Museion, Among the Invisible Joins
Oltre 150 opere di più di 80 artisti della Collezione Enea Righi
Bolzano, 27.09.2024 - AMONG THE INVISIBLE JOINS, presenta oltre 150 opere di più di 80 artiste e artisti provenienti da una delle più visionarie e significative collezioni private di arte contemporanea internazionale in Italia: la Collezione Enea Righi.
Grazie a un rapporto di fiducia duraturo, questa collezione ha plasmato per oltre un decennio la ricerca museale su pratiche artistiche transdisciplinari, poetiche e socio-politiche. MUSEION presenta un'ampia gamma di opere d'arte, progetti architettonici e libri d'artista di rinomati artisti e artiste internazionali come Massimo Bartolini, Alighiero Boetti, Anna Boghiguian, Trisha Donnelly, Theaster Gates, Nan Goldin, Marisa Merz, Walid Raad, Sturtevant, Superstudio, Franz Erhard Walther, Lawrence Weiner, Akram Zaatari e molti altri.
L'eccezionalità della mostra è sottolineata inoltre dall'occupazione dell'intero edificio e dalla prima esposizione di alcune recenti acquisizioni della Collezione Enea Righi, tra cui opere di Sonia Boyce, Roni Horn e Ser Serpas.
Al centro delle opere della Collezione Enea Righi si trova l'essere umano, con le sue verità nascoste ed emozioni, nella sua intimità e relazione con l’altro, nella percezione di sé e la sua percezione dall'esterno.
Il titolo ''AMONG THE INVISIBLE JOINS'', letteralmente “tra le giunzioni invisibili”, è preso in prestito da uno scritto di Virginia Woolf, in cui la vita umana si dispiega a testimonianza della sua stessa fluidità, ricca di potenziale e incertezze. I suoi personaggi si muovono delicatamente tra la presenza e l'assenza incombente, alle prese con il ricordo di eventi e conflitti che si rivelano sfuggenti alla piena comprensione. Il titolo allude quindi ai confini che separano ricordo e dimenticanza, all’atto ricorrente di aprire e chiudere porte nel divenire umano.
Allo stesso modo, la mostra traccia intime connessioni tra la vita stessa e le storie che raccontiamo, tra ciò che è stato e ciò che rimane fisicamente percepibile. Evidenzia soprattutto la comprensione da parte dei due collezionisti del potere trasformativo dell'arte, fornendo profonde intuizioni sulla fluidità della vita.
Le opere selezionate per AMONG THE INVISIBLE JOINS incoraggiano spettatori e spettatrici a riflettere sugli spazi di transizione dell'esistenza contemporanea, dove le tensioni socio-politiche si intrecciano con l'espressione artistica.
Curata dal direttore di Museion Bart van der Heide, Frida Carazzato, Brita Köhler e Leonie Radine, in collaborazione con il collezionista Lorenzo Paini, la mostra presenta un numero significativo di opere della Collezione Enea Righi.
Nel corso degli anni, la Collezione non solo ha seguito da vicino l'evoluzione artistica di rinomate posizioni concettuali, ma ha anche abbracciato e sostenuto una giovane generazione di artiste e artisti. Una sua caratteristica distintiva è stata, inoltre, l’affinità con opere d’arte di grandi dimensioni.
Enea Righi e Lorenzo Paini possiedono una delle più importanti e visionarie collezioni private di arte contemporanea internazionale in Italia, nata alla fine degli anni ’80, da cui si è sviluppata una collezione transdisciplinare, in continua evoluzione e che continuerà ad evolversi nel corso del tempo. I collezionisti si sono distinti nel panorama nazionale per essere stati tra i primi ad avere acquisito posizioni femminili politicamente impegnate, diventate cruciali per la storia dell’arte contemporanea; fondamentale anche il loro continuo sostegno verso posizioni emergenti del panorama artistico.
Nel 2008 Enea Righi ha affidato alla collezione di Museion oltre 100 opere in prestito permanente, che ne hanno plasmato la ricerca e rafforzato il profilo internazionale. La rinnovata fiducia verso l’istituzione – che già nel 2010 ha realizzato a partire dalla Collezione Enea Righi la mostra Che cosa sono le nuvole? – sottolinea come la collaborazione con un’istituzione pubblica sia per i due collezionisti fondamentale per la conservazione e la promozione dell’arte contemporanea. Per Enea Righi, infatti, “il luogo ideale per una collezione è mentale, non logistico: il limite spaziale diventa dunque un limite all’atto stesso del collezionare, e per questo lo spazio pubblico come quello di un museo diventa il posto ideale per la produzione di cultura e per aprire nuovi dialoghi sull’arte contemporanea”.
Il design architettonico, concepito dal collettivo Campomarzio di Trento, stimola visitatrici e visitatori a stabilire una relazione intima con le opere, a intraprendere un viaggio sensoriale sulla soglia tra interno ed esterno, tra il sé e l'altro, tra le esperienze vissute e la loro rappresentazione.
27.09.2024
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Shimabuku. ''Me, We''
(Corona Perer, Bolzano, 4 maggio 2023) - Il noto artista giapponese Shimabuku. ''ME, WE'' ha raccontato a Bolzano una pratica artistica per certi versi effervescente che propone un approccio curioso, umoristico e autobiografico. I lavori nascono infatti da momenti privati dell'artista (un viaggio, radersi un sopracciglio, fare dei sottaceti...) trasformati in qualcosa da donare al pubblico. Può essere un improvviso stupore, il dispetto ad un amico, un'idea, un incontro, una poesia.
"Shimabuku ci aiuta a vedere il mondo in modo diverso. La sua è una continua transizione dal singolare al plurale'' spiega all'anteprima stampa il curatore, Bart van der Heide, direttore di Museion, al quale si deve il merito di preservare Museion nella sua mission originale: guardare al contemporaneo, a ciò che accade nell'arte di oggi, ciò che ci porta a riflettere e ad allargare le prospettive. Nella regione Trentino Alto Adige, terra di confine, Museion non è mai venuta meno a questa irrinunciabile direzione.
La mostra, un vero e proprio racconto di sè (del sè di un artista), occupa due piani dell'edificio di Museion, allestiti con una serie di lavori che vanno dai primi anni Novanta fino a oggi, ma anche con opere site-specific. Il tema di fondo è accostare entità diverse: oggetti, animali, frutti, storie e geografie.
E' il mondo ad interessare Shimabuku (1969, Kobe, Giappone).
Nel suo regno non esiste polarità tra dentro e fuori, fatto inusuale per la tradizione molto riservata dei giapponesi. Lui trasforma la vita in un atto artistico pubblico. ''Shimabuku. Me, We'' è dunque un viaggio nel mondo intimo e riflessivo dell'artista che diventa dono: storie di interazione uomo/animale, paesaggi e persone. Ed ecco la sua storia con il polpo, il suo dono fatto alle scimmie orfane di ghiaccio, i cetrioli sottaceto, i pomodori.
E' la prima personale di quest'artista in Italia, ed è la sua più ampia mostra europea allestita fino a oggi. Perciò la Presidente di Museion Marion Piffer Damiani si è detta molto orgogliosa della allestita al museo d'arte moderna e contemporanea di Bolzano con il concorso anche di partner privati (Mutina e Fondazione Antonio Dalle Nogare).
Se agli esordi l'opera di Shimabuku era basata soprattutto su performance e azioni effimere, con il procedere del tempo le sue fotografie e i suoi video, hanno documentato incontri capaci di restare come testimonianza di un tentativo: cancellare confini, limiti, siano essi concettuali e culturali, presentando anche nuovi modi di guardare al mondo.
''Me, We" significa che il mio lavoro inizia da cose azioni e reazioni mie personali ma poi diventa pubblico, nostro" spiega Shimabuku. "Come una canzone d'amore: è privata ma poi diventa di tutti. Questa frase però prende lo spunto da una da due parole dette da Muhammad Ali in una conferenza ad Harvard. Era già molto malato e non parlava molto. Alcuni studenti gli chiesero qualcosa e lui riuscì soltanto a dire ''Me, We" che è l'estrema sintesi di una relazione tra l'individuo e il mondo" ha spiegato l'artista che si è commosso fino alle lacrime davanti ai giornalisti, soprattutto quando ha parlato del suo amore per l'Italia.
Il tema del viaggio è sempre stato presente nella pratica artistica di Shimabuku che ha attraversato 11 paesi europei. Ma lo ha voluto fare dopo essersi rasato un sopracciglio e raccogliendo le sensazioni di chi lo incontrava e lo osservava. Quando il sopracciglio ricrerebbe... l'opera si concluse. Restava la dimostrazione che si può fare tutto anche qualche mezzo in meno: un sopracciglio.
Shimabuku che a Bolzano è accompagnato dalla moglie Rika e dal suo staff, è uomo estremamente semplice, sincero e disarmante. ''La mia pratica artistica è economica. Io non ho nessuna competenza tecnica che sembrerebbe invece fondamentale, quindi la mia opera rimane minima semplice e scarna''.
Nel mondo dell'arte si fece notare con la mostra sulle scimmie (foto di copertina). Nel 1972, a scopo di ricerca, 80 macachi giapponesi vennero trasferiti in una riserva del Texas in pieno deserto. Si adattarono molto bene e impararono a vivere con serpenti e cactus, ma Shimabuku era curioso di vedere se queste scimmie conservavano la memoria della neve giapponese. E così portò del ghiaccio acquistato in un'area di servizio nei pressi della riserva, e l'esperimento fu documentato con un video diventato un'opera d'arte. Le scimmie del Texas ricordavano le montagne innevate. L'artista rilevò che la memoria può esistere a livello cellulare e che le scimmie reagivano con spontaneità al ghiaccio pur non essendo mai stata a contatto con la neve.
La ricerca sulle analogie e sulle differenze continua con la opera che dà l'immagine iconica alla mostra dei Museion: il caco e il pomodoro, un'opera del 2008 per dimostrare che le differenze possono essere anche analogie. Sullo stesso piano l'opera che illustra con delle cipolle la costellazione di Orione e poi le analogie tra la Luna e la Patata. E i limoni che galleggiano mentre altri sprofondano. Le patate che nuotano. ''È una metafora su tutto il mio lavoro, come incontro tra diversi ambienti culturali spiega l'artista. Molto curiose - e allo stesso tempo capaci di muovere importanti riflessioni - tutte le opere relative al mondo del mare. Memorabile la storia costruita sul polpo del quale l'artista ha conservato anche i sassolini o le conchiglie che l'animale trattiene tra i tentacoli.
''Ci sono persone che si sentono come pesci e non smettono mai di nuotare. Io non ho radici e non mi sento a casa da nessuna parte anche se ho radici ad Okinawa e ho un tipico nome di quella zona. Ma io sono cresciuto a Kobe, dove non erano nati né mia madre e né mio padre. Sono a mio agio solo in viaggio: mi sento come un salmone e un tonno che continuano a nuotare anche quando dormono.
Cerca l'installazione site-specific pensata appositamente per Museion, e intitolata "Me, We" (Io, Noi) l'artista collega due edifici culturalmente significativi che sono al momento o demoliti o in via di ristrutturazione uno costruito nel 1278 un antico Maso l'altro una fabbrica dismessa. ''Me, We'' (2023) è una grande installazione scultorea con protagonisti brandelli di Ex-Montecatini (ex-Solland Silicon) di Merano e materiali da costruzione del Mauracherhof. "Mi interessava provocare l'incontro tra fattori diversi, vedere quello che succede quando uno spazio interno è in relazione ad uno esterno e si trovano uno di fronte all'altro".
Bed Peace (2023), è invece una scultura composta da un letto con due figure distese vicine e realizzata con la terra di diverse valli dell’Alto Adige.
E alla fine resti con la bella sensazione che si può fare arte (ovvero produrre Pensiero) con nulla.
Che si può fare Arte con la Vita.
Che la vita è Arte.
Corona Perer, maggio 2023
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