Arte, Cultura & Spettacoli

Paolo Vallorz ''Il bosco ci parla''

In uno scritto il suo inno alla natura

"Ma che posso dire io sul mio lavoro di pittore?". Cominciava così il messaggio che da Parigi il 29 marzo 2007 arrivò all'Arcivescovile di Trento e al suo rettore, all'epoca Don Umberto Giacometti, in occasione della mostra che l'istituto organizzò sulla poetica del bosco. E Vallorz spiegò come la natura fosse stata fondamentale nella sua estetica.

"Fu nel 1956 che abbandonai l'avanguardia astratta e tutte le sue teorie che ne spiegavano le sue ragioni ed il suo progresso: teorie e provocazioni Come Dante anch'io avrei potuto dire ''...Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai in una selva oscura....''
Deluso e dopo una breve parentesi ripresi la mia prima vocazione di fare il pittore. Non fu così facile. Mi salvò ''l'attacco'' che avevo radicato in me fin da piccolo: la vita, la natura, tutta la natura.
Questo meraviglioso dono datoci dal Creatore ridiventò la mia grande passione e mi salvò dello smarrimento. Mi nutrì, mi inspirò e m'inspira tuttora Ed è questo che cerco di esprimere e di capire tramite il mio lavoro. Ed è ancora questa natura, questa vita che vorrei tanto poter contribuire a far sì che l'uomo amasse, rispettasse e che oggi salvasse dall'assassinio.

E poi Vallorz, che di riconoscimenti internazionali ne aveva già avuti moltissimi, definì  quella piccola mostra un grande onore. La terra che diventa albero, l’albero che dà i frutti, l’orto e il campo con i loro frutti sepolti, l’uomo che li fa crescere e li attende, il tempo che li matura, la gente che li coglie, se ne nutre e li ripianta erano i misteri che Vallorz metteva in pittura. L'artista non ebbe però in vita, l'attenzione che avrebbe meritato.

All’inaugurazione di una sua personale a Castel Caldes nell'agosto 2014 preferì non esserci. Assenza che non passò inosservata. “L’artista degli alberi”, nei primi anni Novanta aveva infatti donato al Mart ben 74 opere, tra quadri, disegni e libri incisi, che diventarono 130 nel 2010. Nel secondo caso si trattò di un deposito in attesa di donazione. L'accordo era che i lavori venissero esposti a palazzo delle Albere, che nel frattempo però era stato chiuso.

Così Vallorz nel 2013 prese carta e penna mettendo nero su bianco che si sarebbe ripreso quanto donato e depositato. Il Mart fino ad allora aveva solo realizzato una retrospettiva. "Ho scritto un paio di lettere all’assessore Mellarini, che non conosco e che non mi ha risposto. Ma pure alla direttrice del Mart, Collu, che non si è sbilanciata" commentò all'epoca. Ci era rimasto davvero male, perciò la mostra di Castel Caldes era un atto riparatore, ma solo a metà. Lui in realtà voleva che i suoi alberi....abitassero alle Albere, come concordato nella sua donazione. Cosa che non è ancora avvenuta.


Autore: Corona Perer

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