Il ritratto veneziano dell'Ottocento
Musei Civici di Venezia: Ca' Pesaro anteprime
https://capesaro.visitmuve.it/it/il-museo/la-sede-e-la-storia/il-palazzo/
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Dal 21 ottobre 2023 al 1 aprile 2024 va in scena a Cà Pesaro un secolo di grande storia e di grande pittura, di profonde trasformazioni sociali, politiche, economiche. Un secolo popolato da liberali e da patrioti, rivoluzionari e reazionari, nobili e borghesi, intellettuali e artisti romantici, neoclassici, realisti, veristi, fino alla soglia delle Avanguardie.
C'è tutto questo nella mostra ''Il ritratto veneziano dell’Ottocento'', a Ca’ Pesaro - Galleria Internazionale d’Arte Moderna. La mostra è a cura di Elisabetta Barisoni e Roberto De Feo.
Un’esposizione che intende raccontare il primo secolo dell’età contemporanea che a Venezia apre, idealmente, con la caduta della Serenissima e prosegue in tutto il Paese con la Restaurazione, passando per i moti del ‘48, il Risorgimento, l’Unità d’Italia. Ma è anche, e soprattutto, un progetto che rimanda in modo preciso e puntuale all’intuizione e alla grande mostra che Nino Barbantini, primo Direttore della Galleria di Ca’ Pesaro, organizzò e allestì esattamente cento anni fa, nel 1923, sullo stesso tema e con lo stesso titolo: ''Il ritratto veneziano dell’Ottocento''.
Tra le prime retrospettive dedicate a questo secolo, un’esposizione “blockbuster” per il tempo, coronata da un grande successo di pubblico, di stampa e di critica, realizzata con criteri museografici attualissimi e con un numero eccezionale di opere e prestiti, provenienti da tutto il Triveneto: 241 lavori di 50 artisti, pittori, scultori, miniaturisti, tutti operanti dall’inizio dell’Ottocento fino al penultimo decennio del secolo, che per lo studioso si apriva con Teodoro Matteini e si chiudeva con Giacomo Favretto.
Un excursus tra autori celebri come Hayez, Molmenti, Grigoletti, Schiavoni, Lipparini, scoperti e riscoperti, artisti che a Venezia avevano vissuto, si erano formati, lasciando testimonianze preziose della società, dello spirito dell’epoca, dei suoi protagonisti e dei suoi grandi stravolgimenti: un patrimonio di immagini di famiglie, di intellettuali, di artisti, di patrioti, di donne - alcune, artiste a loro volta - persone che hanno animato il territorio da Venezia, luogo privilegiato d’incontro, fino a Padova, Vicenza, Bassano del Grappa, Pordenone, Trieste, Trento, Treviso, Belluno.
Volti eterni del secolo più lungo della modernità e, non ultimo, primo esempio - confermato ai nostri giorni - della grandezza artistica di un secolo dimenticato, a favore della mitizzazione di quello precedente. Per dirla con le parole dello stesso Barbantini: per portare un poco di luce su un periodo della storia artistica della nostra città ingiustamente oscuro.
Tutto questo rivive oggi in un prezioso e lungo lavoro di ricerca condotto dai curatori per ricostruire l’allestimento e il catalogo della storica esposizione: un enorme sforzo critico che in due anni ha portato a rintracciare ben 166 opere di 52 artisti già della mostra originale, ora conservate in Musei e collezioni su tutto il territorio nazionale. Accanto, i capolavori rimasti a Venezia, provenienti dalle collezioni di Ca’ Pesaro, del Museo Correr, e dalle Gallerie dell’Accademia, insieme a numerose raccolte private. Una ricostruzione che ha permesso di sviluppare importanti nuovi contributi rispetto al progetto di Barbantini, tra cui riattribuzioni - con 11 nuovi autori riconosciuti - e aggiornate schede scientifiche - 279 per 60 artisti - grazie al lavoro di una rete di studiosi, conservatori e ricercatori di tutto il territorio.
Nelle quattro sezioni in cui è articolata, l’esposizione ripercorre quindi La nascita di un secolo, che parte dal Congresso di Vienna (1815) per arrivare in un lungo travaglio all’unificazione del Paese; significativi approfondimenti monografici de I grandi protagonisti, seguiti da Vita e società dell’Ottocento, tra nobili e borghesi, tra città e campagna; infine il Ritratto verso la modernità in cui la materia pittorica si sgrana e si illumina, arrivando alle soglie del ‘900.
«La mostra del 1923 - ricordano i curatori dell’attuale, Elisabetta Barisoni e Roberto De Feo - riscosse grandissimo successo di pubblico e una vivace risposta della stampa. Ancora oggi è considerata una rassegna di capitale importanza per la riscoperta dell’arte veneziana di un intero secolo, per l’avvio della conoscenza dei suoi protagonisti e la valorizzazione di molti dei capolavori che vi furono esposti. L’iniziativa inaugurava anche un nuovo corso della Galleria veneziana e dell’attività di Barbantini, indirizzata, durante gli anni Venti, alla progettazione di significative esposizioni monografiche su periodi o singoli protagonisti dell’arte italiana. Il ritratto veneziano dell’Ottocento è inoltre centrale nella definizione della storia delle mostre e costituisce un valido e precoce esempio museografico di rassegna dedicata a un tema o a un preciso arco temporale, concepita come una rassegna filologica di un’esposizione che fece storia e al contempo un omaggio al suo geniale curatore, la cui lezione storico-artistica permane nelle collezioni e la cui voce risuona nelle sale di Ca’ Pesaro. La riproposizione nella medesima sede di così tanti capolavori dei più rappresentativi artisti veneziani dell’Ottocento, ripalesati quando perduti, ristudiati quando già noti, permetterà anche di visualizzare i tratti dei protagonisti veneziani di un intero secolo, scelti nel 1923 da Barbantini per istinto e grazie alle sue pionieristiche conoscenze di allora e, un secolo dopo, ancora capaci di affascinare e stupire il pubblico di Ca’ Pesaro».
L’elenco realizzato da Barbantini, organizzato per ordine alfabetico, oltre a scarne notizie biografiche degli autori, riportava i nomi dei proprietari di allora. Da queste informazioni ha preso avvio lo strenuo lavoro di ricerca e di identificazione delle opere dopo cento anni dalla loro esposizione a Ca’ Pesaro. Molte di esse, anche grazie al successo dell’esposizione, confluirono in raccolte pubbliche, mentre altre rimasero presso gli eredi o confluirono in collezioni private.
Se un esiguo numero è andato definitivamente perduto, tuttavia altre opere attendono di essere rintracciate poiché l’ubicazione è ad oggi sconosciuta. Una decina di lavori furono donati proprio a Ca’ Pesaro dopo la mostra del 1923, e l’istituzione passò così da essere galleria ad essere un museo accogliendo il primo nucleo di autori del XIX secolo e arricchendo la propria collezione, dove i ritratti dell’Ottocento trovarono posto accanto ai Maestri internazionali, acquisiti dal Comune di Venezia sin dalle prime edizioni di Biennale e ai capesarini di inizio secolo come Arturo Martini, Felice Casorati e Gino Rossi.
IL RITRATTO VENEZIANO DELL’OTTOCENTO
Venezia, Ca’ Pesaro - Galleria Internazionale d’Arte Moderna
21 ottobre 2023 – 1 aprile 2024
A cura di Elisabetta Barisoni e Roberto De Feo
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CA' PESARO SCRIGNO D'ARTE
La Galleria ha sede nel magnifico palazzo di Ca’ Pesaro, che viene costruito nella seconda metà del XVII secolo per volontà della della nobile e ricchissima famiglia Pesaro. Il progetto è del più importante architetto del barocco veneziano, Baldassarre Longhena, lo stesso che ha progettato la Chiesa della Salute e Ca’ Rezzonico.
I lavori iniziano nel 1659 a partire dal piano terra; la prestigiosa facciata sul Canal Grande raggiunge il secondo piano già nel 1679, ma, alla morte di Longhena nel 1682, il palazzo è ancora incompiuto. La famiglia Pesaro ne affidano il completamento a Gian Antonio Gaspari che lo porta a termine entro il 1710, rispettando sostanzialmente il progetto originario.
Nel realizzare Ca’ Pesaro, Longhena si ispira alla classicità di uno dei maestri del Rinascimento italiano a Venezia Jacopo Sansovino. Longhena costruisce un’architettura sontuosa ma armonica. Un esempio è la grandiosa facciata sul Canal Grande: sopra uno zoccolo fatto di teste e busti di leone e di mostri, si colloca una decorazione a bugnato a punte di diamante. Due file di finestre si affiancano a due portali gemelli al centro, sormontati da mascheroni e statue.
Di grande maestosità è anche l’ampio androne al piano terra, che da un lato si affaccia sul Canal Grande e dall’altro sul cortile interno, di accesso al Museo, intorno alla monumentale vera da pozzo qui collocata. I soffitti del palazzo sono riccamente decorati con pitture a fresco e a olio, realizzati da artisti come Bambini, Pittoni, Crosato, Trevisani, Brusaferro; tra questi anche il soffitto di Giambattista Tiepolo con Zefiro e Flora, trasportato al Museo di Ca’ Rezzonico nel 1935.
I Pesaro avevano collezioni d’arte di grande qualità. Il patrimonio risulta disperso entro il 1830, anno di morte dell’ultimo dei Pesaro. Il palazzo passa alla famiglia Gradenigo, poi ai Padri armeni Mechitaristi, che lo utilizzano come collegio. Acquistato infine dalla famiglia Bevilacqua, diventa proprietà della Duchessa Felicita Bevilacqua La Masa, che nel 1898 lo dona alla Città di Venezia
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