Picasso: ''Poesia e Salvezza''
Mostra a Mantova (Palazzo Te) fino al 6 gennaio 2025
2 ottobre 2024 - Il pittore e il poeta. Due persone? No, una: Picasso. Lo racconta a Mantova, a Palazzo Te, la mostra ''Picasso. Poesia e Salvezza'' a cura di Annie Cohen-Solal in collaborazione con Johan Popelard (fino al 6 gennaio 2025).
Nato il 25 ottobre 1881 a Bilbao, Pablo Ruiz y Picasso aspirava a entrare nella storia come poeta, ma era destinato a diventare straordinario pittore, scultore e litografo spagnolo, tra i più influenti del XX secolo.
Primogenito di Don José Ruiz y Blasco (1838–1913), pittore di modesta levatura che lavorava come insegnante di disegno alla Scuola delle Belle Arti e conservatore del Museo della città, e di Maria Picasso y López de Oñate (1855–1939), donna di origine genovese dalla quale prenderà il nome d'arte (Picasso), fu snodo cruciale tra la tradizione ottocentesca e l'arte contemporanea: con Georges Braque fondò il Cubismo.
La mostra mantovana prodotta da Fondazione Palazzo Te con la collaborazione del Musée national Picasso-Paris e della famiglia dell’artista - articolata in quattro sezioni - presenta al pubblico circa 50 opere del Maestro simbolo del Novecento, tra disegni, documenti, sculture e dipinti, alcuni eccezionalmente esposti in Italia per la prima volta.
La curatrice Annie Cohen-Solal, nel testo critico dello splendido catalogo edito da Marsilio Arte, definisce Picasso un 'artista-mercurio' che amava mettersi sotto le spoglie di un arlecchino o del minotauro, le figure mitiche che dominano la sua estetica, perchè a lungo fu rifiutato nella Francia dove era andato per condividere con i poeti e gli intellettuali la letteratura e la poesia.
Di Picasso sappiamo che fu pittore disegnatore scultore ma...fu anche fotografo e incisore, scenografo teatrale, ceramista, un genio che eccelleva in tutte le arti, anche quelle cosìddette minori come l'artigianato. E amava la poesia, aveva desiderato - anzi - diventare poeta e scrittore. Era amico di Guillame Apollinaire, Onoré de Balzac, amava Ovidio, leggeva Pierre Reverdy.
''Per tutta la vita rimase legato al mondo dei poeti e degli outsider coloro che lo accolsero a Parigi nel 1900 quando aveva solo 19 anni e desiderava diventare scrittore, drammaturgo e poeta e scriveva in francese nonostante non conoscesse una parola della lingua del paese che lo aveva accolto'' scrive Annie Cohen-Solal.
A lungo fu respinto dalle istituzioni ufficiali francesi e marchiato come straniero, presunto anarchico o artista d'avanguardia da tenere sott'occhio. Forse proprio per questo amava travestirsi sotto un Arlecchino o un Minotauro, che erano i suoi alter ego, una sorta di autoritratto celato. “Questo consentiva a Picasso di esprimere tutti i suoi dubbi, le sue ansie, la sua vulnerabilità'' aggiunge la curatrice che spiega il fil rouge che lega il genio catalano a Mantova.
“Se tutte le tappe della mia vita potessero essere rappresentate
come punti su una mappa e unite con una linea,
il risultato sarebbe la figura del Minotauro”.
Pablo Picasso, Minotauromachia (1935)
''Invitare Picasso a Palazzo Te è opportuno per molte ragioni. Può sembrare strano avvicinarlo a Giulio Romano, vissuto ben quattro secoli prima, ma entrambi hanno raccolto sfide comuni, a partire dall’interesse condiviso per le Metamorfosi di Ovidio'', spiega Annie Cohen-Solal. La mostra entra perfettamente nel tema della Metamorfosi e, in particolare, al rapporto tra Giulio Romano e il poema di Ovidio che ha ispirato la costruzione di Palazzo Te dal 1525 al 1535.
Nel 1930, quattrocento anni dopo la realizzazione della Camera dei Giganti a Mantova, Picasso crea una serie di incisioni dedicate alle Metamorfosi di Ovidio.
Lui stesso a Parigi, la metropoli trionfante per l’Esposizione universale, era stato costretto ad una metamorfosi. Nella capitale francese era entrato dalla porta di servizio. Il padiglione spagnolo esponeva una delle sue opere – onore raro per un artista così giovane – ma la vita era precaria.
«Gli amici di Barcellona lo avevano accolto nel ghetto catalano della collina di Montmartre, zona periferica di Parigi, sordida e abbandonata a se stessa, dove l’ambiente dedito al piacere incrociava quello dell’anarchia, dove frequenta il popolino dei bassifondi, affronta pericoli e precarietà».
Arriva a Parigi proprio nel periodo in cui le autorità del paese mettono a punto una nuova definizione di 'straniero'. Per Picasso sorgono ostacoli sulla strada dell’integrazione: deve vedersela come un sans papier di oggi con permesso di soggiorno, carta d’identità, domicilio (sempre fatiscente), lingua, abbigliamento. Nel piccolo gruppo di poeti marginali trova i mezzi per superare gli ostacoli legati alla sua condizione di straniero.
La curatrice Annie Cohen-Solal, nel libro Picasso. Una vita da straniero (Marsilio Arte) spiega che nella sua fragilità di straniero in Francia, alla stregua di un paria, escluso dalle collezioni nazionali per cinquant’anni, Picasso non smise mai di intessere reti di amicizie in tutto il paese, per scegliere, nel 1955, di sistemarsi in Provincia piuttosto che nella capitale, preferendo gli artigiani agli accademici di Belle Arti, eleggendo il Mediterraneo come sua patria.
L’esposizione di Mantova si apre con la sezione Pablo, Giulio e Ovidio in cui viene presentata una serie di disegni che Picasso ha sviluppato per le Metamorfosi in dialogo con uno straordinario e mai esposto vaso etrusco, in prestito dalla Fondazione Rovati di Milano, dedicato al tema della metamorfosi.
Nella seconda sezione Picasso straniero a Parigi si racconta il nucleo d'avanguardia della città che lo accolse, ovvero gli ''amici'': Max Jacob, Verlaine e Rimbaud; Guillaume Apollinaire, che lo incoraggia nella conquista e nella conoscenza di Parigi; Gertrude Stein, americana espatriata a Parigi, scrive le sue poesie cubiste in dialogo con il ritratto che Picasso le dedica, con evidenti effetti mimetici.
Nella terza sezione Picasso diventa Poeta: ecco la Salvezza. Si esplora il modo in cui la poesia divenne anche per l'artista una vera e propria pratica creativa che lo salverà dal 1935 in poi, quando attraversa una grande crisi personale e professionale. Scrive in francese, catalano e castigliano, realizzando con i molteplici esperimenti del linguaggio quello che aveva prodotto con la pittura e la scultura: ibridazioni, passaggi e vari incroci punteggiano le sue poesie.
In questi stessi anni si applica alla rappresentazione delle scintillanti immagini mitiche prodotte da Ovidio nelle Metamorfosi, che ritroviamo in preziosi dipinti come Donna sdraiata che legge (21 gennaio 1939), Sta nevicando al sole (10 gennaio 1934) o il bronzo Metamorfosi I del 1928: esempi dell'effetto salvifico della pratica letteraria.
La metamorfosi vissuta come strategia, esplora il modo in cui il tema della metamorfosi influenzi non solo la pratica dell’artista ma anche la sua intimità esistenziale. Ciò è particolarmente evidente nel confronto tra Picasso e il suo alter ego, il Minotauro.
La mostra ''Picasso a Palazzo Te. Poesia e Salvezza'' è promossa dal Comune di Mantova, prodotta e organizzata da Palazzo Te.
Da notare che a Milano, dal 20 settembre 2024 al 2 febbraio 2025, Palazzo Reale ha aperto Picasso lo straniero, una mostra co-prodotta con Marsilio Arte (con il biglietto di ingresso della prima esposizione i visitatori potranno accedere all’altra con il ridotto).
Entrambe le mostre di Mantova e di Milano sono a cura di Annie Cohen-Solal, con catalogo Marsilio Arte – nascono dalla collaborazione con il Musée national Picasso-Paris e fanno emergere un Picasso radicalmente sconosciuto, in risonanza con il nostro contemporaneo: il poeta e lo straniero.
www.palazzote.it
foto: www.museupicassobcn.cat
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PICASSO: L'ARTE, UN ATTO IRRAZIONALE
di Corona Perer
Dell'arte aveva un pensiero rivoluzionario. Diceva ''Fare arte è un atto irrazionale''. Del resto Pablo Picasso conosceva bene quel tornado che attraversava la sua anima nell'atto creativo.
"L'Arte spazza la nostra anima dalla polvere della quotidianità". Sorge da un bisogno, da una spinta non razionale. Un impulso che non può essere frenato che porta l'individuo a mettere a nudo il proprio animo. E' poesia, è salvezza.
(Picasso)
Pablo Picasso vedeva arte ovunque anche in tavola. E con l'arte giocava e si divertiva. Era la sua dimensione di vita.
Era capace di fare rapidi e meravigliosi bozzetti sulla sabbia che le onde del mare avrebbero velocemente cancellato.
Celebre questa foto. Picasso sapeva deformare e de-costruire anche se stesso. Scherzava con la vita, ne gioiva, la trasformava in arte.
foto: www.museupicassobcn.cat
La libertà d’immaginazione si sprigiona vigorosamente nell’arte. Sin dall’antichità, sebbene non soddisfi alcun bisogno materiale, è quella forza che porta a compiere un atto estemporaneo senza alcun fine. L'individuo rappresenta le cose come vengono percepite da colui che - senza saperlo - ha già iniziato la creazione di un’opera.
E così accade che l’arte commenta a modo suo la realtà, proiettando in un altrove che aiuta alla comprensione del reale.
Che sia pittura, scultura, architettura, letteratura, musica, danza, teatro, cinema, fotografia o grafica, l'arte consente di creare... immaginando, ed è più importante che ragionare. Ed è quello che spiega anche perchè l’arte non deve essere nè spiegata, nè definita, ma contemplata per quel che è: ovvero quella dimensione capace di farci sentire il reale suscitando emozioni.
E' intuizione, prende forma in qualcosa che ci precede e ci nutre, e ci guida verso quell'io irrazionale che anche noi vorremmo poter esprimere. Hermann Hesse, nel romanzo “Narciso e Boccadoro“, spiega la differenza tra un artista e un pensatore:
"... gli ispirati, i sognatori, i poeti, gli amanti sono quasi sempre superiori a noi uomini di pensiero. La vostra origine è materna. Voi vivete nella pienezza, a voi è data la forza dell’amore e dell’esperienza viva. Noi spirituali, che pur sembriamo spesso guidarvi e dirigervi, non viviamo nella pienezza, viviamo nell’aridità. A voi appartiene la ricchezza della vita, a voi il succo dei frutti, a voi il giardino dell’amore, il bel paese dell’arte. La vostra patria è la terra, la nostra è l’idea. Il vostro pericolo è di affogare nel mondo dei sensi, il nostro è di asfissiare nel vuoto. Tu sei un artista, io un pensatore. Tu dormi nel petto della madre, io veglio nel deserto. A me splende il sole, a te la luna e le stelle…»
L’arte non serve al nostro corpo, ma lo nutre e lo disseta.
Viva la spinta irrazionale e incontenibile che la porta al mondo.
E grazie a Pablo che ce l'ha mostrata in tutta la sua irrazionalità.
(C.Perer)
Autore: Corona Perer
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