Arte, Cultura & Spettacoli

Canova, vita di uno scultore

Non una biografia, né un trattato. Maria Letizia Putti racconta il privato di un immenso artista

La vita del grande Antonio Canova, come emerge da lettere, fonti, memorie. Maria Letizia Putti appassionata lettrice prima di essere archeologa medioevale, ex docente di storia dell’arte, bibliotecaria ha compiuto un enorme operazione di storia, intrecciandola con la letteratura. Per Graphofeel ha pubblicato "Canova, Vita di uno scultore".

L'appassionato trova nel libro di Maria Letizia Putti il carattere, le manie, il quotidiano di un grandissimo artista, anche gli ozi. Un mosaico di informazioni su Antonio Canova tratte dai suoi scritti, diari, lettere, libri di conti e resoconti di viaggio.

Il libro non è una semplice biografia, né vuol essere un trattato di storia dell'arte; piuttosto, compone un mosaico di curiosità, amori, aneddoti ed episodi sull’artista che ha dato nuova vita alla scultura italiana tra Sette e Ottocento. Nel romanzo emerge la personalità di Canova: la quotidianità del gesto artistico; la riservatezza e umiltà che metteva da parte quando era a colloquio con papi, imperatori e re; l'insofferenza di essere al centro dell’attenzione; la beneficenza con cui provvedeva agli artisti in difficoltà e ai familiari. E sullo sfondo, come in un film, le travagliate vicende della storia italiana ed europea nel turbolento passaggio tra i due secoli.

Altre notizie dirette sono desunte dalle biografie scritte dai suoi contemporanei, in primis l’amico per la vita e scultore Antonio D’Este, poi gli amici Leopoldo Cicognara e Melchiorre Missirini ma anche dalle migliaia di lettere scritte e ricevute da familiari, amici e personalità di tutta Europa, primo tra tutti Napoleone Bonaparte.

Romana, appassionata lettrice prima di essere archeologa medioevale, ex docente di storia dell’arte, bibliotecaria Maria Letizia Putti ha già pubblicato per Graphofeel: "La signora dei baci" la biografia romanzata su Luisa Spagnoli scritta con Roberta Ricca ( 2016), il romanzo ''Lo scrittore non ha fame'' (2016) e nel 2020 ha fatto uscire una nuova edizione di ''Luisa Spagnoli. La signora dei Baci''. L'abbiamo intervistata per farci raccontare il Canova meno noto, quello segreto e privato. Che lei chiama Tomino come lo chiamavano i familiari.


Professoressa, come le è venuto in mente questo tipo di operazione che supera la classica biografia?
Curavo la conservazione della collezione di libri antichi della biblioteca dell’Istituto Superiore di Sanità, tra cui 17 disegni anatomici attribuiti a Canova. Nel 2018 l’editrice Graphofeel manifestò l’idea di fare un romanzo biografico su di lui. Mi sono proposta. Come professoressa di storia dell’arte oltre a descrivere opere e stili ero solita includerle nel relativo periodo storico. Nel libro i saggi su Canova dissertano di neoclassicismo e  analisi critiche. Ed ho vagliato i documenti coevi cercando testimonianze dirette sulla sua vita.

Cosa troviamo nel libro: l'artista o l'uomo?
È impossibile non parlare d’arte, l’artista e l’uomo sono tutt’uno. Ma nelle migliaia di documenti consultati cercavo dettagli personali, il carattere, i comportamenti, le abitudini, gli amici, la storia di famiglia, gli amori, in definitiva volevo che prevalesse l’uomo.

E cosa si prova a rovistare nella vita di un uomo vissuto due secoli fa?
All’inizio mi sentivo un paparazzo, appostata a sbirciare intimità non mie. Con la maggiore confidenza acquisita in mesi di frequentazione me lo sono fatto amico, era sorprendente la figura che si delineava, in lui trovavo una notevolissima statura morale e molte affinità con il mio carattere; ho cominciato a pensare come lui e in qualche caso persino a prevedere le sue mosse. Nel libro lo cito con confidenza, Tonino, così come facevano i familiari, m’immedesimo in quella vita così diversa dalle nostre; quando descrivo un personaggio mi accade d’“infilarmi” nel suo sentire e di sviluppare una sorta di affetto per lui.

Come lo possiamo tratteggiare?
Timido, modesto, per nulla superbo o sprezzante. Molti amici e artisti che lo conobbero riferirono dello sguardo, vivace e insieme mite e sincero, della voce pacata pronta a confortare, mai a denigrare, dei modi gentili, della prodigalità negli aiuti ai poveri e ai bisognosi, della dignità per nulla servile che mostrò nei colloqui con i grandi della storia.

Fin dalle prime pagine ci si imbatte nel piccolo Canova, in lotta col nonno, sfortunato e sofferente. Quante fonti ha dovuto consultare per ricostruire episodi così circostanziati?
Molte testimonianze coeve, di prima mano, fondamentali gli scritti e gli epistolari dello stesso Canova e le Memorie di Antonio Canova che l’amico Antonio D’Este già avanti negli anni volle dettare al nipote Alessandro per tramandare i ricordi della sua amicizia con Canova. D’Este è testimone diretto, riferisce il carattere dell’amico ed episodi determinanti. I due si compensavano: schivo Canova, estroverso D’Este, vero artefice della fortuna dell’amico. Ne curò gli interessi e i contatti con i committenti e fissò i prezzi delle opere che Tonino avrebbe dato via per “quattro baiocchi”. I due Antonio crebbero e si formarono insieme come scultori. Si conobbero nel 1770, 13 anni Canova, 15 D’Este e solo la morte di Canova nel 1822 li separò dopo 52 anni di amicizia fraterna. D’Este conobbe di persona il nonno Pasino e ne descrisse fedelmente il caratteraccio, le urla e le bastonate inflitte al nipote, raccogliendo confidenze sofferte che riaffioravano ancora a distanza di anni.

Data l'infanzia non felice che effetto ebbe su di lui il successo?
Nonostante i trascorsi rispettò e dette affetto al nonno, tanto da alleviarne la vecchiaia, tirandolo fuori dai guai per la gestione “poco avveduta” dei magri beni di famiglia. Le avversità rafforzarono il carattere, imparò a non sperperare per sé il denaro; ormai ricco e famoso spendeva ogni mese ingenti somme in aiuti al prossimo, come testimoniano i Libri dei conti, nel più stretto anonimato.

Canova è anche il primo artista transoceanico:  nel 1816 Thomas Jefferson  dovendo individuare lo scultore per la statua di George Washington sceglie lui. Avrebbe potuto montarsi la testa...
Dopo due anni di frequentazione quotidiana, il tempo che ho impiegato a scrivere il libro, posso dire di conoscerlo bene, la sua modestia era radicata al punto da rifiutare ingaggi milionari, come quello della zarina di Russia che lo voleva alla sua corte. Quindi rispondo con le parole che soleva ripetere: le lodi non mi piacciono, anzi m’imbarazzano perché inducono ad adagiarsi sugli allori, invece ascolto volentieri le critiche, se sincere  e fondate, perché mi spingono a riflettere e a correggere gli errori. Mentre scolpiva il Washington  si fece leggere la Storia dell’indipendenza americana di Carlo Botta per conoscere il personaggio. Licenziata la statua scrisse a un amico: L’ho fatto volentieri perché [Washington] è un galantuomo. Questo era Canova.

Vienna: il gruppo scultoreo di Teseo acquisito dagli Asburgo (foto Corona Perer)


Canova è certamente un immenso artista. Non le pare che  non sia ancora entrato - come meriterebbe - nell'immaginario italiano?
Non del tutto, lo provano le mostre recenti incentrate sulla sua arte. Devo riconoscere però che all’estero, soprattutto in ambiente anglosassone, la sua fama ha raggiunto vertici assai più alti. È vero che nemo propheta in patria. Con il mio lavoro ho voluto divulgare la vita di quest’uomo straordinario perché si possa comprendere meglio la sua arte. Visto che le celebrazioni centenarie sono ormai abituali vedremo l’anno prossimo (2022) cosa farà l’Italia per questo eccelso figlio nel bicentenario della morte.

Cosa ritiene non sia stato ancora detto di lui?
Proprio la vita privata. Fu uno dei cento uomini più ricchi di Roma, ma spese molti dei proventi in opere di beneficienza, in aiuti costanti agli artisti in difficoltà, in donazioni ai Musei Vaticani, di cui fu direttore per qualche anno, sostituito da Antonio D’Este.
Pochi sanno dell’immenso lavoro diplomatico che compì per riportare in Italia le opere trafugate dai francesi invasori, un compito che lo sfinì ma che portò a termine con fermezza e con risultati eccellenti. Il timido e schivo Canova fece diversi viaggi a Parigi: nei primi due tenne testa a Napoleone, che lo voleva come artista di corte. Gli disse di no, con incrollabile sincerità.

Quindi incontrò anche Bonaparte?
Ho trascritto qualche spezzone dei colloqui che Canova di suo pugno fissò nella Conversazione tra Antonio Canova e Napoleone; dialoghi sinceri, scritti con il piglio di uno sceneggiatore navigato. Nel terzo viaggio a Parigi, caduto Napoleone, il papa lo mandò a riprendere i tesori sottratti all’Italia dall’Empereur, una missione diplomatica di altissimo livello, in cui tenne testa a ministri e generali delle maggiori potenze europee. Aiutato dal duca di Wellington e dall’esercito inglese restituì all’amata Venezia i quattro cavalli bronzei con cui Napoleone voleva ornare la sommità dell’Arc de Triomphe. Ma di questa vittoria pochi ne sanno.

Quali erano gli “ozi” di Canova?
Amava dipingere, lo considerava un passatempo per ritemprarsi dalle fatiche della scultura. Dipinse molto, ma tenne i quadri per sé, li considerava privi di valore e ne regalò qualcuno solo agli amici più cari. Amava il teatro, la musica e le burle: ne architettò parecchie con D’Este, si spalleggiavano l’un l’altro. Grazie all’intelligenza e alla tenacia volle affinare la sua cultura; non aveva studiato da giovane, lo fece negli anni, facendosi leggere mentre scolpiva i classici latini, i trattati di storia e tutto ciò che poteva accrescere il suo sapere.

Pur non avendo studiato, ebbe relazioni internazionali. Come faceva?
Imparò velocemente anche il francese e l’inglese, per poter discorrere con i committenti di tutta Europa. Fu raffinatissimo collezionista di libri preziosi, che sistemò in una biblioteca nella casa natale di Possagno, lasciandoli alla libera consultazione degli studiosi. Insomma l’uomo Canova offre enormi sorprese a chi lo crede uno scultore e nulla più.

10 marzo 2021

 

 


Autore: Corona Perer

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