Il ruolo della proteina Tau nella cura dell'Alzheimer
Terapie alternative: disegnare, camminare, danzare, guardare i fiori
Il ruolo della proteina Tau nella cura dell'Alzheimer è da tempo allo studio. Attorno alla malattia di Alzheimer e alle altre demenze la ricerca è andata avanti. La scienza ha portato a importanti risultati. E' stata identificata e fotografata - ad esempio - la proteina Tau nel cervello di un paziente con diagnosi confermata di Alzheimer. A scattare l'immagine ad alta definizione è stato un team di scienziati del Laboratorio di biologia molecolare del Medical Research Council (Mrc) nel Regno Unito e dell'Indiana University School of Medicine.
Procede anche la ricerca sulle terapie alternative: disegnare, camminare, danzare, guardare i fiori. Tutto questo aiuta i malati. E' quanto ha capito la ricerca degli ultimi anni.
Disegnare rappresenta un aspetto importante nell’esplorare nuovi percorsi nella cura dei pazienti affetti da malattia di Alzheimer. I disegni, infatti, possono essere considerati come un approccio alternativo nel controllo dei disturbi comportamentali, con il raggiungimento, ad opera compiuta, di un senso di benessere, tranquillità e soddisfazione.
È il caso di Anna Sandri che, scomparsa a 93 anni dopo aver convissuto con l’Alzheimer per ben 18 anni, ha lasciato una singolare eredità ai propri figli: un’enorme quantità di quadernoni, pieni di scritti e di disegni. Queste opere sono state donate ad Airalzh Onlus (Associazione Italiana Ricerca Alzheimer), nella speranza di poter aiutare nella Ricerca contro questa terribile malattia.
I disegni sono stati studiati e catalogati in quanto l’Arte può rappresentare una nuova “frontiera” per un percorso di cura in una malattia che, entro il 2050, si prevede colpirà 1 persona su 85 a livello globale, coinvolgendo più di 130 milioni di individui.
E si è capito che obesità, colesterolo, fumo, vita sedentaria e ripetitiva: l'Alzheimer trova in uno stile di vita sbagliato il terreno migliore. Perciò ai primi sintomi di insorgenza può essere contrastata e rallentata. Come? Con una dieta attenta e vita attiva: giocar a carte, danzare, avere un contatto costante con la natura e anche praticare l'enigmistica possono essere alleati da non trascurare.
Lo studio sulla proteina Tau intanto procede: ha una firma italiana Bernardino Ghetti che con Holly Garringer, su 'Nature', hanno spiegato la scoperta , una delle più importanti degli ultimi 25 anni nel campo della ricerca sulla malattia di Alzheimer. In sostanza nel cervello dei malati di Alzheimer, la proteina Tau viene modificata in modo che, invece di adempiere alle sue funzioni normali, formi filamenti che si accumulano in grovigli, danneggiando le cellule nervose.
Il Dr. Alberto Benussi, Ricercatore Airalzh presso la Clinica Neurologica degli “Spedali Civili” di Brescia, grazie ad uno studio finanziato tramite il Bando AGYR 2020 (Airalzh Grants for Young Researchers), è riuscito ad ottenere significativi miglioramenti per quanto riguarda la memoria a lungo termine nei pazienti affetti da malattia di Alzheimer. L’innovativa metodica utilizzata si chiama “stimolazione elettrica a correnti alternate”, un approccio non invasivo che permette di risincronizzare le “onde” cerebrali alla frequenza corretta (ovvero la gamma).
“Il nostro studio – spiega il Dr. Alberto Benussi – prevede la somministrazione di una debole corrente elettrica, applicata nella zona del precuneo, in modo tale da risincronizzare i ‘ritmi cerebrali’ che, nella malattia di Alzheimer, tendono a ‘rallentare’. Tale applicazione, in un gruppo di pazienti, ha indotto un miglioramento delle capacità cognitive rispetto alla stimolazione placebo. Oltre che economica, questa metodologia è molto versatile e potrebbe essere applicata al domicilio dai caregiver dei pazienti, per periodi prolungati, in modo tale da ottenere potenzialmente effetti a lungo termine”.
I pazienti coinvolti sono stati 60, divisi equamente tra Uomini e Donne (29 e 31), con un’età media di 72 anni. I trattamenti sono iniziati nel gennaio 2021 e si sono conclusi nel maggio dello stesso anno. Il Team del Dr. Benussi, per ogni paziente, ne ha praticati due, della durata di 60 minuti, uno “reale” ed uno con “effetto placebo”, a distanza di 7 giorni l’uno dall’altro. I risultati del suo lavoro sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista “Annals of Neurology”. Attualmente si sta studiando l’effetto a lungo termine della stimolazione applicata direttamente al domicilio del paziente dal caregiver stesso, ogni giorno, per 4 mesi consecutivi, allo scopo di ottenere un effetto maggiore e più duraturo.
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