Malattia di Huntington, il ruolo della proteina PRMT6
La sua attività è legata alla quantità delle vitamine B9 e B12 nell’organismo
La Malattia di Huntington è un’affezione ereditaria del Sistema Nervoso Centrale che determina una degenerazione dei neuroni dei gangli della base e della corteccia cerebrale. L'individuo compie movimenti involontari patologici, mostra gravi alterazioni del comportamento e va incontro ad un progressivo deterioramento cognitivo. L’incidenza epidemiologica della malattia è stata calcolata di circa 1 caso ogni 10.000. In Italia, le persone malate ammontano a 6.000 casi circa con almeno altri 12.000 soggetti a rischio di presentare la malattia.La probabilità di ereditare il gene della corea da un genitore malato è infatti del 50%.
E' una malattia rara e quindi la ricerca è preziosa. Uno studio internazionale sulla patologia genetica neurodegenerativa, coordinato dall’Università di Trento, identifica il ruolo fondamentale di una proteina (PRMT6) nel garantire la capacità di trasporto delle cellule nervose e quindi la salute dei neuroni.
Il team di ricerca ha identificato il suo ruolo fondamentale nel garantire la capacità di trasporto dei neuroni lungo le strade che attraversano le cellule nervose: l’huntingtina è la proteina che regola il traffico.
Il gruppo di ricercatori e ricercatrici ha quindi indagato come ripristinare la funzionalità della huntingtina e ha osservato i vantaggi prodotti dall’aumento di un enzima (PRMT6) la cui attività dell’enzima è legata alla quantità delle vitamine B9 e B12 presenti nell’organismo umano.
''Sarà interessante misurare il livello di vitamine B9 e B12 nei pazienti con malattia di Huntington e testare sia in vitro che in vivo se l’aumento dell’assunzione di vitamine in neuroni possa aumentare la metilazione dell’huntingtina e quindi il suo corretto funzionamento. È ciò che cercheremo di approfondire nei prossimi mesi assieme alla nostra giovane collega Alice'' afferma Manuela Basso (Università di Trento).
L’esordio della malattia avviene di solito tra i 30 e i 50 anni (esistono rare forme giovanili) e il decorso è lentamente progressivo e fatale dopo 16-20 anni di malattia.
Grazie alla scoperta del gene, avvenuta nel 1993, la cui mutazione è causa della malattia, è oggi possibile individuare tramite un test genetico chi ne è portatore. Questo test, definito predittivo, è effettuato in laboratori specializzati, ma richiede un’attenta valutazione dei candidati per i molti problemi di natura psicologica ed etica che solleva. Non vi sono farmaci in grado di prevenire, bloccare o rallentare la progressione della malattia. Le sostanze attualmente prescritte dal neurologo ai malati possono attenuare i sintomi senza curare.
L’identificazione del gene ha permesso di individuare alcuni fra i meccanismi di patologia e nuovi bersagli per lo sviluppo di farmaci.
Secondo le stime calcolate all’Università della British Columbia, presentate nel 2013 alla Conferenza Annuale sulle Terapie per la Malattia di Huntington promossa da Cure Huntington’s Disease Initiative nel 2013 a Venezia e pubblicate dalla rivista Lancet, i casi di Huntington sono in aumento.
www.giornalesentire.it - riproduzione riservata*
Commenti (0)
Per lasciare un commento