Loredana Cont va in pensione
Due vite: una in Comune e una in teatro e tutte due effervescenti
Quarantadue anni da impiegata in Comune e una seconda vita da attrice. Loredana Cont, va in pensione . Nata in Svizzera, e poi rientrata nel suo Trentino ha iniziato giovanissima a scrivere testi teatrali, tutti di genere brillante, in dialetto trentino, che sono stati tradotti in numerosi altri dialetti regionali e vegono portati inscena in tutti i teatri d’Italia. Da una decina di anni è l’autore più rappresentato in Trentino: secondo i dati della SIAE nel 2011 i suoi testi sono stati rappresentati in Italia 290 volte. Ha recitato in varie compagnie teatrali ottenendo numerosi premi dalla critica e dal pubblico, sia come interprete che come autrice.
Suoi testi sono recitati in sloveno, in portoghese, in tedesco: la traduzione di “L’eredità de la pora Sunta” è diventato “das Testament von Tante ViKtoria”. All’estero sono recitati dalle comunità di origine trentina; in aprile 2012 la compagnia “Anima Trentina” di Nova Trento (Brasile) ha proposto al teatro Cuminetti la commedia “L’usel del marescial” in un simpatico dialetto trentino impreziosita dall’inflessione dalla musicalità tipiche della cadenza brasiliana. Lei il teatro lo ha dentro, mentre il Comune l'ha finalmente messo fuori e ci racconta qui la sua prima vita e anche la sua "doppia vita".
D.: Cosa facevi in Comune?
R.: Come direbbe la gente comune “fevo le carte”. Ma non ero una chiromante. Mi occupavo di edilizia privata: tutto quello che riguarda le concessioni edilizie con tutto quello che c’è prima e dopo. Hai provato a costruire, o anche solo a ristrutturare, o anche solo a encolorir la ringhiera di casa? Prova e mi saprai dire quante “carte” prima dopo e durante!
D.: Hai sempre fatto lo stesso mestiere?
R.: Salvo un breve periodo in un altro ufficio, sì. Edilizia, anche se dal 1998 ho avuto a che fare soprattutto con i cittadini stranieri relativamente alle attestazioni di idoneità alloggiativa. Hai capito qualcosa No? Immagina uno che non parla bene la lingua…
D.: Come ti sei trovata?
R.: Molto bene. Ho un occhio di riguardo per gli stranieri, sarà perché sono nata in Svizzera, figlia di emigrati. Ho sempre fatto di tutto per rendere loro il percorso burocratico il meno difficoltoso possibile e ci sono riuscita, grazie anche all’appoggio dei miei superiori. Comunque anche con i cittadini di Rovereto e con i tecnici, in questi quasi 42 anni, ho instaurato un rapporto di reciproca fiducia
D.: Ritieni di aver dato il meglio di te come impiegata o come attrice?
R.: Io penso che chi mi ha frequentata in ufficio, e ha dovuto districarsi fra progetti, permessi, pareri, marche da bollo e quant’altro, abbia di me un buon ricordo, quindi direi che ho svolto il mio lavoro in maniera egregia.
D.: La cosa che ti risultava più difficile?
R.: Mi risulta difficile accettare il fatto che tutto diventa sempre più complicato per il cittadino, ma anche per gli stessi dipendenti dell’ente pubblico. Una volta molti intoppi si risolvevano con una telefonata, adesso il buon senso non è più ammesso. Troppa burocrazia. Questo esaspera tutti, dai i cittadini a chi lavora nell’ente pubblico: spesso dobbiamo applicare percorsi tortuosi che non condividiamo. Ma è così.
D.: E quella più facile?
R.: Parlare con la gente. Chi mi vedeva in teatro mi diceva “la è stessa de quando la è en ufficio” e chi mi vedeva in comune diceva “la è stessa de quando la fa comedie!”
D.: La domanda più strana?
R.: Una volta ho spiegato a una signora di Noriglio: “La deve far la domanda su sto modulo con na marca da bol. Ma la deve averghe anca l’autorizzazione della Tutela del Paesaggio”. E’ uscita dal mio ufficio soddisfatta delle spiegazioni avute. Un attimo dopo è rientrata: “La me scusa, no ho ben capì…. L’autorizzazion della Putèla de chi?”
D: L'episodio più buffo?
R.: Quindici anni fa, ad inizio agosto, sono arrivata in ufficio e, accanto al mio ficus, c’era un serpente!! Dato il posto in cui è collocato l’ufficio tecnico, siamo abituati a ragni di tutte le forme e dimensioni, cavallette che possono far concorrenza all’elicottero della protezione civile, qualche innocuo topolino (il classico topo d’ufficio), ma il serpente al primo piano ancora ci mancava! E’ arrivato l’erpetologo dal Museo Civico per catturarlo docilmente senza allarmare gli animalisti, e mi ha detto che la bestiola era una natrice. Lei natrice e io n’attrice. Forse era arrivata nel posto giusto
D.: 42 anni qual è stato il più difficile, il primo o l'ultimo?
R.: Il primo giorno di lavoro è stato un giorno di gioia infinita. Quasi non ci credevo di aver vinto il concorso e trovato lavoro. L’ultimo giorno di lavoro è stato agrodolce. Contenta del traguardo raggiunto ma anche consapevole che adesso si gira pagina. Mi mancheranno i miei colleghi. A chi racconto adesso le barzellette? A mio marito? Non è una platea sufficientemente ampia…
D.: Quanti sindaci hai conosciuti in 42 anni?
R.: Tanti e ho avuto buoni rapporti con tutti. Sarà che ero giovane, e ne eravamo tutte un po’ innamorate de sto bel’om biondo, ma mi ricordo come buon sindaco Pietro Monti. Che prima de restar pelà l’era biondo.
D.: Come investirai il TFR?
R.: Entant vardem de ciaparlo! Che con queste leggi sulle pensioni, niente è mai certo. L’unica cosa certa in Italia sono i vitalizi.
D.: Ora cosa farai?
R.: Vorrei fare tutto al rallentatore, meno di corsa. Dedicarmi a scrivere, poi, salute permettendo, continuerò a fare i miei spettacoli.
D.: Prima cosa del primo giorno di pensione senza sveglia...come ti immagini?
R.: Mi alzerò all’una del pomeriggio, probabilmente un po’ rimbambita e con il mal di testa, perché il primo giorno di pensione è il primo gennaio e quindi, come tutti i comuni mortali avrò diritto di festeggiare l’ultimo dell’anno o no?
Autore: Segreteria di Redazione
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