A proposito di Tachipirina e vigile attesa...
Terapie anti-Covid19: uno studio recente ne mette in dubbio l'effcacia
A proposito di Tachipirina e vigile attesa: ci sono due studi che merita ricordare. Uno del giugno di quest'anno e uno del marzo 2013. Partiamo dal più recente.
Il 25 giugno 2021 il Journal of Medical Virology ha pubblicato uno studio che afferma la pericolosità del paracetamolo: riduce infatti il glutatione (GSH) una condizione particolarmente grave per la risposta antiossidante e antinfiammatoria che fa peggiorare il quadro. Lo studio conclude confermando che i pazienti che usavano la tachipirina come terapia domiciliare elettiva nella fase iniziale avevano un rischio maggiore di essere ricoverati e intubati.
Come noto la Tachipirina fa ancora parte dei protocolli di terapia anti-Covid19. Ma occorre andare più indietro: nel marzo 2013, quando uno studio d’oltre Manica poneva l’accento sui rischi del paracetamolo per cuore, reni e intestino.
Autore dello studio – pubblicato, peraltro, sul British Medical Journal – un team del Leeds Institute of Rheumatic and Musculoskeletal Medicine, coordinato dal professor Philip Conaghan, che spiegò: “Crediamo che il rischio del paracetamolo sia più elevato di quanto sia invece percepito dalla comunità scientifica. Visti sia il largo utilizzo che la grande disponibilità come analgesico da banco, è auspicabile un’approfondita verifica dei suoi effetti”.
Gli esperti mettevano in dubbio anche gli effettivi benefici dell’antidolorifico, tradizionalmente prescritto in terapie contro il dolore cronico lombare e da osteoartrite. E un articolo di Fabio Franchini titolava "allarme dall’Inghilterra: effetti collaterali mortali". Ecco il testo:
"...Prima l’aspirina, ora la tachipirina. L’allarme arriva sempre dall’Inghilterra: tempo fa uno studio condannava l’abuso dell’acido acetilsalicilico – responsabile della morte di centinaia di persone l’anno nel Regno Unito – e oggi una ricerca punta il dito contro il paracetamolo. Tanti i suoi effetti collaterali a lungo termine e troppi pochi gli avvertimenti sui possibili rischi del farmaco.
Cuore, intestino e reni – secondo le analisi condotte dagli scienziati – le vittime del’antidolorifico. Chi ne fa uso regolarmente da anni rischia seriamente di compromettere tali organi vitali. Non che il farmaco non sia sicuro, ma un (ab)uso reiterato nel tempo può provocare seri e fatali problemi cardiovascolari, gastrointestinali e renali, denunciano i ricercatori, dopo aver vagliato i dati di precedenti studi su circa 660mila pazienti. E i numeri sono preoccupanti: i “paracetamolo addicted” presentano il 63% in più di possibilità di morire, il 68% in più di avere un infarto o un ictus e il 50% in più di contrarre accusare emorragie o ulcere allo stomaco..." (2013)
Nel 2019 (dati AIFA) il paracetamolo acquistato era di 16/20 scatole/giorno ogni 10.000 abitanti: nel periodo gennaio-febbraio 2020 ha raggiunto un incremento di circa 50 pacchetti/giorno: triplicato.
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