Philippe Daverio, quanto ci manchi!
Storico dell'arte di fama ed enciclopedico dall'eloquio affascinante e autorevole
1 settembre 2022- Due anni senza Philippe Daverio. Come è mancato al dibattito sull'arte, sui musei chiusi per pandemia, sulla cultura italiana azzerata da un virus!
Stroncato nel 2020 - a 70 anni - da una lunga malattia, non si era mai fermato, semmai rallentato: vivace come era, tutto gli interessava. Era un vero conosseur, un signore elegante, garbato, un autentico intellettuale.
Nato in Alsazia, quarto di sei figli, da padre italiano, Napoleone Daverio, costruttore, e da madre alsaziana, raccontava di aver ricevuto in collegio un'educazione ottocentesca. Ha sempre vissuto a cavallo tra la Svizzera e l'Italia dove avrebbe dovuto laurearsi in economia e commercio, ma scrive la tesi finale e pur superando tutti gli esami non prenderà la laurea alla Bocconi di Milano. Ci scherzava su: «Io non sono dottore perché non mi sono laureato, ero iscritto alla Bocconi nel 1968-1969, in quegli anni si andava all'università per studiare e non per laurearsi». E lui amava l'arte fin da giovanisimo.
Storico ed enciclopedico dall'eloquio affascinante e autorevole, Daverio era uomo di mondo, che aveva grato in lungo e in largo. In Trentino venne per celebrare un Ristorante il "Da Silvio" di San Michele: era stato infatti posto sotto tutela come Bene Storico artistico e architettonico, in quanto frutto dell'arte totale di Riccardo Schweizer.
Poi tornò, e venne a Rovereto nel 2017 per il Festival delle Lingue con il suo loden, il toscano fumante, il panciotto ben abbottonato. e l'immancabile papillon. Lui che saltava dal francese, al tedesco, dall' inglese al suo dotto e affascinante italiano, con gran disinvoltura, venne a parlare di lingue e conoscenza. In quell'occasione mise in luce le potenzialità linguistiche di cui oggi disponiamo fornendo un autorevole punto di vista anche sul Trentino della cultura senza risparmiare – con la franchezza che gli era propria – giudizi persino taglienti.
Philippe Daverio a Rovereto (foto Corona Perer)
Lodò il festival, che però ebbe una sola replica l'anno dopo (con John Peter Sloane, anche lui mancato nel 2020) e partì da una constatazione: disponiamo tutti di un bagaglio infinito di conoscenza e una quantità elevata di informazione che fa di questo momento un'era fantastica per l'homo sapiens.
“Oggi possiamo accedere ad una mole di informazioni mai vista, e in pochi secondi, grazie a Wikipedia” disse. E allora? "Allora la sfida per chi educa è un'altra: giocare con le parole è fondamentale, ma spesso assistiamo ad un linguaggio impoverito proprio da quelle tecnologie che ci hanno permesso di evolverci. “Con questo bagaglio infinito di cui oggi disponiamo, l'obiettivo non è fare una testa piena, perché quella sta nella memoria del nostro cellulare. E' semmai fare teste ben fatte”.
La cultura e l'intelligenza di un individuo hanno a che fare con l'habitat in cui l'individuo muove. E Rovereto - a suo dire - aveva "tutto" per essere felice.
“Con il Museo che avete di cosa vi lamentate? Solo che dovete farlo funzionare. In passato vi siete fatti sentire, ai tempi della Direzione Belli. Ma dopo non c'è più stata una forte programmazione. Se si considera il rapporto tra numero abitanti e presenze avete portato qui tre volte il numero dei residenti, il problema è che avete perso il Comandante in Capo: dopo Gabriella Belli, la donna di potere che viene dopo solo a Caterina di Russia e la Regina Vittoria, non c'è stato più il Mart di prima”.
(foto Corona Perer)
All'epoca al Mart era direttore Maraniello. "Preferisco non fare commenti sulle persone. Giudico solo i fatti" aggiunse Daverio che non risparmio critiche al sistema Trento-Bolzano.
Che fare allora per recuperare? "Occorre sempre una forte programmazione" dissee Daverio. “Siete in un territorio piccolo e con 4 musei talmente forti, che vi basta mettere in rete Muse, Buonconsiglio, Mart e Casa Depero per diventare una forza nazionale. Dico che può farlo il Trentino perchè è il vero sistema museale di questa regione: a Bolzano c'è infatti un museo demente che combina solo guai, quindi il Trentino non ha eguali come offerta museale”.
E allora? “Allora servono fuochi artificiali: da sparare molto in alto. Perché siete lontani e si devono vedere da lontano”.
Non si può non dare atto a Sbarbi di non aver sparato i primi botti.
Ricordare le parole di Daverio serve quindi a capire cosa si fa, cosa non si fa e cosa si dovrebbe fare.
Corona Perer
Philippe Daverio a Rovereto (foto Corona Perer)
Autore: Corona Perer
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