui dell'Afghanistan aveva svelato le atrocità.
La moglie di Julian Assange, Stella Morris, quando intervenne al Festival Internazionale del Giornalismo di Perugia  ebbe parole molto dure verso i giornalisti occidentali. Riteniamo che ne avesse tutte le ragioni.
Ecco quel che ha detto:


“Gentilissime/i giornaliste e giornalisti,
siamo qui, al vostro Festival Internazionale del Giornalismo, per parlarvi di un vostro collega, rinchiuso in condizioni terribili solo per aver fatto il suo lavoro di giornalista investigativo, denunciando le malefatte e i segreti inconfessabili di governi e potenti.
Stiamo parlando, naturalmente, di Julian Assange.
In questi drammatici giorni, riempiti di immagini di distruzione, di morte e di disperazione in Ucraina, vi vediamo tutti intenti a denunciare eccidi e crimini di guerra. Proprio ciò che Julian Assange ha dedicato la sua vita a svelare e a castigare.
Con una differenza, però. Voi svelate e castigate i crimini di guerra della Russia, paese che il governo statunitense ha qualificato di “nemico”. Il vostro è dunque un lavoro giornalistico “al servizio della verità”, come amate proclamare – ma di una VERITÀ COMODA.
Assange, invece, ha svelato e castigato i crimini di guerra della NATO in Afghanistan e in Iraq – quelli di cui il governo statunitense ha detto che non bisognava parlare e sui quali la Corte Penale Internazionale non deve indagare. Il lavoro giornalistico di Julian, dunque, è stato anch’esso “al servizio della verità” – ma di una VERITÀ SCOMODA..
Talmente scomoda che il Dipartimento della Giustizia statunitense considera la diffusione di quelle verità meritevole di fino a 175 anni di carcere ai termini dell’Espionage Act del 1917.
MA DOVE ERAVATE VOI, allora, mentre Julian Assange denunciava i crimini di guerra commessi dall’Occidente in Afghanistan e in Iraq?
Non abbiamo visto la solerzia e l’indignazione che oggi mostrate nei confronti della Russia, quando a commettere le barbarie eravamo noi (i buoni, i democratici). Non abbiamo visto né dirette né maratone per gli orrori che noi e i nostri alleati abbiamo commessi in passato in Afghanistan, in Iraq, in Libia e oggi in Siria, in Palestina, nello Yemen e nel Sahel.
C’è stata, però, una persona che, quasi in solitaria, ha osato denunciare questi orrori, portando alla luce del sole molteplici crimini – comprese torture che fanno venire la nausea solo a sentirle nominare – commessi da noi, i buoni. Questa persona ha addirittura costruito un sito ingegnoso, Wikileaks, per poter raccogliere anonimamente le prove dei crimini commessi. Ed è per questo che quella persona è perseguitata, dagli Stati Uniti, sin dal 2010, quando pubblicò il famoso video “Collateral Murder”, quel macabro video game.
Dal 2012 Assange è privo della sua libertà e dall’11 aprile del 2019, è rinchiuso in attesa di giudizio in un carcere di massima sicurezza, destinato agli autori di delitti efferati, dove subisce le torture denunciate dal relatore ONU Nils Melzer e da oltre 60 medici esperti in torture.
E voi? Voi, da quale parte state?
Dopo aver attinto a piene mani dalle sue rivelazioni, almeno in un primo tempo, non potete pronunciare oggi una sola parola in difesa di Julian Assange? Dopo aver contribuito alla sua demolizione mediatica agli occhi dell’opinione pubblica, non potete spendere oggi una sola parola per riabilitarlo? Ad esempio, informando i vostri lettori – che hanno letto i vostri articoli accusando Assange di stupro – che si era trattata di una montatura ormai archiviata?
Non potete dare rilievo al piano della CIA, rivelato da Yahoo News, di rapire Assange o di ucciderlo? E biasimare poi la sua estradizione in un paese che ha pensato di assassinarlo?
Non potete spiegare ai vostri lettori che non esiste una sola rivelazione di WikiLeaks che sia risultata falsa, non c’è una sola rivelazione che abbia messo a repentaglio la sicurezza di un Paese o quella di un individuo. L’unica sicurezza che è stata messa in discussione è stata quella dell’Occidente di poter continuare a commettere crimini di guerra impunemente.
Non sono questi “fatti di rilievo” di cui sentite l’obbligo di scrivere, per rispetto della vostra professione?
Il prossimo 20 aprile, la ministra degli interni britannica Priti Patel si troverà sul suo tavolo l’ordine di estradizione di Assange verso gli Stati Uniti, che lo vogliono condannare fino a 175 anni di carcere duro: non potrà più vedere né familiari né gli avvocati, in pratica verrebbe sepolto vivo. Un vostro collega, sepolto vivo per aver fatto il suo lavoro di giornalista investigativo: non vi turba questo pensiero?
È tempo che prendiate le sue difese e chiediate la sua liberazione. Lo dovete a noi, a tutti i cittadini di oggi e a quelli di domani, perché se Julian Assange verrà estradato o se dovesse morire prima in carcere, sarà la morte anche dell’informazione libera, la morte del nostro #DirittoDiSapere cosa fanno realmente coloro che ci governano.
Un’ultima parola. Se Julian non sarà liberato, neanche voi sarete liberi. Se domani voi venite in possesso di informazioni segrete che rivelano crimini di guerra commessi da uno Stato della NATO, ricordando Julian vi sentirete costretti a cestinare quelle informazioni e a lasciar impunite le persone implicate. In una parola, vi sentirete costretti ad una vita di complicità.
E’ dunque anche per la VOSTRA libertà che vi chiediamo di intervenire a favore della liberazione di Julian Assange”.
 

Il caso Assange  inizia nel 2007 quando comincia a svelare gli orrori Usa in Iraq e Afghanistan grazie al coraggio di Chelsea Manning, all'epoca sul teatro di guerra, che passa a Wikileaks i rapporti su uccisioni e torture.

La decisione della Corte suprema del Regno Unito di negare a Julian Assange la possibilità di ricorrere contro una precedente decisione dell’Alta corte che ne autorizzava l’estradizione negli Usa è, secondo Amnesty International, un colpo alla giustizia e allo stesso Assange.

La decisione della Corte suprema è una brutta notizia per la libertà di stampa poiché conferma la deriva intrapresa dagli Usa di processare per spionaggio chi pubblica informazioni.

''Pretendere che gli stati, come in questo caso il Regno Unito, estradino persone che hanno diffuso informazioni riservate di interesse pubblico rappresenta un pericoloso precedente che dev’essere respinto. Gli Usa devono immediatamente annullare le accuse contro Assange”, ha sottolineato Julie Hall, vicedirettrice delle ricerche sull’Europa di Amnesty International.

La richiesta di estradizione da parte degli Usa si basa su accuse riferite direttamente alla pubblicazione di informazioni riservate da parte di Assange nell’ambito del suo lavoro con Wikileaks.  Pubblicare informazioni che sono di interesse pubblico è una pietra angolare della libertà di stampa e del diritto dell’opinione pubblica a conoscere le malefatte dei governi. È un’attività protetta dal diritto internazionale che non dovrebbe mai essere criminalizzata.

Se estradato negli Usa, Assange potrebbe affrontare 18 capi d’accusa: 17 ai sensi della Legge sullo spionaggio e uno ai sensi della Legge sulle frodi e gli abusi informatici. Potrebbe anche rischiare gravi violazioni dei diritti umani tra cui condizioni detentive, come l’isolamento prolungato, che potrebbero equivalere a maltrattamento o tortura. Assange è il primo soggetto editoriale a essere stato incriminato ai sensi della Legge sullo spionaggio.

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