Arte, Cultura & Spettacoli

Il mondo contadino di Silvana Groff

Storie orfane di visibilità

Silvana Groff è una delle tante storie d'arte "orfane" di visibilità. Se si va nel sito del dell'Adac ovvero nell'archivio degli artisti trentini contemporanei istituito in seno al Mart, si trova una pagina bianca.
Possibile? Possibile. Verificatelo voi stessi > clicca. 

Poichè sappiamo che ogni artista per entrare nell'archivio Adac del Mart consegna ampia documentazione di ciò che ha fatto (oppure lo fanno gli eredi documentando con immagini e testi critici il senso di un lavoro artistico) abbiamo creduto si trattasse di un errore del sito ed abbiamo digitato il nome di un'altra artista per la quale avevamo noi stessi collaborato alla consegna al Mart di tutta la documentazione necessaria: Annalia Spagnolli. L'artista è vivente: nome, cognome e anno di nascita (clicca). Alllora abbiamo provato a digitare i nomi di altri artisti contemporanei: De Carli, Boato, Coser, Cappelletti, Civettini, Mazzonelli. Anche loro viventi: anche per loro nome cognome e data di nascita. C'è anche Paolo Vallorz, che però nel frattempo è morto:  meriterebbe quindi anche una data di morte, ma l'Adac forse non se ne è accorto. Ecco la pagina in screenshot:

In una terra che ha espresso artisti di caratura internazionale come Umberto Moggioli, Tullio Garbari, Vallorz, Depero ci si aspetterebbe di più. E' una riflessione che è assolutamente pertinente a questi tempi: orfani di mostre, potremmo almeno reperire dalle istituzioni culturali quelle informazioni e quel rispetto verso le vicende d'arte che  soprattutto gli enti che producono e promuovono la cultura devono possedere e rendere disponibili.
Nel sito del Mart, e nello specifico nella pagina dell'Adac di cui è responsabile Gabriele Lorenzoni, la mission dell'archivio che è così descritta:  

"...L’Adac, Archivio degli artisti contemporanei trentini, svolge lavoro di ricerca sul territorio ... punta alla formazione, alla produzione, alla circuitazione degli artisti trentini, ma è di interesse anche per ricercatori, curatori, galleristi e operatori culturali".  Ed ancora: "..... (è) piattaforma al servizio degli artisti attivi sul territorio" e si spiega che l'archivio mira a intensificare i rapporti con l’associazionismo dell’arte contemporanea "...segmento vivace e oggi più che mai attivo" nonchè con associazioni culturali, realtà indipendenti e collettivi artistici nazionali e internazionali.

Ecco, crediamo si possa farlo mettendo nome, cognome e data di nascita (ed eventualmente di morte). E così vogliamo ricordare Silvana Groff, a quasi 10 anni dalla morte (nel prossimo luglio 2021), attraverso le parole del marito Luigi Marino in un intenso omaggio che pubblichiamo integralmente. Non è un critico d'arte, certo, ma l'uomo che le è sempre stato a fianco. Chi meglio di lui potrebbe dire cosa fu l'arte per Silvana Groff? Chi meglio di lui potrebbe sintetizzare i percorsi d'arte seguiti, il mondo dell'infanzia in Val dei Mocheni e il mondo contadino, ma anche l'arte sacra?

Nata nel '47 a Regnana di Bedollo e morta a Riva del Garda nel 2011 mise nelle opere, per lo più dedicate a Madre Natura, la sua fede e sicuramente anche un sogno: quello di lasciare un solco nel mondo dell'arte. Lo ha sicuramente lasciato perchè non importa quanto questo solco sia evidente. Importa che ci sia qualcuno a vederlo e a farlo vivere nelle memoria con qualche parola in più di un nome, un cognome e una data di nascita.

Corona Perer - 15 dicembre 2020

un’immagine inedita di Silvana all’inaugurazione di una mostra della galleria Rénee di Colfosco (1989)

 

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Silvana Groff, l'arte ed io
di Luigi Marino

Nasce il 13 ottobre del 1947 a Regnana, un piccolo paese di montagna di circa 150 anime, in una povera famiglia di contadini come la maggior parte degli abitanti di questo piccolo borgo di case in salita sulla strada che dal Passo del Redebus porta in Val dei Mocheni. Un paese dove in quasi tutte le famiglie era “allevato” un bambino o una bambina, un piccolo “meno fortunato” dato in affidamento perché orfano o peggio indesiderato.L’istituto dell’affido rappresentava una forma di integrazione al reddito domestico per le famiglie povere che si aprivano a questa forma di accoglienza.

Così è stato per la famiglia di Silvana: prima di cinque fratelli tre dei quali “veri” e una “allevata in affidamento”, a cui ha dovuto badare mentre Mamma Emma e Papà Vittorio erano impegnati nel lavoro dei campi. Da piccola Silvana cresce con uno spirito selvaggio a contatto di una natura incontaminata tra tanti prati fioriti e animali. Il tempo dell’infanzia era scandito dal cambio delle stagioni: le foglie secche da raccogliere l'autunno, la neve d’inverno, i prati in primavera, il bosco con i suoi frutti d’estate, quando andar per boschi a raccogliere mirtilli, lamponi o funghi rappresentava integrare le risorse familiari perché i prodotti del sottobosco erano merce ricercata di scambio da vendere a qualche villeggiante nell’unica bottega del paese.

Spirito libero e socievole intorno ai dieci anni Silvana conosce già tutte le famiglie di Regnana e spesso si reca a piedi fino a Baselga di Pinè, percorrendo decine di chilometri, per acquistare i farmaci prescritti dal dottore agli anziani che, in cambio della sua disponibilità, le offrono dolci, biscotti e relazioni umane che resteranno per sempre nel suo cuore.
E’ proprio durante queste sue commissioni che si ferma ad osservare con stupore e curiosità il lavoro di un pittore locale che con i colori ed i pennelli fissava sulla tela le immagini del paesaggio, gli alberi, le foglie e i fiori.
Credo sia stato allora che Silvana ha deciso di dipingere, di imparare quella tecnica che le avrebbe permesso di fissare sulla tela “come immagini vive” le sue emozioni, il suo ambiente, la sua gente.

Da quel momento quel sogno si impadronisce del suo cuore e della sua mente ed il suo mondo di contadina le diventa stretto, quasi soffocante.Non è un rifiuto per le sue modeste origini nè per gli antichi valori della sua realtà montanara, ma la consapevolezza che per realizzare quel suo sogno era necessario attrezzarsi in maniera diversa.
Scrive infatti in una sua lettera a Franco De Battaglia: “Ma dico a me stessa, chi sei tu che da autodidatta per esigenze della vita, nata a Regnana in una casa modestissima, per capirci un monolocale, una sola stanza con il lettone matrimoniale, la mia “cuna” con le ruote di legno infilata sotto il lettone perché non c’era posto, la fornasela, la vedrina di legno di ciliegio fatta dal Fele, senza l’acqua, senza il bagno. Ma in fondo c’era tutto (...) Una cosa però è certa, nessuno mi ha mai potuta privare dei miei sogni, grandi più di me, ma che ho realizzato con tanta tenacia, poter dipingere e fare i miei quadri.”

(Natività, Silvana Groff)

 

E così, con il suo bagaglio di ricordi, di affetti e di desideri nel cuore e nella mente, raggiunta la maggiore età a ventun’anni, inizia il suo viaggio nel mondo.La sua prima tappa è Roma dove trova alloggio presso la casa di Amelia Rosselli in una “stanza senza tetto”, un posto letto ricavato riducendo con una parete ed una porta un pezzo di corridoio in quel vecchio appartamento vicino a piazza San Silvestro. Ma Amelia, sebbene vecchia e paranoica, si affeziona a Silvana e, amica e modella di Renato Guttuso, la presenta al pittore che, per incoraggiarla nella sua passione artistica, le regala una confezione di colori ad olio.
Il suo entusiasmo cresce e con l’entusiasmo il suo desiderio di dipingere.
Alterna lavori umili ad ore di studio da autodidatta; inizia a frequentare Via Margutta dove conosce pittori famosi. Conosce Omiccioli, De Chirico, Purificato, Messina, Calabria, dai quali viene incoraggiata a proseguire nella sua ricerca artistica. La sua prima mostra personale a Roma, presso la galleria d’arte Valle Giulia in Via Margutta, è del 1973.

Da quel momento l’arte di dipingere diventa il suo lavoro che la porta in giro per il mondo. Nel 1973 con l’Istituto Italiano di Cultura ad Amsterdam in Olanda, nel 1976 ritorna a Trento ed espone a Palazzo Pretorio; lo stesso anno a Washington D.C. per il bicentenario degli Stati Uniti d’America. Aveva da poco compiuto i trent’anni quando decidemmo di sposarci e di tornare a vivere nel Trentino. Il 15 febbraio del 1978 ci trasferimmo a Riva del Garda per motivi di lavoro.
E’ proprio quel suo patrimonio di ricordi, affetti e valori che diventa fonte di ispirazione artistica, un bagaglio culturale inesauribile da rileggere e fissare sulle tele come nuova narrazione della sua vita dopo aver trascorso ore, giorni e notti, anni ad affinare la sua tecnica pittorica, ad approfondire la sua conoscenza attraverso la lettura di centinaia di libri e riviste d’arte.

L’impostazione naive compositiva dei suoi dipinti non le basta più. Affronta con tenacia e testardaggine lo studio dell’anatomia, approfondisce la sua conoscenza della tecnica del disegno, si cimenta nella tecnica dell’incisione.
La rinnovata vena artistica le fa conquistare nuovi traguardi. Il premio ricevuto dalla commissione del Museo Nazionale d’Arte naifs nella XVIII Rassegna Nazionale d’Arte intitolata a Cesare Zavattini le dà nuovo vigore.
Ispirata da un sentimento di fede, più antico dei volti dei nonni e delle nonne di Regnana che tornava a visitare periodicamente, a metà degli anni ottanta progetta il suo ciclo di tele dedicate alla vita di Gesù.
Tra questi, nella primavera del 1985 il quadro intitolato “Pietà contadina”, oggi custodito presso il Museo di Papa Giovanni a San Giovanni Sotto il Monte, originariamente donato a Monsignor Loris Capovilla.

(2017)

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