
Il Rosmarino diabolico
Nel 1587 una folle e spietata inchiesta del clero genovese coinvolse 100 ''sospetti''
di Gloria Canestrini - Il “diabolico” rosmarino. “Leggendo gli atti del processo istruito nell'agosto del 1588 contro la supposta strega Franchetta Borelli, appartenente a una delle più distinte famiglie del luogo, si parla di Triora, ci si addentra in una vicenda simile a tante altre che in quegli stessi anni eleggevano le donne a colpevoli di stregoneria. Una sorta di globalizzazione dell'accusa si aggirava in quegli anni per l'Europa, dall'Inghilterra alla Sicilia, dalla Spagna alla Polonia: ovunque con assoluta certezza si ritenevano le streghe grandi facitrici di carestie, malattie, peste, inondazioni, siccità, estati devastanti e gelidi inverni, calamità inspiegabili...”
Così inizia il capitolo intitolato “Carestia e paura”, nel bel libro di Vanda De Angelis, saggista e romanziera milanese, dal titolo significativo “Il libro nero della caccia alle streghe”.
Sono appena rientrata da Triora, fantastico paesino nell'entroterra ligure, dove, fra il 2 e il 4 ottobre si è svolto il quarto colloquio internazionale del gruppo di ricerca Inquire-International Centre for Research on Inquisitions, sul tema della stregoneria e dell'Inquisizione tra il quattordicesimo e il diciannovesimo secolo.
Certo un luogo perso tra le montagne, piuttosto difficile da raggiungere: ma il paesaggio ancora selvaggio, le vecchie case addossate tra loro, e la consapevolezza di ciò che accadde tra le mura di quel borgo, sono davvero uno scenario adatto e suggestivo per inquadrare un capitolo tragico della persecuzione femminile.
Nel 1587 una folle e spietata inchiesta da parte del clero genovese (poi avocata dal tribunale dell'Inquisizione) coinvolse infatti circa 100 persone “sospette” su 2500 abitanti!
Molte donne furono seviziate ,alcune uccise, parecchie si suicidarono per non subire oltre lo strazio di interminabili torture. Tanto feroci che perfino l'Inquisizione intervenne, pur nella repressione capillare che la contraddistinse, per “eccesso di crudeltà”!
Tutto iniziò, per l'appunto, con la fame. Una carestia terribile, che nei due anni precedenti l'inizio dell'inchiesta e della caccia alle “colpevoli” affamò sia la costa ligure che l'entroterra di Imperia. La carestia distrusse i già magri raccolti e ci furono molte vittime: chi, se non le “streghe”, potevano aver fatto marcire il grano e le sementi, le vigne, la frutta e gli ortaggi?
Il grande Jules Michelet, di cui abbiamo parlato già diffusamente in questa rubrica, nel suo capolavoro “La Strega” afferma che “la strega è un prodotto della disperazione del popolo”, allorché la mente degli uomini soffrenti è annebbiata dalle catastrofi collettive.
Certo questa considerazione storica non cancella né attenua l'orrore, tanto più che alcune caste ecclesiastiche e di potere sapevano bene come utilizzare queste credenze, questa ricerca di capri espiatori che covava nella disperazione e nella povertà, per indirizzare il malcontento verso un nemico (sarebbe meglio dire una nemica, viste le donne oggetto di persecuzione) ben identificabile ed estraneo al potere stesso. Oggi si parlerebbe di manipolazione, di propaganda politica in grado di sfruttare la rabbia, ma il gioco, nella sostanza, non cambia.
Torniamo a Triora. In breve tempo, le donne (molte delle quali esperte di erbe, ostetriche e guaritrici) che vi abitavano in quel triste periodo furono tacciate delle condotte più trasgressive e fantasiose: capaci di trasformarsi in gatti, si arrampicavano sugli alberi di noce fuori dal paese, urlando frasi oscene, dopo aver ucciso i lattanti nelle culle e altre nefandezze del genere.
Il curato Del Pozzo, in quell'ottobre umido e freddo, scatenava così le ire del paese contro le presunte streghe, convogliando sulle donne incriminate la disperazione della gente.
Di accuse ne aveva per tutti i gusti: con fervida immaginazione tuonava contro i filtri d'amore e di morte che queste preparavano, raccogliendo i fiori della pervinca, che tingevano d'azzurro i fossati, per poi cuocerli insieme ai lombrichi!
Quel prete ce l'aveva in particolare con i fiori azzurri e così, dato che tutti in paese facevano uso di rosmarino, che cresceva spontaneo e rustico, senza bisogno di cure, sempreverde e aromatico (un vero toccasana per calmare la fame!) anche questo arbusto perenne appartenente alla famiglia delle Lamiaceae, entrò a pieno titolo nelle sue prediche come pianta demoniaca diffusa dalle streghe.
In realtà, oggi sappiamo bene che questa pianta ricca di fibre è una vera panacea: agevola il funzionamento dell'intestino, regola il colesterolo, combatte l'ipoglicemia, è antinfiammatorio,normalizza la pressione, lenisce i dolori muscolari e articolari, migliora la concentrazione, e la lista dei benefici che induce potrebbe continuare a lungo.
Da sempre utilizzato nella medicina popolare, come tutte le piante potenti, gli sono state attribuite virtù magiche: in particolare, secondo l'usanza popolare, per attivare questi suoi straordinari effetti, se ne deve mettere un rametto fresco sotto il cuscino per ravvivare lo spirito, risvegliare i sensi e riscaldare il corpo. E, in più...calmare la fame!
Pare che con questo sistema si possano anche fare sogni profetici: sono più propensa a ritenere che i sogni dei poverissimi abitanti di Triora profetizzassero una bella dispensa piena!
Ultima proprietà riportata dalle credenze popolari: era convinzione comune che se un uomo non ne avvertiva l'aroma, non meritava di essere amato. Tutto sommato, un buon test, alla portata di tutte.
Eppure, l'innocuo e benefico rosmarino, nella mente dei persecutori di Triora, divenne un veleno, capace di far perdere il senno agli uomini, prima di stroncarli.
“Non perse il senno per filtro o per magia d'amore Giulio Scribani, inquisitore civile inviato da Genova a Triora, l'8 luglio 1588, per mettere ordine nel processo alle donne streghe. E neppure, prima di lui, quel Girolamo Del Pozzo, protetto dalla tonaca nera e bianca del domenicano, che a quel processo dette inizio nell'ottobre del 1587”, scrive ancora Vanna De Angelis.
Come finì quel processo? Non sappiamo se Franchetta Borelli e le altre imputate siano state di nuovo torturate, dopo le infinite sessioni di sevizie alle quali furono a turno sottoposte.
Alcune, alla fine, furono messe al rogo, ma di lei non si sa nulla. Alcuni storici ritengono che sia stata rimessa in libertà, altri che sia stata bandita o uccisa in un agguato. Ma queste sono solo supposizioni, mancando i documenti relativi. Sappiamo che, alla fine di questi processi, oltre alle imputate anche i fascicoli processuali venivano eliminati, per cancellare la memoria di quanto accaduto.
Analogamente non si sa più nulla neppure delle donne di Triora che vennero rinchiuse nel carcere di Genova. Sappiamo però, perché questo è documentato, che il tribunale dell'Inquisizione fu costretto a intervenire per mitigare la furia degli interrogatori volti ad ottenere le confessioni di quelle poverette.
Una violenza scaturita dal pregiudizio: quello fu il vero veleno. Un veleno che odorava di morte di cui le menti di Scribani e Del Pozzo erano sature, e quelle dell'infinita schiera di inquisitori che dal 1300, per quattro secoli, accese l'Europa di roghi e la cosparse di cenere.
Autore: Gloria Canestrini
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