C'era una volta lo Spazio Melotti
Cronaca di un omaggio ...fallito
di Corona Perer - Questa è la cronaca di un omaggio ...fallito. Un aborto culturale ancora inspiegabile e inspiegato. Protagonisti in ordine di apparizione: Comune di Rovereto, Museo Civico e Mart.
Fortemente voluto dal Comune di Rovereto come omaggio al genius loci, lo SPAZIO MELOTTI aveva trovato spazio a Palazzo Alberti Poja in Corso Bettini (il corso che conduce al Mart) e venne dato in gestione all'epoca, alla Fondazione Museo Civico. Il già ricco sistema museale della città di Rovereto si era così ampliato ulteriormente con l’inaugurazione di un nuovo spazio espositivo permanente dedicato al grande artista Fausto Melotti, nato proprio a Rovereto nel 1901. Uno spazio in continuità con il Mart. L'ottima idea ben vista dall'allora direttore del Mart, Giuseppe Maraniello, prese corpo con una selezione di opere, provenienti dalle collezioni del Mart, collocate nel settecentesco Palazzo Alberti Poja. Ci fu dunque una bella sinergia istituzionale.
''Per noi fu un inatteso sogno che si avverava" racconta Edoardo Gnemmi, direttore della Fodazione Melotti, dove è convogliato tutto l'Archivio Melotti gestito direttamente fino al 2013 dalla figlia dell'artista Marta Melotti. "Noi c'eravamo all'inaugurazione, ma così come c'era stato questo inatteso e imprevisto sogno che si avverava, ci fu l'altrettanto inattesa ed imprevista chiusura dello spazio. Colse di sorpresa anche Maraniello, oltre che noi" ricorda Gnemmi, incontrato a Lucca per una mostra dedicata alla ceramica di Melotti, allestita alla Fondazione Raghhianti ( > la raccontiamo qui)
L'allestimento di Palazzo Alberti Poja esaltava l'arte astratta in un contenitore prezioso tra affreschi e stucchi di un'epoca in cui Rovereto era considerata l'Atene del Trentino. In mostra c'erano disegni, sculture, ceramiche e installazioni polimateriche realizzati nell’arco di cinquant’anni, tra il 1930 e il 1980. C'era soprattutto lo spazio per 'dare spazio' ad un genio epresso da Rovereto.
Tra le opere più note: I testimoni velati del 1977, un’installazione che nonostante le dimensioni monumentali conserva la caratteristica levità della scultura melottiana, la Scultura G (Nove cerchi) che, realizzata tra il 1967 e il 1968, sembra vincere la forza di gravità, Il sole dell’Apocalisse, del 1976, con la forma di un piccolo racconto, Contrappunto domestico, del 1973, che dichiarava la passione dell’artista per la musica.
Lo spazio nasceva grazie alle intese e alle sinergie stabilite tra il Comune di Rovereto, proprietario del Palazzo, Fondazione Museo Civico di Rovereto che lo gestiva ed il Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto, da cui provenivano le opere.
Ma poi il Museo Civico si impegnò su Palazzo Sichardt ed il nuovo Museo della Città, ed il Mart all'epoca diretto da Gianfranco Maraniello, non aveva titolo o non ebbe forza e volontà per farsene carico. Melotti quindi se ne è tornato nei magazzini. Peccato: a Palazzo Alberti Poja, stava proprio bene.
Erano state parole piene di entusiasmo quelle espresse nel marzo 2018 all'inaugurazione dello spazio Melotti. Basta andarsi a rileggere i comunicati ufficiali della Fondazione. «L’apertura del nuovo spazio permanente dedicato a Fausto Melotti è il segnale tangibile del ripensamento delle funzioni del Mart intrapreso negli ultimi anni”, dichiarava Gianfranco Maraniello, all'epoca direttore del Mart. «Un passo dopo l’altro concretizziamo il progetto originario del polo culturale roveretano».
«È un omaggio a un grande roveretano al quale viene dedicato uno spazio che promuove la sua arte proprio nel territorio che l’ha generata», aggiungeva il sindaco di Rovereto Francesco Valduga. «E’ anche l’ulteriore arricchimento di un sistema museale che si sta sempre più consolidando sull’asse che dal Mart, attraverso lo Spazio Melotti, prosegue con Casa Depero, Palazzo Sichardt e il Museo della Guerra e in prospettiva includerà altri due luoghi significativi per la nostra storia e il patrimonio comunale: Palazzo Grillo e la ex-Filanda Bettini. E’ quindi un consolidamento che conferma la volontà della città di investire in cultura. Questo è possibile grazie alle sinergie che si sono istituite tra Comune, Fondazione Museo Civico e Mart ed è la conferma che il lavoro per la Cultura e la comunità proseguirà anche in futuro». Parole.Perchè è stato proprio il Comune di Rovereto a chiuderlo.
«Questa iniziativa inaugura una stagione di collaborazioni inedite con il Mart, che segnano anche un’apertura della nostra istituzione a soggetti culturali e scientifici del territorio in un’ottica di costruzione di una rete di nuove e significative alleanze», affermava Giovanni Laezza, presidente della Fondazione Museo Civico. «Questa nuova iniziativa è un mattone importante nella costruzione di un’idea di museo che permea il mio pensiero, condiviso dal nostro consiglio di amministrazione, il primo passo per una serie di novità che prossimamente abbiamo in animo di realizzare». Parole, perchè il Mueo Civoc non seppe nè gestirlo nè valorizzarlo. Del resto a questo poteva essere chiamato a pieno titolo il Mart.
E tutto questo per quale motivo? Per far posto al Centro Geocartografico (GECO) dell'Università di Trento arrivato con il benestare dello stesso Comune di Rovereto e con inaugurazione in pompa e magna. Al posto delle opere di Melotti brutti e grigi plastici con le bandierine che segnano accampamenti d'epoca, topografia militare e mappe geografiche, peraltro consultabili online.
Il palazzo che nel 2014 era stato "restituito alla Comunità" è tornato ad essere ...grigio e chiuso. A smontare tutto questo fu Maurizio Tomazzoni, assessore alla cultura al tempo (!)) architetto-urbanista e primo fra gli sponsor del GECO. Urbanista, più che assessore alla cultura, delle mappe evidentemente subiva grande fascino.
Nello splendido salone interamente affrescato da Marco Marcola (Verona, 1740-1793) un tempo salotto della dimora settecentesca riportata all’originaria bellezza grazie al restauro a cura dell'Amministrazione Comunale in carica tra 2010 e 2014 e della Provincia autonoma di Trento, c'è ora un plastico con le bandierine delle fortificazioni.
E tutto ciò con buona pace di chi aveva gioito per l'omaggio reso ad un grande come Fausto Melotti. Di chi aveva parlato di un ulteriore arricchimento del polo culturale roveretano. Ma pure di chi l'aveva definito un mattone importante nella costruzione di un’idea di museo ''nuova''.
Parole. Parole. Parole.
Che dire ....se non "Ei Fu" ?
(corona perer)
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