
Processi agli animali
Il Medioevo ci ha consegnato una letteratura che pullula di animali
di Gloria Canestrini - Processi agli animali. Il Medioevo ci ha consegnato una letteratura che pullula di animali: eroi reali e immaginari, in cui “gli animali rappresentano un mondo alternativo a quello umano, contemplando, accanto a quella dell'eroe, anche la figura dell'antieroe”, osserva la ricercatrice Mordeglia Penso, rievocando in tal senso l'esempio più eclatante, quello di “Renard la volpe”.
Questo personaggio animale è stato protagonista di una serie di racconti in francese antico tra la fine del XII secolo e la metà del XIII. Un personaggio briccone, politicamente scorretto, parlante , come gli animali protagonisti delle favole esopiche.
Altro esempio è la figura dell'orso, che, secondo il grande studioso Michel Pastoureau ( recentemente ospite anche dell'Università di Trento) in Europa “è stato il re degli animali, poi è decaduto”.
A questa caduta in disgrazia, da principe della foresta e animale totemico per eccellenza, da figura divina e dio ancestrale di culti ben radicati, a nemico giurato, ha contribuito senz'altro la Chiesa.
Pastoureau racconta nei dettagli, nel suo ultimo libro “L'orso, storia di un re decaduto”, come storicamente la Chiesa gli abbia dichiarato guerra, combattendolo con tutti i mezzi, fino a identificarlo con il diavolo tout court.
In questa strenua battaglia per sradicare il folklore popolare, tacciato di “superstizione” si inserisce la copiosa e instancabile attività processuale che ha attraversato le aule di Preture secolari e consessi ecclesiastici per tutto il Medioevo, e anche oltre, come ricordano le cronache criminali fino al XVIII secolo, con pene severissime per i cosiddetti “animali dannosi”.
Perché ne parliamo in questa rubrica, intitolata “Erbe & Streghe”?
Perché i “processi bestiali”, che videro imputati innumerevoli soggetti appartenenti alle più svariate specie animali, si svolsero in modo sostanzialmente analogo ai processi intentati alle donne “botaniche”, ree di esercitare saperi ben radicati nella cultura rurale dell'epoca, quali l'erboristeria, l'ostetricia, la medicina popolare.
L'intento (oggi lo conosciamo grazie ai numerosi studi in materia) che motivava l'offensiva del potere contro le cosiddette “streghe” e la fauna selvatica (tra l'altro, molta iconografia storica ci rimanda spesso l'immagine associata di questi esseri tacciati di eresia, come le fattucchiere e i loro gatti, le donne dei sabba a cavallo di maiali ,di galli, di asini ecc.), era, in definitiva, lo stesso: quello di sradicare una volta per tutte la cultura “pagana”, fondata sull'appartenenza al mondo naturale, per poter affermare quella delle nascenti caste dominanti.
E' curioso constatare che nei procedimenti giudiziari, sia le streghe che gli animali imputati subirono le stesse, cruente, procedure: la cattura, la tortura, la condanna al rogo.
E' altrettanto curioso notare che, così facendo, sia pure crudelmente, gli animali protagonisti nei processi furono gratificati ( per quanto a loro, si suppone, non importasse) di una sorta di personalità giuridica, alla stregua degli esseri umani. Non mere “cose”, quindi, come poi la modernità riuscì poi ad affermare, ma esseri senzienti e, perché no, capaci di volontà. Nella fattispecie, la volontà di nuocere!
Chi erano queste bestie “malviventi”?
Bruchi distruttori, cavallette, sorci voraci, talpe e topi campagnoli, bisce, scorpioni, orsi, anguille e sanguisughe, rondini, mosche e zanzare, lumache e molti altri esseri che popolavano le campagne e i boschi. Questi imputati venivano per lo più processarti in contumacia, dal momento che citarli a giudizio e trascinarli in un'aula di udienza sarebbe stato, di norma, oltremodo difficoltoso.
Ma vennero celebrati in tutta Europa molti processi anche agli animali domestici o, come si direbbe oggi, “d'affezione”, come cani, galletti, galline, gatti e cani,o di allevamento come le mucche, i maiali, le pecore e via dicendo. In tal caso, le bestie imputate venivano processate in presenza, con tanto di interrogatori e di confessioni ( appositi “interpreti” ne curavano le verbalizzazioni).
I capi di imputazione furono i più vari, tutti inerenti all'attribuzione di danni a cose o a persone, fino all'omicidio.
Il Cinghiale - Opera di Ligabue
L'istruttoria poteva prendere il via da una denuncia specifica o da un esposto anonimo di uno o più accusatori e seguiva le tracce di un normale processo penale.
Di normale, però, non c'era nulla, in queste vicende paradossali. Come scrive E.P. Evans nel suo libro “The criminal prosecution and capital punishment of animals” pubblicato qualche decennio fa, si trattava di veri drammi forensi, ai quali ci si sforzava di dare una veste giuridicamente accettabile.
Rimane famosa un'incisione che rappresenta un maiale, vestito con giacca e brache, che sta per essere giustiziato su una forca eretta nella piazza del mercato di una cittadina della Normandia: l'anno è il 1386 e il povero maiale è stato formalmente processato e giudicato colpevole di assassinio dal tribunale del luogo.
Questi drammi furono gonfiati nel corso dei secoli, fino a farli diventare vere e proprie “tenzoni legali”, come scrive Nicholas Humphfrey nel suo testo “Animali al rogo”.
Le bestie infatti erano tenute a deporre, venivano chiamati i testimoni, mentre agli animali accusati era offerta persino una forma di assistenza legale ( un avvocato d'ufficio incaricato di sostenere la difesa). Peccato che, come nei processi per stregoneria, le facoltà di accusa e difesa non fossero affatto pari e bilanciate!.
Scrive ancora Humphfrey:” da una parte, una compagnia di tronfi prelati, legulei intriganti e poliziotti votati alla burocrazia, dall'altra gli accusati, una marmaglia di bestie, una processione di bruchi abusivi, di galletti ovipari , di scrofe omicide, o di orsi invadenti”.
Interessante notare come, nel caso di processi a inafferrabili bestie in contumacia, questi procedimenti si chiudessero non già con i roghi ma con solenni minacce o diffide contro orde indistinte!
Molto interessanti anche le scaramucce tra accusa e difesa sugli aspetti procedurali: in tal modo i “processi bestiali” potevano durare dei mesi, se non degli anni, fungendo da monito alla popolazione rurale. Il tempo dei miti era finito.
L'orso, da fiero re della foresta, poteva in tal modo essere rappresentato come un poveraccio, un delinquente da catturare e abbattere. La vendetta era compiuta, l'ordine ristabilito e l'immaginario popolare ricondotto nei ranghi dell'autorità.
febbraio 2025
Autore: Gloria Canestrini
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