Scienza, Ambiente & Salute

Chioggia, Il Parco delle Tegnùe

Le rocce sommerse al largo delle coste nord dell'Adriatico

Forse non tutti sanno che nelle acque di Chioggia, alla foce del fiume Brenta, esiste un piccolo paradiso: il Parco delle Tegnùe, dove nelle acque proliferano spugne, anemoni e paguri. Un Parco marino "oasi marina protetta" di incredibile bellezza che pochi conoscono. I pescatori locali le hanno sempre chiamate "tegnùe" per la loro capacità di trattenere e rompere le reti. Anche se temute per i danni che possono arrecare, le tegnùe sono sempre state apprezzate per la loro elevata pescosità.

Di tegnùe ve ne sono un po' in tutto l'Adriatico settentrionale, a profondità variabili dai 15 ai 40 metri. Hanno dimensioni che vanno dai piccoli massi isolati fino a formazioni estese per centinaia di metri. Le formazioni più estese e meglio conosciute sono quelle al largo di Chioggia.

Le tegnùe sono rocce organogene carbonatiche, cioè costruite dagli organismi marini, generalmente sovrimposte a substrati duri precedenti formatisi per il consolidamento di sabbie. Si tratta in pratica di veri e propri "reef" naturali, sviluppatesi negli ultimi 8-9.000 anni, e che differiscano da quelli tropicali perché i principali organismi costruttori qui non sono i coralli ma bensì le alghe rosse calcaree, chiamate "Corallinacee" spiega il sito www.tegnue.it.

Bispira mariae (i fiori del mare) - foto Piero Mescalchin

 

Le rocce brulicano di ofiure e crostacei, dai piccoli paguri, fino ai maestosi astici. Tra i pesci è possibile osservare una moltitudine di bavose, castagnole, sacchetti e scorfani, non mancano i grandi gronghi e le corvine. Spesso è possibile osservare banchi di merluzzetti che volteggiano intorno alle rocce. Particolarmente appariscenti, per forme e colori, sono le spugne, le ascidie coloniali e gli anemoni.

Il valore naturalistico di questo habitat è stato riconosciuto e protetto con l'istituzione, nell'agosto 2002, di una Zona di Tutela Biologica che ha introdotto il divieto di pesca. L'area protetta è stata promossa dal Comune di Chioggia, da Enti di ricerca ed Università, dalla Regione Veneto, dal Ministero per le Politiche Agricole e Forestali, dalla Capitaneria di Porto, dalle associazioni dei pescatori e dagli operatori turistici.

Sembrerà paradossale ma un progetto privato (firmato P4) prevede proprio lì sopra un'autostrada che porta a un terminal per grandi navi a tre chilometri dalla costa. Il terminal verrebbe collocato alla foce del Brenta e sarebbe collegato con due viadotti. L'allarme tra ambientalisti si era immediatamente levato con petizioni sin dal febbraio 2019. Le rocce sommerse al largo delle coste nord Adriatiche italiane meritano rispetto.

A due anni di distanza il terminal portuale offshore Terminal Plurimodale d'Altura VGATE  è ancora in progetto, non ricadrà sull’area delle Tegnue (area 1, quella sotto costa) ma arriverà nelle vicinanze. La soluzione per un uso croceristico è una delle tante ipotesi ma per quanto riguarda quello portuale legato alla commercialità sembra essere solo una questione di tempo. Il cronoprogramma del progetto prevede che nel triennio 2019-2021 vengano espletate le fasi di autorizzazione dell'opera, nel quinquennio 2022-2026 venga portata a termine la costruzione del terminal d'altura e delle opere accessorie e che venga realizzata la procedura di gara per la gestione del nuovo porto. Nel 2027 diverrebbe operativa la prima fase del progetto.

Una lettera-petizione era stata inviata al sindaco di Chioggia anche da Adisa, associazione a difesa dei consumatori (con sede a Rovereto). Nella petizione pur comprendendo le problematiche di approdo per le meganavi al porto di Venezia, indubbiamente complicato dalla compiuta realizzazione del “Mose”, eccepisce come zone a vocazione turistica e di grande valore storico-paesaggistico quali sono Isolaverde e Sottomarina possano essere piegate a un progetto di enorme impatto ambientale sia per le foci del fiume che per la costa.

A difendere i tesori di quest'area è l'Associazione Tegnùe Onlus di Chioggia che nel suo sito spiega storia e origini delle Tegnùe note fin dal 1700, descritte dall'abate G. Olivi.

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