Ossana, il mistero della Casa degli Affreschi
Nuovo allestimento a cura della Soprintendenza
Figure allegoriche delle Virtù, cardinali e teologali, santi e scene di caccia chi abitava la casa? Ancora non si sa. Con il suo straordinario ciclo pittorico risalente al XV secolo e le sue peculiarità architettoniche e costruttive, la Casa degli Affreschi di Ossana, in Val di Sole, rappresenta un’importante testimonianza nel panorama storico artistico trentino.
Celati per secoli dietro gli strati d’intonaco e i rivestimenti lignei delle stanze, le decorazioni murali della casa sono state riscoperte e rimesse in luce solo nell’estate del 2000 rivelando raffigurazioni a soggetto religioso e profano con scene di vita cortese che decorano le pareti dei locali del primo piano dell’edificio.
La struttura conserva un impianto medievale: l’androne a piano terra in pietra, con arcate e pilastri in parte tamponati, volte e una grande colonna lignea in stile gotico al primo piano, una copertura a botte al secondo. Luogo misterioso e fino a qualche tempo fa sconosciuto per la maggior parte della popolazione della valle, la Casa degli Affreschi, di proprietà comunale, era inaccessibile causa il precario stato di conservazione che ne precludeva la visita.
L’allestimento curato dalla Soprintendenza per i beni culturali rappresenta l’ultimo atto del recupero del monumento di proprietà della Provincia. Coordinato dall’Ufficio beni architettonici con il decisivo apporto dell’Ufficio beni archeologici per quanto attiene ai reperti mobili, il nuovo percorso si articola in diverse tappe. Due i temi caratterizzanti l’esposizione permanente ospitata nei locali della corte interna: le miniere di ferro e la vita materiale a cavallo fra XV e XVI secolo.
Il castello fu per almeno due secoli il principale centro amministrativo e di controllo delle miniere di ferro. Il minerale, estratto dalle gallerie in quota sui versanti della val di Pejo, era trasportato a valle ove veniva sottoposto a un articolato processo di fusione e quindi alla lavorazione in fucina, dalla quale uscivano non solo oggetti finiti, ma soprattutto semilavorati da inviare sulle piazze commerciali tirolesi e italiane.
L’esposizione racconta il ciclo di produzione del ferro attraverso una serie di immagini cinquecentesche a commento dei campioni di rocce contenenti minerali ferrosi, di alcuni esemplari di oggetti in ferro battuto e delle scorie dei processi fusori, tuttora presenti in abbondanza sul territorio e reimpiegate, fra l’altro, nelle murature del castello.
Vita e costumi dei signori di Ossana sono invece al centro della seconda e principale sezione espositiva, allestita all’interno del piccolo ambiente museale con i reperti provenienti dall’esplorazione archeologica dei fabbricati residenziali.
Sono esposti in particolare oggetti relativi al periodo fra la fine del XIV e i primi anni del XVII secolo, quando il complesso visse il momento di maggiore sviluppo sia dal punto di vista costruttivo e architettonico, sia da quello di arredi e decori interni: tracce per lo più frammentarie, ma in grado di evocare suggestivamente alcuni aspetti di vita dei nobili abitatori del castello.
Di questi ultimi, i reperti testimoniano con chiarezza il gusto e l’elevato tenore di vita, come nel caso dei frammenti di lussuose stufe ad olle, di produzione tirolese dell’ultimo quarto del Quattrocento, ricomposti all’interno di un espositore che rievoca la sagoma di uno di questi manufatti. Serrature, chiavi, maniglie, cardini in ferro battuto ricordano le porte e gli arredi lignei scomparsi. Una campana bronzea preziosamente decorata, databile ai primi anni del Cinquecento, reca la memoria della ‘voce’ che doveva scandire le giornate degli abitanti della rocca.
Dalla chiesa di San Michele, oggi ridotta a pochi resti, provengono i frammenti di un vasto paramento affrescato e un’interessante serie di monetine di provenienza italiana e tirolese, in cui si riflette la peculiare collocazione geografica di Ossana, per secoli crocevia di confine per uomini e merci.
Frammenti di armi e di apparati per la difesa illustrano il ruolo del castello quale presidio militare, mentre una selezione di frammenti di stoviglie in ceramica e in metallo rievoca i gesti della tavola. Il percorso si chiude con gli oggetti più intimi o preziosi: elementi metallici di vestiario, spilli e ditali per il cucito, frammenti di guarnizioni di libri di pregio o di oggetti liturgici, piccoli giochi come uno scacciapensieri o una serie di dadi, un anello e un raro bruciaprofumi tardogotico in bronzo.
Con l’allestimento permanente, il Castello di San Michele non solo accoglie nuovamente fra le sue mura le testimonianze materiali sopravvissute all’azione degli uomini e del tempo, ma soprattutto diviene il principale custode della storia dell’alta val di Sole e delle comunità che attorno al castello gravitarono lungo i secoli.
Info Soprintendenza per i beni culturali
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