Birmania, l'aviazione in fermento
Myanmar: dopo la pulizia etnica sui Rohingya e il colpo di stato, silenzio
31 gennaio 2024 - Myanmar, ricorre il terzo anniversario del colpo di stato del 1° febbraio 2021.
Amnesty International ha denunciato che, nonostante le sanzioni, l’esercito di Myanmar sta ricorrendo a nuove tattiche per continuare a importare carburante per compiere attacchi aerei che causano morti e feriti.
Dopo l’introduzione delle sanzioni da parte degli Usa, del Regno Unito e dell’Unione europea, l’acquisto di carburante avviene attraverso vari percorsi, vendite e rivendite, di cui Amnesty International è in grado di rivelare i dettagli.
Dopo un’interruzione delle forniture tra gennaio e marzo del 2023, grazie alle pressioni esercitate su aziende, stati e compagnie di navigazione, da aprile ad agosto dello stesso anno sono arrivate in Myanmar almeno sei mercantili contenenti carburante. Tra settembre e novembre, a seguito delle sanzioni statunitensi, c’è stata una nuova pausa. A dicembre, tuttavia, è approdato un nuovo mercantile carico di carburante.
Le sette spedizioni del 2023, in aumento rispetto al 2021 e al 2022, hanno fornito all’aviazione di Myanmar almeno 67.000 tonnellate di carburante.
Tutti i mercantili avevano caricato il carburante da un deposito situato in Vietnam, situato al terminal Cai Mep nei pressi di Ho Chi Minh City, gestito dalla compagnia locale Hai Linh Co. Ltd.
Dalla documentazione di viaggio e da quella delle dogane, Amnesty International ha potuto ricostruire in tre occasioni come il carburante fornito a Myanmar sia arrivato in Vietnam: in un caso, il carburante è stato caricato dal terminal di Huizhou della China National Offshore Oil Corporation, la terza azienda petrolifera cinese; in altri due casi, dal terminal indipendente di Pengerang, in Malesia, in parte di proprietà della Royal Vopak.
In almeno tre delle sette forniture arrivate in Myanmar via Vietnam, il commercio di carburante ha visto coinvolta la BB Energy (Asia) Pte. Ltd., la filiale singaporiana della compagnia privata BB Energy, che ha sede a Dubai, negli Emirati Arabi Uniti.
Non è chiaro se le aziende coinvolte sapessero che il carburante venisse fornito al Vietnam.
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Birmania, condannata Aung San Suu Kyi
2 gennaio 2021 - Era stata nominata “Ambasciatore della coscienza”. Nel 2009 Aung San Suu Kyi era circondata solo da stima reverenziale. Ma questo titolo le venne anche ritirato per la repressione sui Rohingya. Poi il colpo di stato per mano dei militari - con i quali Lady Birmania governava - e lei è stata arrestata: il Myanmar è ripiombato nella incertezza esattamente un anno fa.
Circa 12 mesi dopo, il 6 dicembre 2021 il premio Nobel per la pace è stata condannata a due anni di carcere. Accusata di corruzione e di violazione delle regole sanitarie per la detenzione di walkie-talkie. Chiaro che si trattasse solo della scusa per fermarla.
Come si ricorderà le forze di sicurezza di Myanmar avevano aperto il fuoco contro le proteste inizialmente pacifiche contro il colpo di stato del 1° febbraio 2021. I morti furono numerosi e tra questi a simbolo di tutti la giovane 19enne fermata da una pallottolla alla testa mentre manifestava.
Resterà nell'immaginario collettivo l'immagine di suor Ann Nu Thawng che in lacrime implorava la polizia di fermare la violenza e gli innumerevoli arresti di manifestanti.
A capo di Myanmar è ora l'alto generale Min Aung Hlaing, che la Missione delle Nazioni Unite di accertamento dei fatti ha chiesto sia indagato e processato, insieme ad altri militari di alto grado, per crimini di guerra, crimini contro l'umanità e genocidio.
2 gennaio 2022
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LUCI ED OMBRE su LADY BIRMANIA
Per i più Lady Birmania è un simbolo, ma non può essere taciuto il recente passato e di aver deluso i suoi concittadini e il mondo per le persecuzioni che lei (a suo tempo perseguitata) ha inflitto al popolo dei Rohingya.
E' stata infatti più volte accusata di non aver usato la sua autorità politica e morale per salvaguardare i diritti umani, la giustizia e l’uguaglianza in Myanmar e salvaguardare i Rohingya. Peggio: è stata palesemente indifferente di fronte alle atrocità commesse dall’esercito e alla crescente intolleranza rispetto alla libertà di espressione. Secondo un rapporto delle Nazioni Unite, Suu Kyi e il governo civile del paese, dal 2016 governava il Myanmar in cooperazione con i militari, che «non hanno usato la loro posizione e la loro autorità morale per evitare gli eventi che si sono verificati nella regione del Rakhine».
Da quando, nell’aprile 2016, Aung San Suu Kyi è diventata leader di fatto del governo a guida civile, la sua amministrazione è stata parte attiva nella commissione e nel perpetuarsi di molteplici violazioni dei diritti umani.
E' stata ripetutamente criticata per non aver preso la parola nei confronti delle atrocità commesse dai militari contro la popolazione rohingya dello stato di Rakhine, nel nord di Myanmar. Le sue forze di sicurezza hanno ucciso migliaia di persone, stuprato donne e bambine, arrestato e torturato uomini e bambini e incendiato migliaia di case e di villaggi. Oltre 720.000 rohingya sono fuggiti in Bangladesh. Un rapporto delle Nazioni Unite ha chiesto che alti ufficiali dell’esercito siano indagati e processati per il crimine di genocidio.
Nel settembre 2017 è stata oggetto di critiche da parte di un'altra Premio Nobel per la pace, la pakistana Malala Yousafzai, che, a proposito delle violenze perpetrate dall'esercito birmano contro la minoranza musulmana Rohingya, ha chiesto "Condanni violenze contro Rohingya" attraverso un tweet. Anche il ministro degli esteri britannico Boris Johnson ha "avvertito" la leader birmana che questi fatti stavano "sporcando" la reputazione del paese. Le forze di sicurezza birmane, invece, accusano i ribelli Rohingya dell'incendio dei villaggi e delle atrocità contro la loro stessa gente nello stato di Rakhine.
Numerose altre proteste si sono succedute nel 2017 sullo scacchiere internazionale contro Aung San Suu Kyi e il suo comportamento giudicato indifferente - quando non propriamente ostile - nei confronti dei musulmani Rohingya. Di tali contestazioni si sono resi protagonisti artisti come Bono degli U2 e Bob Geldof, mentre istituzioni come il Comune di Oxford, il sindacato britannico Unison e l'Università di Bristol hanno ritirato le onorificenze precedentemente concesse. Alcuni esperti di crimini di stato dell'Università di Londra Queen Mary hanno segnalato che Suu Kyi sta "legittimando questo genocidio" in Myanmar
Il 27 settembre 2018 il parlamento del Canada ha decretato, con votazione unanime, la revoca della sua cittadinanza onoraria canadese. Il 12 novembre 2018 Amnesty International le ha revocato il premio "Ambasciatore della coscienza" a Aung San Suu Kyi, accusandola di non aver sufficientemente salvaguardato i diritti umani nel suo paese.
Nel 2019 il Gambia (Stato africano a maggioranza musulmana), denuncia formalmente Aung San Suu Kyi alla Corte internazionale di giustizia con l'accuso di genocidio verso i Rohingya.
Venne ripetutamente chiesto al Comitato per il Nobel norvegese il ritiro del premio Nobel per la pace assegnato nel 1991. La possibilità di un ritiro del premio assegnatole nel 1991 era circolata sui media dopo che una commissione delle Nazioni Unite aveva raccomandato di processare i capi delle forze armate del Myanmar per genocidio e per altri crimini contro l’umanità, commessi nei confronti della minoranza di religione musulmana che vive nel paese, i Rohingya.
Il Comitato per il Nobel norvegese rispose che il premio Nobel per la pace non poteva esserle revocato.
(settembre 2020)
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