Umberto Galimberti, rifondiamo la scuola
''La vera malattia della nostra società? L'espulsione delle emozioni''
"Sì sono e resto un pessimista: siamo senza futuro e la scuola è la prima causa di devianza sociale" afferma Umberto Galimberti. La vera malattia che affligge la nostra società affonda le radici nella espulsione delle emozioni. E se non ci si emoziona non si sogna, non ci si lascia vivere da quella folle utopia che porta in sè anche il germe della speranza e che ha animato l'uomo sin dal suo apparire al mondo. La scuola ha certamente le sue responsabilità e il filosofo lo ha sempre detto.
"Si comincia ad estromettere le emozioni sui banchi di scuola e l'effetto sull'individuo è devastante" afferma Galimberti. Come dovrebbe essere, allora, la vera scuola? Aperta tutto il giorno, fino alle ore piccole, il luogo dove tutto accade e dove i giovani possono sfuggire alla noia e al vuoto degli Happy Hour con la conoscenza, il confronto, l'incontro. E' questo il sogno di Umberto Galimberti che come spiega in questa pagina provò a suggerirlo ad un ministro dell'istruzione (era Berlinguer all'epoca) ricevendo una risposta deludente: "mancano bidelli".
Segno che un luogo aperto fa solo paura, va solo contenuto e controllato. Se l'organizzazione sociale è contraria ad ogni necessità educativa, non può produrre una società adulta è il sunto del suo ragionamento."A scuola un giovane dovrebbe sentirsi a casa e potersi preparare al futuro: e quindi lezioni ma anche eventi, discussioni, occasioni di confronto, musica, sperimentazioni di autogestione. La scuola dovrebbe essere aperta dalle 8 a mezzanotte se non all'una, allora sì che non servirebbero happy-hour e discoteche.
"La cultura occidentale ha chiuso il futuro davanti ai giovani che non lo percepiscono più come possibilità ma come minaccia. Hanno per compagno di banco il nichilismo" afferma Galimberti che parte da una constatazione: lo stato di sofferenza delle nuove generazioni è provato dal fatto che i giovani non sanno nemmeno nominare il disagio che provano. "E questo accade perché non hanno il vocabolario delle emozioni, non vedono futuro, è l‘epoca delle passioni tristi. Oggi mancano i valori, lo scopo, i perché. Ecco il nichilismo. Che i valori si svalutino non sarebbe una gran male perché la storia si evolve proprio nella svalutazione dei valori. Dalla monarchia la Rivoluzione Francese conduce alla società egualitaria proprio per la svalutazione del valore della gerarchia, tanto per fare un esempio".
Ma cosa sono i valori? Umberto Galimberti li definisce coefficienti sociali, modalità con cui una società decide la propria coesione. Se mancano, ecco la presenza (e lo spazio) per un ospite inquietante: il nichilismo. Tutto ciò deriva - secondo il filosofo - proprio dalla imprevedibilità del futuro. "Quando io studiavo filosofia ero certo che l'avrei insegnata e questo mi motivava. Ora come fai a essere motivato quando sai che studiando filosofia nella più remota delle ipotesi andrai ad insegnarla?" afferma Galimberti.
"Il problema di questa società è che mancano motivazioni auto-motivanti. Quando il futuro smette di promettere scatta la demotivazione. Come fanno professori e genitori a motivare i ragazzi? Con rapporti contrattuali e di mercato: studia e hai il bel voto, studia e ti regalo il motorino, prendi la laurea e ti prendo la macchina. Bene: quando un genitore contratta con il proprio figlio perde subito autorità. I giovani ne hanno una sete incredibile, un gran bisogno: bisogna però essere autorevoli" dice Galimberti.
Cosa distingue le vecchie generazioni dal ragazzo d'oggi? "L'interdizione alla meta" risponde Galimberti. "Noi una ragazza la potevamo guardare, sognare, immaginare. Scrivevamo lettere che non spedivamo, poesie d'amore, e se potevamo parlarle lo facevamo dal telefono posizionato al centro della casa dove tutti sentivano e allora dovevamo usare un linguaggio simbolico. Facevamo cioè un lavoro psichico, che oggi il ragazzo non fa più perché saltano tutti i tempi e si deve andare a letto se non al primo al secondo incontro. Se io soddisfo prima di immaginare psichicamente sono ‘fregato': il desiderio si estingue subito e una volta abbattuto il tabù ne servono altri. Uccidere il desiderio è repressivo. La pornografia è repressiva: reprime la struttura desiderante e uccidere il desiderio è uccidere la fonte della creatività che è potenzialmente rivoluzionaria".
Poi bisogna tener conto di come avvengono apprendimento e maturazione. Nell'adolescenza quando esplodono le dinamiche della sessualità e dell'aggressività non avviene nulla che non sia già contenuto nell'economia della specie la quale ha bisogno da sempre di due forze: la sessualità (per riprodursi) e l'aggressività (per difendere la prole).
"Nell'adolescenza organi prima deputati ad altro acquistano valenza sessuale: il mondo diventa erotico, anche la pioggia nel pineto e il tramonto sono erotici. Sarà utile sapere che i giovani acquisiscono per canali emotivi, ma questo non è una novità, lo aveva detto anche Platone. Non si arriva alla conoscenza se non per amore. Nel ragazzo (che usa la corteccia cerebrale molto più tardi a favore della regione meso-encefalica) non passa nulla se non per via erotica e questo non è possibile nella nostra scuola. Se non riusciamo ad affascinarlo ad accendere le sue emozioni, non riusciremo mai ad educarlo! Non faremo operazioni educative, ma istruttive. E questo in classi di 35 ragazzi è impossibile, un disastro".
E allora come facilitare l'apprendimento? "Insegnare è un'arte: i docenti oltre che essere competenti devono saper comunicare e avere capacità carismatiche. Suona fastidioso ma lo dico come va detto: si impara per plagio. O per essere più morbido lo dirò con Platone: si impara per imitazione. Si può affascinare anche con la matematica".
Secondo Galimberti i professori dovrebbero rifiutarsi di parlare con i genitori per parlare con in ragazzi. "Metà dei loro discorsi sono inutili e si aprono con ovvietà. Esempio: suo figlio è intelligente ma non ha volontà. Ma che è la volontà? Solo se un ragazzo viene interessato, si applica! E' nella dinamica tra fascinazione dell'insegnante e narcisismo dello studente (che vuole eccellere) che scatta il risultato".
"Mi fan ridere i genitori che per autoassolversi di non stare molto con i propri figli, dicono che puntano sulla qualità del tempo, non sulla quantità. Una fesseria: la cura infantile chiede tanto tempo. Loro hanno bisogno di quantità e subito. Non si può dire ora-non-ho- tempo-facciamo-dopo perché l'identità positiva del bambino è data dal riconoscimento che ricevono. Percepiscono di non essere importanti quando diciamo che non abbiamo tempo".
Basta considerare la nostra reazione alle loro domande. "Sono né più nè meno che domande "filosofiche": perché la terra sta sotto e il cielo sopra, perché la luna sta in cielo. Anche in questo caso non si può rispondere che non abbiamo tempo o che risponderemo dopo. Chiediamoci davvero se la nascita dei figli è compatibile con la nostra società dove i valori sono quelli dell'efficienza, del primato, del competere". E racconta che in Francia il suo collega Miguel Benasayag ha aperto uno sportello di ascolto: la filosofia da che è sorta serve per salvaguardare dal dolore".
Va poi sfatato che i bambini debbano essere stimolati: il bambino deve potersi annoiare. La noia stimola la creatività, bisogna imparare a desiderare e a non avere il giocattolo prima di averlo desiderato: avere senza desiderare non stimola. "Ma i genitori li sommergono fin da piccoli di attività, troppi stimoli a esseri che hanno poca capacità di contenimento, un'iperattività che genera angoscia per non saper elaborare tutte le novità, la stessa angoscia che porta i vecchi a rifugiarsi nelle abitudini e a rinchiudersi nel perimetro di casa per paura di affrontare il nuovo. E l'angoscia a sua volta produce come effetto quello di abbassare la risonanza psicologica agli stimoli. Ecco allora il fenomeno degli psico-apatici".
E' poi nel rapporto scuola-famiglia che si compiono i guasti maggiori. Parlare male degli insegnanti a casa è disastroso. I bambini sono innamorati della loro maestra e se a casa la si delegittima scatta una dissociazione schizofrenica: a chi devo dare ragione? "Con il risultato che non sapendo a chi dare ragione non la darò a nessuno". Sapendo di dire qualcosa che può suonare blasfemo Galimberti afferma che è meglio tra due mali optare per il minore. "Meglio sostenere la maestra scarsa che creare dissociazioni in tuo figlio. In altre sedi lotterai per una scuola migliore" afferma Galimberti che chiede - in una società multietnica - una scuola aperta.
Secondo Freud le mappe cognitive ed emotive del bambino si formano nei primi 6 anni di vita. Ebbene, secondo studi più recenti si è stabilito che invece tutto ciò accade nei primi 3 anni. "E dove stanno i nostri figli nei primi tre anni? Nelle mani di sostituti, delle baby sitter compresa la tv, che è la madre di tutte le baby sitter". Ecco allora una verità tanto amara quanto cruda. "Prendiamo atto con amarezza di una evidenza: poiché oggi per vivere una famiglia ha bisogno di almeno due stipendi...può darsi che la nostra società sia incompatibile con l'educazione dei figli. La licenza per maternità dovrebbe durare almeno 2 anni".
guarda il video
> l' intervista a Umberto Galimberti clicca qui
Autore: Corona Perer
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