Attualità, Persone & Idee

Marc Augé e la rivincita dei non-luoghi

I centri commerciali sono uno dei punti di ritrovo d'elezione

Marc Augé definisce i nonluoghi in contrapposizione ai luoghi antropologici, tutti quegli spazi che hanno la prerogativa di non essere identitari, relazionali e storici. Fanno parte dei nonluoghi sia le strutture necessarie per la circolazione accelerata delle persone e dei beni (autostrade, svincoli e aeroporti), sia i mezzi di trasporto, i grandi centri commerciali, gli outlet, i campi profughi, le sale d'aspetto, gli ascensori eccetera.

E' vero sono spazi in cui milioni di individualità si incrociano senza entrare in relazione, sospinti o dal desiderio frenetico di consumare o di accelerare le operazioni quotidiane o come porta di accesso a un cambiamento (reale o simbolico). I nonluoghi sono prodotti della società della surmodernità, incapace di integrare in sé i luoghi storici confinandoli e banalizzandoli in posizioni limitate e circoscritte alla stregua di "curiosità" o di "oggetti interessanti".

Ma c'è un ma. L'identificazione dei centri commerciali come non luoghi è stata oggetto di una ricerca effettuata in Italia su un vasto campione di studenti delle scuole superiori (Lazzari & Jacono, 2010) che ha di mostrato come i centri commerciali siano uno dei punti di ritrovo d'elezione per gli adolescenti, che li pongono al terzo posto delle proprie preferenze d'incontro dopo casa e bar. In fondo i "nativi digitali" sono nativi anche rispetto ai centri commerciali, nel senso che non li percepiscono come una cosa altra da sé: è paesaggio per certi versi "naturale" che han sempre visto e sperimentato, dove hanno incontrato gli amici, speso la propria paghetta.

Lo stesso Augé ha  dovuto successivamente convenire che «qualche forma di legame sociale può emergere ovunque: i giovani che si incontrano regolarmente in un ipermercato, per esempio, possono fare di esso un punto di incontro e inventarsi così un luogo».

Anche il concetto di "viaggio" è stato pesantemente attaccato dalla surmodernità: grandi "nonluoghi" posseggono ormai la medesima attrattività turistica di alcuni monumenti storici. Del resto anche i centri storici delle città europee si stanno sempre di più omologando, con i medesimi negozi e ristoranti, il medesimo modo di vivere delle persone e addirittura gli stessi artisti di strada. L'identità storica delle città ridotta a stereotipo di richiamo turistico.

Quanto alla relazione in ogni centro commerciale possiamo trovare cibo cinese, italiano, messicano e magrebino. Ognuno con un proprio stile e caratteristiche proprie nello spazio assegnato. Senza però contaminazioni e modificazioni prodotte dal nonluogo. Il mondo con tutte le sue diversità è tutto racchiuso lì. I non luoghi sono incentrati solamente sul presente e sono altamente rappresentativi della nostra epoca, che è caratterizzata dalla precarietà assoluta (non solo nel campo lavorativo), dalla provvisorietà, dal transito e dal passaggio e da un individualismo solitario. Le persone transitano nei nonluoghi ma nessuno vi abita.

Nonostante l'omogeneizzazione, i non-luoghi solitamente non sono vissuti con noia ma con una valenza positiva. Gli utenti poco si preoccupano del fatto che i centri commerciali siano tutti uguali, godendo della sicurezza prodotta dal poter trovare in qualsiasi angolo del globo la propria catena di ristoranti preferita o la medesima disposizione degli spazi all'interno di un aeroporto. Da qui uno dei paradossi dei nonluoghi: il viaggiatore di passaggio smarrito in un paese sconosciuto si ritrova solamente nell'anonimato delle autostrade, delle stazioni di servizio e degli altri nonluoghi. Chi l'avrebbe mai detto?
 

www.giornalesentire.it - riproduzione riservata*

Commenti (0)

Articoli correlati