Urbino, a casa di Federico di Montefeltro
Nella città che diede i natali a Raffaello Sanzio
(Foto e testo di Corona Perer )- Nella città che diede i natali a Raffaello Sanzio, Patrimonio Unesco, si va a casa di Federico di Montefeltro. Duecento stanze e quattro appartamenti: per sé, la duchessa, il parentado, e gli ospiti. Una scala personale per accedere in sicurezza al bagno caldo posto nei sotterranei, uno studiolo che doveva racchiudere il sapere che conta.
Concepito a metà del XV secolo da Federico da Montefeltro al potere già da una decina di anni, il Palazzo Ducale divenne ben presto il principale monumento della città di Urbino e uno dei più interessanti esempi artistico-architettonici del Rinascimento italiano.
La densità e ricchezza storica del palazzo si è stratificata lungo i secoli, e fu ben descritta già da Baldassarre Castiglione ne Il libro del cortegiano pubblicato nel 1528:
«Tra le altre cose sue lodevoli, nell’aspero sito di Urbino edificò un palazzo, secondo la opinione di molti, il più bello che in tutta Italia si ritrovi; e d’ogni opportuna cosa sì ben lo fornì, che non un palazzo ma una città in forma di palazzo esser pareva».
La ricchezza del Palazzo Ducale di Urbino - quindi - non è data solo dalla sua qualità architettonica e decorativa, ma anche nell’essere un frammento di città, una sorta d’infrastruttura che si unisce a Urbino e genera una complessità unica tra gli spazi privati del Duca e della corte, i luoghi pubblici della città e il paesaggio verso il quale si apre. u questo muove la mostra.
Grazie ai fondi del PNRR, dal 31 ottobre tornano visitabili cinque sale dell’area occidentale nello storico edificio denominate “Appartamento degli Ospiti”. Si tratta di una zona del palazzo che Federico da Montefeltro ampliò successivamente all’Appartamento della Jole – recentemente ristrutturato e riaperto al pubblico, nell’ambito degli stessi lavori – verosimilmente destinato ad accogliere degnamente Battista Sforza e la sua corte, immediatamente dopo le nozze.
Il Camerino Dorato o Sala del Re d'Inghilterra dell'Appartamento degli Ospiti, è una zona del palazzo che fu costruita nel Palazzo Ducale di Urbino per gli ospiti più importanti. L'ambiente è uno dei più ricchi del Palazzo: pur essendo stato iniziato in periodo federiciano, fu decorato al tempo dei Della Rovere. Tutto il soffitto è ornato da stucchi policromi e dorati con festone di frutta e fiori e i più importanti simboli ed emblemi feltreschi e rovereschi.
I simboli e le onorificenze di Federico qui rappresentate - oltre all'Aquila al centro riccamente inghirlandata-, sono l'ermellino, lo struzzo, il piumino, le spire gemelle, la giarrettiera, ecc. Grande rilievo è dato alla granata esplodente (simbolo della politica bellica difensiva) che fu emblema amatissimo di Federico, ma fu ripreso anche dai Della Rovere. Gli stucchi sono opera giovanile di Federico Brandani (Urbino, 1525-1575).
''La tredicesima sala ha oggi questo nome perché agli inizi del '700 vi dimorò (ospite del Papa urbinate Clemente Xl Albani) Giacomo III Stuart pretendente al trono britannico. Nel '500 e nel '600 la piccola saletta - usata come 'Studiolo' da Guidubaldo II - si chiamava invece 'Camerino dorato'. L'ambiente è uno dei più ricchi del Palazzo: pur essendo stato iniziato in periodo federiciano, fu decorato al tempo dei Della Rovere'' ci spiega
l' Arch. Stefano Brachetti, Funzionario Promozione e Comunicazione Galleria Nazionale delle Marche, Responsabile Archivio e Laboratorio Fotografico e responsabile Ufficio Comunicazione.
Queste stanze, utilizzate come sale per i pranzi dei gentiluomini di corte, sarebbero state utilizzate anche dalla duchessa Eleonora Gonzaga, moglie di Francesco Maria I, e certamente erano parte degli appartamenti di Guidubaldo II della Rovere (1538–1574).
Palazzo Ducale ad Urbino, è una di quelle tappe obbligate per capire di che cosa sia stato capace l'uomo che - dopo aver metabolizzato l'Umanesimo - sfocia nel Rinascimento. E Federico di Montefeltro rappresenta meglio di ogni altro il mito rinascimentale della virtù del Duca, nel senso di "dux" cioè di condottiero, che alla virtù militare unisce la sapienza, e si nutre anzitutto di cultura.
Urbino (foto by Galleria Nazionale delle Marche)
Il clima intellettuale del tempo e le sue ambizioni sono tradotte nella Bellezza della città a cui ambisce, che costruisce chiamando a corte l'archistar del tempo: Luciano Laurana. Ma si narra che il Duca - grande appassionato anche di architettura - ci mettesse troppo il becco e così Laurana firma il progetto ma se ne va ed è proprio il committente a portare avanti il progetto. Ovvero: a spianare la collina abbattendo le case che gli erano di intralcio, a decidere come distribuire la piazza, come orientare il palazzo, dove i magazzini e dove le scuderie.
Il cantiere parte nel 1455, ci vorranno 25 anni per terminare la sontuosa dimora dove oggi si cammina sui pavimenti in cotto su cui passeggiavano, di stanza in stanza, duca e cortigiani. Il clima intellettuale del tempo in cui trovano spazio le sue ambizioni era assolutamente eccezionale. Convocando decoratori, artisti e architetti all’avanguardia come Piero della Francesca o Leon Battista Alberti, il principe rinnovò in maniera radicale il contesto culturale e urbano di Urbino, che, all’inizio del Cinquecento, fu definita da Baldassarre Castiglione “una città in forma di palazzo”. E non è un caso se tutto il centro storico è Patrimonio Unesco dal 1998.
Ci vogliono almeno 3 ore per visitarlo: un luogo emblematico e una delle testimonianze più rare e preziose del Rinascimento italiano dove si incontrano opere mozzafiato a partire proprio da quella “Città Ideale” che porterebbe la firma di Laurana e che sintetizza il pensiero rinascimentale e la sua armonia nelle forme geometriche rappresentate: il cerchio, il parallelepipedo, il triangolo, la meravigliosa prospettiva sulla quale hanno studiato generazioni di storici dell'arte.
Negli altri ambienti del piano nobile si trovano le opere più antiche della Galleria Nazionale delle Marche, tra cui la Flagellazione, opera che si fa contenplare nel suo mistero insieme alla Madonna di Senigallia di Piero della Francesca e La Muta di Raffaello, capolavori assoluti dell’arte italiana.
Stupisce l'alcova del Duca in legno intagliato e con i simboli del casato: l'aquila, l'ermellino e quella che alcuni interretano come una "medusa" e in realtà è una bomba che scoppia verso il basso. Come dire: la guerra può essere solo un atto di difesa, mai di attacco.
Lo Studiolo di Federico di Montefeltro è il cuore più prezioso. E’ l’ambiente più intimo del Palazzo e simboleggia il ritratto interiore di Federico, la sua cultura, le sue scelte intellettuali ed estetiche. Rispondeva all’antica idea di ricreare un ambiente adeguato a favorire studio e riflessione, radunando immagini di sapienti – con i quali instaurare un dialogo virtuale – e oggetti rari con cui nutrire lo spirito.
Piccolo e prezioso nel continuum di tarsie lignee di bottega fiorentina (Giuliano, Benedetto da Maiano e bottega, con cartone di Botticelli per le “Virtù”) che raffigurano libri, strumenti musicali e scientifici, armi e insegne, clessidre e personificazioni allegoriche che compaiono su ripiani della finta panca e fanno capolino da finte ante socchiuse. Un flauto è davvero magico: segue lo sguardo di chi lo osserva e sembra che si sposti per restare nei suoi occhi. Illusione ottica data dal modo in cui sono stati posizionati i tasselli lignei che lo compongono.
Un trionfo illusionistico coronato, tra rivestimento ligneo e soffitto, dai ritratti di 28 Uomini Illustri collocati in gruppi di quattro, su due piani: Platone (dal registro superiore della parete nord) Aristotele, San Gregorio, San Girolamo, Tolomeo, Boezio, Sant Ambrogio, Agostino, Cicerone, Seneca, Mosé, Salomone, Omero, Virgilio, San Tommaso d’Aquino, Duns Scoto, Euclide, Vittorino da Feltre, Pio II, Bessarione, Solone, Bartolo, Alberto, Sisto IV, Ippocrate, Pietro d’Abano, Dante, Petrarca. Nel 2015 è stato restituito al pubblico nella sua veste originaria, con le copie degli originali mancanti che ritraevano gli illustri chiamati a raccolta dal Duca per ispirarlo e guidarlo.
Infatti, con la fine della dinastia dei Della Rovere, il ducato di Urbino va alla Stato pontificio, ci fu lo smembramento dei dipinti dello Studiolo: un’operazione di rimozione “devastante”. Ciò che era stato concepito come unicum, viene trasformato. Oggi solo la metà dei ritratti è conservata nel Palazzo: alcune opere sono state ri-acquistate dallo Stato italiano nel 1934 mentre le restanti 14 tavole, sono al Museo del Louvre dal 1863 dopo la “razzia” attuata nel 1633 dal Cardinale Antonio Barberini.
Ma è nelle viscere del palazzo che si aggiunge stupore a stupore, con i locali degli animali dotati di scarichi dedicati, i magazzini per le vettovaglie, la sapiente ingegneria idraulica, i camini che dovevano scaldare le acque in cui il Duca si sarebbe bagnato. Una città nel palazzo, dove non si fatica ad immaginare braccia e mani al lavoro. Tutte le utilities erano state pensate in ogni dettaglio. Se il Duca fosse vivo oggi ci avrebbe messo la fibra ottica. Una meraviglia da non dimenticarsi di visitare.
(cperer)
Autore: Corona Perer
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