Risto3 ha marchio Family Audit, ma...
...ecco cosa è capitato ad una dipendente
Sa Fente? in Trentino ci sono aziende come la Metalsistem che danno 1000 euro ai dipendenti per affrontare il carovita e altre aziende che pur dotate di marchio Family Audit non rinnovano il contratto anche a chi è madre di un bimbo portatore dei benefici della legge 104. È il caso della Risto 3 di Rovereto, con sede a Trento, che gestisce la ristorazione (sia scolastica che aziendale, ovvero le mense), certificata con marchio Family Audit il che significa che (almeno in teoria) mette in atto tutte le politiche che sono a sostegno della famiglia e della inclusione sociale.
Questo marchio è stato creato dall'Agenzia per la coesione sociale istituita nel 2011 dalla Pat, poco dopo l’approvazione della legge provinciale n.1 “Sistema integrato delle politiche strutturali per la promozione del benessere familiare e della natalità”. All’ente fanno capo azioni di coordinamento e di implementazione di politiche a sostegno del benessere familiare, della coesione sociale territoriale e delle pari opportunità''.
Risto3 come afferma una pagina del sito in cui ospita una intervista alla Presidente (che non viene neanche citata per nome e cognome) si dice orgogliosa di attuare le pari opportunità. Ma il caso che riferiamo fa riflettere sulle sue pratiche quotidiane: non ha infatti rinnovato il contratto ad una giovane dipendente, ragazza madre, con un bimbo portatore dei benefici della legge 104 per patologie congenite.
"Quando sono stata assunta ho fatto presente la mia condizione tra l'altro sono anche in emergenza abitativa - racconta - ho quindi lavorato con entusiasmo e impegno perchè stavo costruendo l'autonomia economica per me e il mio bambino. Purtroppo l'ingresso al nido del mio bimbo lo ha esposto ai tipici malanni stagionali in un quadro di salute problematico: ho fatto i salti mortali per assentarmi il meno possibile, ho accettato anche sostituzioni fuori sede,e quando ho dovuto forzatamente assentarmi l'ho fatto sempre avvalendomi delle risorse della legge 104 e sempre portando certificati ospedalieri".
Alla giovane che tuttora cerca una occupazione per poter crescere il figlio, e che vive presso gli appartamenti della Fondazione Famiglia Materna, dopo i rituali mesi di prova doveva essere confermato il contratto e tutto lo faceva presagire: buone relazioni con i colleghi, rapporti di fiducia con i superiori.
Come è andata? Male: "te saresi anca brava, ma chi da Trent i ne dis massa assenze pel to popo. Sa fente, toi?". Per facilitare la comprensione: ""saresti anche brava ma da Trento ci chiedono spiegazioni delle troppe assenze per malattia del tuo bambino". Il -sa-fente-toi equivarrebbe al ''che ci possiamo fare''.
In breve: licenziata. Da notare che a questa ragazza (che al momento dell'assunzione aveva fatto presente con trasparenza la sua situazione), erano state date anche mansioni di responsabilità e lavorava in coppia con una collega in grado di sostituirla in caso di assenza. Ecco dunque le buone pratiche delle aziende marchiate Family Audit. Prima ovvia valutazione: Risto3 merita questo marchio?
Ma non è tutto. "Ho chiesto che mi venissero messe per iscritto le motivazioni del mancato rinnovo contrattuale'' ci riferisce l'ex-dipendente. ''Non mi hanno neanche risposto''.
Scaricata.
Eppure nel sito Risto3 l'azienda si presenta come un'azienda lungimirante e buona: ''Obiettivi comuni, una lungimirante gestione della società e una strategia aziendale ben definita sono gli elementi che hanno permesso alla nostra cooperativa di diventare una buona impresa dove i valori economici sono al servizio della crescita culturale e sociale degli individui.'' Ecco qui:
Nell' intervista, la Presidente - a specifica domanda - risponde che Risto3 può essere considerata una cooperativa “femminile” perchè l'88% dei dipendenti sono di genere femminile. ''La nostra realtà è spesso menzionata come esempio virtuoso, perché offre occupazione a donne e ragazze; grazie, infatti, agli orari e alle distanze casa-lavoro consentiamo di conciliare indipendenza economica e impegni personali, spesso di carattere familiare. Seppure siamo molto felici di tutto ciò, vorremmo poter fare qualcosa di più''.
Un consiglio spassionato lo possiamo dare noi se mancassero idee: rispettare norme e diritti di una Legge104.
Se davvero la cooperativa desidera attuare politiche e pratiche che promuovono l’uguaglianza di genere, è davvero importante creare quella cultura aziendale inclusiva, che, stando sempre alle parole della Presidente ''.... si possa toccare con mano tutti i giorni: nelle modalità di selezione del personale, nella costruzione dei team di lavoro, e non ultimo, nel linguaggio con cui comunichiamo''.
''SA FENTE?'' (cosa facciamo) è un primo esempio di questa attenzione?
E stando sempre alle parole della Presidente ''... la vera parità di genere la possiamo raggiungere solamente generando un cambiamento culturale vero nella società, a 360°. È per questo che in Risto3 promuoviamo il cambiamento culturale e non solo la parità all’interno della sfera professionale della cooperativa''.
Sarebbe bello che la Presidente precisasse se il mancato rinnovo del contratto ad una ragazza madre che si è avvalsa dei benefici di legge per assistere il proprio bambino malato, rientra nelle pratiche di Risto3 o sta solo nelle logiche di una comunicazione istituzionale autoreferenziale: l'azienda si dice orgogliosa di attuare quote rosa. Va orgogliosa anche di decisioni come questa?
Se la Presidente ha piacere precisarlo, pubblicheremo volentieri la traduzione tecnica del SA FENTE.
Da ultimo una chicca finale che potete leggere in questa foto tratta dal sito Risto3:
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