Over50 e fragili: ma cosa dice la gerontologia?
Proprio sicuri che siano vecchi e fragili?
di Marco Giovenco - Over 50 e 60: sicuri che siano vecchi e fragili? Dal 15 febbraio c'è obbligo per i lavoratori over 50 di possedere il green pass rafforzato, ottenibile esclusivamente tramite vaccinazione o guarigione. L’altra possibilità è l’esenzione per motivi di salute, altrimenti si rischiano multe fra 600 e 1.500 euro. Dallo scorso 1 febbraio, intanto, è scattata la sanzione di 100 euro per chi, sopra i 50 anni, ha scelto di non sottoporsi all’inoculo.
In attesa di vedere fino a che punto si spingerà questo osceno circo delle assurdità che, tra le tante conseguenze, sta mettendo in enorme difficoltà il sistema economico e sociale del Paese (e questo mentre i principali Paesi europei, dalla Spagna alla Danimarca fino al Regno Unito, alla Svezia e alla Finlandia, hanno già tolto tutte le restrizioni e ridato grande slancio alle economie interne), nella contingenza dell’ultimo provvedimento è opportuno riflettere su cosa sia la reale fragilità e se un 50enne possa davvero essere bollato d’emblée come un povero debilitato in balìa di chissà quali rischi.
Se il 27 dicembre 2020, con l’avvio del Vaccine day in tutta Italia, è iniziato il vituperio della scienza medica, dal 5 gennaio 2022 è stato addirittura invaso il campo della specializzazione, cioè quella gerontologica, perché si è cominciato a martellare sul concetto di “vaccinazione come difesa” dei soggetti fragili, intesi prima come over 60 e poi over 50.
La scienza che si occupa degli aspetti sociali, psicologici, cognitivi e biologici dell’invecchiamento, ma anche degli aspetti pre-senili o dell’invecchiamento negli adulti si chiama gerontologia. Al proposito, val la pena affrontare il tema con uno specialista in gerontologia e geriatria, il dottor Robbi Manghi, gerontologo e CTU, medico legale della Commissione di verifica del MEF di Bologna, già autorevole relatore in Commissione al Senato per approfondire il tema legato alla vaccinazione, professionista specializzatosi nell’unica sede universitaria in Italia, quella di Parma, che ha espresso due geriatri del calibro di Mario Passeri e Mario Barbagallo, già ai vertici (il secondo è l’attuale presidente) della International Association of Gerontology and Geriatrics - European Region (IAGG-ER), vale a dire il massimo organo scientifico gerontologico europeo.
Si ha quasi l’impressione che la figura dell’anziano - inteso ormai come uno stentato vecchierello - sia diventata lo sfogatoio per esperimenti sanitari e sociali di dubbia ragionevolezza. E' così?
«Chiariamo subito: anzianità non vuol dire né malattia nè fragilità. L’anziano, secondo la medicina legale, è l’ultrasessantacinquenne. Ma come è ormai sostenuto universalmente dagli scienziati gerontologici, l’allungamento dell’età senile (dato il prolungamento della vita media che ormai è di 82-83 anni per l’uomo e 84-85 per la donna) ha aperto le porte al concetto di “grande anziano” solo oltre questi due limiti anagrafici. Ecco che parlare di “difesa perché fragili” per gli over 50 e 60 è ascientifico, agerontologico, assurdo per non dire ridicolo e falso» afferma Manghi.
Nella foto: il dr. Robbi Manghi
Alla luce dei dati Istat la prospettiva di vita in Italia a 50 anni considera vari indici, ma i più interessanti sono quello di sopravvivenza (97,545 in Italia, 97,726 su 100 in una città come per esempio a Reggio Emilia) e di speranza di vita (33,31 anni in Italia, 33,67 a Reggio Emilia).
A 60 anni l’indice di sopravvivenza è di 94,386 in Italia e 95,124 su 100 a Reggio Emilia), mentre quello di speranza di vita è 24,23 anni in Italia e 24,43 a Reggio Emilia.
Dunque, prima di bollare come “fragili” over 50 e 60, sarebbe opportuno riflettere e consultare dati e statistiche. Ma poi, chi è il soggetto “fragile”?
«Credo che il termine sia usato a sproposito e senza cognizione di causa. Per definire un soggetto “fragile” bisogna che vi siano la presenza di infermità specifiche e soprattutto gli esiti di una batteria di test ben precisi da ripetere. All’opinione pubblica è necessario dire, in nome della verità scientifica e di quella giuridica, cosa si intenda per fragilità, in modo che abbia gli strumenti per distinguere chi diffonde informazioni sbagliate e chi, invece, mostra di conoscere scienza e diritto».
Ma allora che cosa è la fragilità per un gerontologo?
«La fragilità è una condizione dinamica di aumentata vulnerabilità che riflette modificazioni fisiopatologiche età-correlate di natura multi-sistemica, associata ad un aumentato rischio di esiti negativi, quali ricoveri in strutture per non autosufficienti, ospedalizzazione e morte. La sua identificazione, trattamento e prevenzione sono oggi considerati il “cuore” e allo stesso tempo la sfida principale della medicina geriatrica, pre-senile e dell’adulto. Circa la metodologia sono accettati due principali approcci di studio della fragilità che riflettono interpretazioni concettuali differenti».
Robbi Manghi spiega il primo. «La fragilità è una sindrome fisiopatologica, definita dalla presenza di alcune caratteristiche biologico-funzionali che identificano un fenotipo specifico; la seconda è che la fragilità è un progressivo accumulo di deficit di natura funzionale e clinica. Alla luce di queste considerazioni vorrei porre alcune riflessioni: chi ha suggerito di difendere con tali vaccini, nel sacrosanto nome della fragilità, sapeva di cosa parlava? Gli over 50 e 60 sono tutti fragili? Chi è più preparato in materia e titolato a parlare, noi specialisti o chi si è abbandonato a facili ipotesi?»
Conclusioni? «Questa è l’ennesima prova di uno scontro epocale tra scienza - in questo caso gerontologica - e banalità ascientifica-agerontologica».
>> Qui sotto l'intervento integrale in Senato:
www.giornalesentire.it - riproduzione riservata*
Commenti (0)
Per lasciare un commento